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Trento: gli immigrati e la casa

Mamadou Seck

Pur senza la pretesa di essere esaustivi, stiamo cercando di mettere in luce tutti gli aspetti relativi ai problemi abitativi dei cittadini migranti.

Quello che cerchiamo di fare è innanzitutto una fotografia del fenomeno come si evidenzia in Trentino ed a Trento in particolare. Alla "fotografia" abbiamo affiancato alcune proposte, che abbiamo definito di due versanti: quello legislativo, per modificare radicalmente le normative provinciali vigenti per l’assegnazione delle provvidenze pubbliche (sia per ciò che riguarda gli alloggi ITEA che i contributi per l’acquisto), che quello vertenziale e di lotta, dove al primo posto va messo l’obiettivo dei senza fissa dimora, o ancora di chi dorme in strutture dismesse, ed il ripensamento delle norme segregazioniste in materia di assegnazioni.

I dati a cui facciamo riferimento sono quelli del Piano Provinciale Casa, pubblicato dalla Provincia di Trento e quelli degli annuali statistici sempre dalla PAT e dal Comune di Trento.

Abbiamo poi provato a fare una quantificazione approssimativa del bisogno di casa degli immigrati partendo dal concetto che le statistiche si riferiscono a situazioni che sono assolutamente non scontate per i migranti. Per fare un esempio, basti dire che in generale i migranti chiedono casa agli enti pubblici solo in occasione del ricongiungimento familiare, mentre nella loro permanenza precedente spesso convivono con i loro connazionali, perché in questo modo spendono meno e hanno più soldi da inviare nei loro paesi d’origine.

Le statistiche quindi, per ciò che riguarda la domanda casa, sono assolutamente sottostimate, così come non sono in grado di registrare la dimensione della clandestinità.

In provincia di Trento risiedono, al 31dicembre 2003, 22.953 cittadini immigrati regolari. A questi vanno aggiunti circa 10.000 lavoratori stagionali che, in percentuale tra il 30% ed il 40%, soggiornano in provincia di Trento per periodi più lunghi di quelli relativi al lavoro.

Dal 1984 al 2003 sono stati assegnati a cittadini extracomunitari 294 alloggi. Circa 15 all’anno, a fronte di una domanda potenziale che abbiamo visto e ad una domanda documentata di 800 alloggi ITEA nel solo comune di Trento.

Per fotografare la dimensione del fenomeno servono ovviamente strumenti di richiesta diversi e capacità di angolare la nostra fotografia in modo da scorgere particolari e situazioni che volutamente le statistiche ufficiali non colgono.

Sono centinaia solo a Trento i migranti che vivono in condizioni d’alloggio precarie, inumane.

Non ci riferiamo soltanto ai senza fissa dimora, a chi dorme per strada: gli sgomberi dei giorni scorsi a Trento nord e le operazioni di polizia di qualche mese fa testimoniano come in gran parte degli ex stabilimenti industriali dismessi della città vivano immigrati che non sono per forza clandestini. Inoltre, pur non esistendo una quantificazione certa, il dato empirico parla chiaro: gli alloggi occupati da immigrati sono nella quasi totalità sovraffollati; in appartamenti da 2 persone spesso si vive in 6 o 7.

Nella recente campagna elettorale il sindaco di Trento amava citare Italo Calvino: sarebbe bene però che la lettura non si limitasse a cercare in quell’autore conferme alle proprie proposte. Calvino parla di "città invisibili", ad indicare pezzi di realtà sociale che i poteri forti tendono e vogliono ignorare. I migranti sono a Trento "città invisibili". I migranti, quando va bene, vengono considerati lavoratori di fatica, ma "non si vedono", non si colgono i loro bisogni e le loro necessità.

Il fenomeno dell’immigrazione viene così ignorato; ai migranti viene tolto lo statuto di persona ed in questo senso la cultura della carità (invece che quella dei diritti!) non cambia la sostanza: al massimo, ne attenua gli effetti.

Una cultura meticcia, come dovrebbe essere quella della sinistra, deve quindi in primo luogo assumere il problema casa come un problema di tutti, e la risposta deve essere pensata a partire dal bisogno, non dall’etnia o dalla provenienza.

Affermare questo concetto significa ad esempio essere contrari a risposte che legano l’alloggio dei migranti al lavoro, sia ad interventi che si limitino ai migranti. Non abbiamo bisogno di Little Italy, di China Town, ma di interventi per inserire i migranti in quartieri ed in case dove convivano con i cittadini autoctoni.

Anche qui un altro inciso. Ho detto "inserire" non "integrare". Quest’ultimo termine dovrebbe scomparire dal nostro vocabolario. La multiculturalità presuppone il confronto tra uguali, dove nessuno integra nessuno.

Riassumendo, va detto che oggi a Trento c’è una domanda abitativa dei migranti che è pari a circa 1.500-2.000 alloggi, e che questa quantificazione è la risultante sia della domanda ITEA, che dei senza fissa dimora, che, ancora, dei sovraffollamenti.

L’accesso all’alloggio pubblico dei cittadini migranti è regolato dal regolamento ITEA e dal Piano Pluriennale per l’Edilizia Pubblica. E’ quest’ultimo infatti che stabilisce e finanzia gli alloggi che verranno realizzati, o meglio, che dovrebbero essere realizzati sul territorio. Accedono a questi alloggi i cittadini migranti inseriti nell’apposita graduatoria.

In altre parole, il Piano Provinciale quantifica le assegnazioni per i migranti. Le graduatorie sono separate e non comunicanti.

Non serve dilungarsi molto: queste norme sono razziste e vanno abolite. L’accesso all’alloggio deve avvenire sulla base di graduatorie che misurino il bisogno, non l’etnia; la graduatoria deve essere unica, non distinta; i criteri di accesso devono essere uguali a parità di condizioni.

Per come è fatta l’attuale normativa sull’accesso, il cittadino immigrato, lavoratore, solo, non ha nessuna speranza di accedere all’edilizia residenziale pubblica.

Perché in tutta la sinistra trentina non si apre un confronto, ora, in occasione del dibattito sulla riforma Dalmaso, sulla questione abitativa dei migranti?

Vogliamo considerarla per sempre un aspetto secondario, trascurabile?

Se così fosse, rassegniamoci alla minorità e alla sconfitta: prima di tutto, culturale.

Mamadou Seck, Consigliere Comunale di Trento - Rifondazione Comunista