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Eroe per caso

I fatti privati del cittadino Berlusconi

Lo confesso, non sono andato a sentire il comizio trentino di Berlusconi con animo sereno, equanime, sgombro di pregiudizi. Quindi, se qualche lettore forzista leggerà queste righe, metto subito le carte in tavola, a scanso che anche a me vengano rivolte le accuse di parzialità ripetutamente sollevate in questi giorni ai cronisti dei quotidiani: non riesco a prendere l'uomo di Arcore sul serio, quando alla Tv infila con candore una serie di palle mastodontiche, contraddicendosi senza alcun problema rispetto a due giorni prima, mi chiedo quanto sia furbo, o quanto invece sia corto. Poi mi dico che ha fatto i miliardi (ma con i finanziamenti della P2, l'appoggio di Craxi, i maneggi di Previti...) ed in quattro mesi ha fondato un partito e vinto le elezioni. Andiamolo quindi a vedere il fenomeno.

La sala è stracolma: sono curiosi, alcuni con aria scettica o vagamente goliardica, ma la maggioranza è forzista, e parecchi sono proprio convinti.

E lui? Lui è bravo. Bravo come intrattenitore. Sa camminare per il palco, più disinvolto di Pippo Baudo; e subito relega nel giurassico l'immagine del politico classico, appollaiato dietro il leggio a fare la lezione. Sa porgere la battuta, sa raccontare la barzelletta, sa ironizzare con toni sapienti: "dunque Bossi inizia il suo comizio, e per mezz'ora afferma che... (pausa) io sono il capo della mafia..." e lo dice con tale levità, con un sorriso così amabile, che sembra davvero un santerello.

Un grande intrattenitore quindi. E probabilmente questo suo senso innato dello spettacolo nazionalpopolare, non è estraneo al suo successo come imprenditore Tv. Ma basta saper intrattenere, per essere un politico? Forse oggi basta per essere un tribuno.

Non dice infatti cose esaltanti. Anzi. Dice solenni fesserie, in contrasto con l'esperienza quotidiana dei mille che lo stanno ad ascoltare. L'Italia è un regime, i comunisti al potere restringono ogni spazio di libertà, i giudici sono peggio dei tribunali fascisti, siamo praticamente un paese in balia di una dittatura. Idiozie, dette con un certo savoir faire, ma ispirate da un rancore di fondo, per la vittoria elettorale scippata, l'impero mediatico in pericolo, le tristi prospettive personali. Nove decimi del comizio non hanno nulla a che fare con l'esperienza e le prospettive degli astanti, riguardano lui, l'imprenditore sotto accusa, il politico continuamente tradito.

Ma questo non conta. "il retore vero può dire bestialità, anzi può articolare parole senza senso - spiegava il mio prof di filosofia - il pubblico lo ascolterà incantato, qualunque cosa egli dica." Berlusconi non è così geniale. Gli scettici tali rimangono. Una parte della sala applaude, ma senza spellarsi le mani.

E un'altra però è entusiasta: forse c'è una parte della popolazione che della solita furbesca politica è proprio stufa. Ed ha tanto, tanto bisogno di un eroe: in cui poter credere.

E questo non è un bene.

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