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Il Trentino e le ragioni della sinistra

L’anno 2007 è iniziato in Trentino con uno sconcertante succedersi di provvedimenti che minano alla sostanza il welfare provinciale acquisito in decenni di lotte sociali e di politiche lungimiranti, con un’ulteriore contrazione dei livelli di partecipazione democratica che si palesa in modo clamoroso nei continui abbandoni dei consigli comunali da parte di minoranze mortificate e senza ruolo, con la privatizzazione di beni pubblici come l’acqua e i territori che sono patrimonio comunitario, cui la revisione del piano urbanistico, indebolito nella sua forza prescrittiva, non pone argine e freno.

Il ruolo che il Trentino deve svolgere dentro l’euroregione alpina è appannato ed equivocamente accompagnato dall’evocazione di una nuova appartenenza al Tirolo storico, che fa tornare indietro di un secolo le lancette della storia del nostro popolo e della stessa lotta dell’autonomia trentina. Si sbiadisce così l’impegno ad operare per più intensi ed equi rapporti dentro la regione dolomitica, iniziativa che toglierebbe molti elementi di contrasto e risentimento nei confronti dei benefici della nostra autonomia da parte dei comuni e delle regioni che sono ai nostri confini.

Il mondo della politica, delle istituzioni, con poche eccezioni anche quello della cultura e delle professioni, sembra estraniarsi da questo stato di cose che toglie anima e prospettive alla mission di un Trentino, dopo sessant’anni di forte esperienza di autogoverno, maturo e sicuro nell’indirizzare i risultati conseguiti verso politiche di solidarietà interna, nazionale e internazionale, di modernizzazione che non ripudia la storia e tutela segni e istituti del nostro percorso comunitario, che pone un forte accento etico all’agire dei soggetti pubblici e privati.

Non ci pare che questo avvenga, che i progetti politici e le contese politiche si muovano con questi riferimenti.

Il proposito di dar vita qui ad un Partito democratico che raccolga l’eredità delle tradizioni della cultura democratica trentina, sembra più esangue e senza tensione che altrove. Contenuti e propositi per mobilitare l’interesse popolare attorno ad un’iniziativa che dovrebbe dar corpo ad uno strumento politico idoneo a rappresentare gli interessi generali nel secolo appena iniziato, sono lasciati su uno sfondo indefinito, riproposti semmai con eccentrica casualità nella quotidiana polemica politica. D’altronde non si può pensare di poter progettare il futuro cancellando le storie che hanno costruito il presente.

Non si può pensare ad una politica giusta, fraterna e solidale senza fare riferimento all’azione concreta dei movimenti socialisti e della sinistra in Europa. Non si può pensare ad una incisiva politica di distensione e di pace chiamandosi fuori dai movimenti della sinistra europea e mondiale in cui operano le forze più coerentemente impegnate a creare un nuovo ordine globale.

Da una terra di frontiera che ha vissuto tutte le tragedie del secolo: la miseria sociale, i drammi provocati dal nazionalismo, le pulizie etniche, ma anche il riscatto sociale, l’affermazione di solide strutture di autogoverno, diffuse forme di solidarietà cooperativistica, coraggiose sperimentazioni sindacali, iniziative di tutela delle vecchie minoranze e provvedimenti di tutela per quelle di nuovo insediamento, può ben partire un’iniziativa politica e culturale capace di collocarsi in modo originale e propositivo rispetto ai processi politici nazionali.

Processi che ripropongono su uno scenario di più vasta e decisiva portata le debolezze e le miserie che deprimono e allontanano quel mondo di cittadini attivi che aveva operato per battere il governo della destra. Le parole della politica devono tornare ad avere significato e credibilità.

C’è stato nei quindici anni passati un fiorire di ottimi documenti centrati sui valori per iniziative politiche piene di buone ragioni, ma che non avevano solidi riferimenti nazionali e internazionali: dall’esperienza intensamente vissuta dell’Ulivo, a quelle anche più recentemente e con grandi speranze vissute anche nel Trentino.

In continuità ideale con queste esperienze, ma anche memori dei limiti che ne hanno esaurito la forza propulsiva, vogliamo riproporre contenuti e metodi di una politica che abbia i caratteri della concretezza e dell’idealità, del progetto basato sull’umana e non virtuale condivisione e costruzione.

La nostra comunità negli ultimi vent’anni ha conosciuto enormi cambiamenti nella struttura dell’economia, nelle identità e nei rapporti sociali. Le trasformazioni indotte dalla mondializzazione degli scambi, dalla rivoluzione informatica e dall’ideologia neoliberista – né poteva essere diversamente – hanno segnato in profondità anche il nostro territorio e la sua comunità. Sono cambiamenti che in ragione della loro portata vanno orientati. Va chiarito che la riflessione riguarda non tanto e non solo le capacità degli attuali amministratori, più o meno “illuminati”, quanto la consapevolezza che il Trentino non riuscirà a vincere le proprie sfide, se non verranno sciolti i nodi della partecipazione consapevole dei cittadini alle decisioni e del necessario rinnovamento nelle forme e nei contenuti della politica.

E’ urgente una riflessione politica di fondo che riguarda sia il quadro nazionale che quello dell’Autonomia del Trentino con particolare riguardo al futuro della sinistra.

Avvertiamo all’interno di questo scenario la necessità di una sinistra nuova nei fondamenti analitici, nei principi ispiratori, nella pratica politica. Una sinistra capace di influenzare l’evoluzione dello spirito pubblico e di parlare a vasti settori della società. Capace di proporsi ed affrontare i temi del governo, in grado di coniugare nella sua pratica sviluppo e concetto del limite. Una sinistra radicata nel principio della libertà come fondamento delle scelte di giustizia e solidarietà, che faccia della nonviolenza una scelta strategica, attenta alla parità di genere.

Una sinistra, infine, che rimetta al centro della propria azione la questione del lavoro, che oggi risulta privo di rappresentanza politica.

La laicità dello stato, la libertà religiosa, la scelta di campo sociale e popolare, la lotta per il lavoro contro il precariato, per i diritti civili, contro la criminalità mafiosa sono temi e valori irrinunciabili per ogni ipotesi di programma di coalizione di centro sinistra e che non possono essere inglobati da una generica fusione nel Partito Democratico.

E’ per questi motivi che si intende promuovere una riflessione libera e aperta per chi condivide queste idee di fondo.

A tutti i soggetti che si richiamano agli ideali ed ai valori della sinistra si ripropone l’esigenza di avviare un percorso di riunificazione, sia per dare uno sbocco alla crisi politica attuale che riguarda un po’ tutti i partiti, sia nell’ipotesi del Partito Democratico che apre un pericoloso vuoto a sinistra. E’ necessario aprire un dibattito chiaro e il più partecipato possibile, superando il diffuso senso di estraniazione, dissenso, frustrazione o rassegnazione silenziosa che è presente nel popolo degli elettori del centro-sinistra.

Il Trentino potrebbe essere un valido laboratorio politico di questa proposta culturale prima ancora che politica. Una proposta che riguarda non solo i contenuti di una politica autenticamente di sinistra, ma anche della “forma politica”.

La riunificazione di tutte le forze di sinistra, laiche socialiste e ambientaliste dovrebbe porre al centro l’idea di un movimento unitario e aperto, fortemente animato da una democrazia partecipativa dal basso, nell’elaborazione dei contenuti, nei momenti decisionali e nella scelta dei gruppi dirigenti. E’ per questi motivi che intendiamo promuovere una riflessione libera ed aperta ed un luogo associativo per chi condivide queste idee di fondo.

Paolo Burli, Ferruccio Demadonna, Bruno Dorigatti, Franco Ianeselli, Claudia Loro, Walter Micheli, Sandro Schmid