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La stangata

Nell’imminenza della sentenza del processo di appello a Grisenti, chissà perché “si respirava aria di assoluzione, c’era un certo ottimismo anche tra gli avvocati, e lungo i corridoi del palazzo si parlava di una riforma della sentenza di primo grado, ma a favore di Grisenti”, sicché - prosegue il Corriere del Trentino - con la loro decisione “i giudici hanno destabilizzato tutti”, aggravando la sentenza di primo grado con una condanna a un anno e 6 mesi per corruzione, tentata concussione e truffa. Un compaesano dell’ex assessore conferma il doloroso stupore, dichiarando al cronista del Trentino: “Tutti pensavamo che in appello, come quasi sempre capita in Italia (?, n.d.r.) la sentenza di primo grado decadesse per lasciare spazio ad una assoluzione”.

Ma per quanto inattesa sia giunta la stangata, va dato atto all’interessato e ai compagni di partito di essersi mantenuti lontani dalle lagne vittimistiche e accusatorie di chi sappiamo. Con l’eccezione delle insinuazioni di un anonimo, riportate dal Corriere: “L’altra volta le accuse vennero fuori quando mancavano pochi mesi alle elezioni, questa volta dopo che Silvano stava riprendendo in mano il partito. Si era dato troppo da fare negli ultimi tempi, avevo paura che sarebbe finita così”. Ma è appunto un’eccezione.

Prevalgono, oltre a qualche no comment, le attestazioni di amicizia, la comprensione umana, le speranze nel giudizio della Cassazione e, per intanto, una certa reticenza nel merito dei fatti così come accertati dal giudice. Ecco due dichiarazioni esemplificative di questo atteggiamento:

Gianfranco Zanon: “I giudici avranno fatto il loro dovere, ma la mia opinione su di lui resta la stessa”

Giorgio Lunelli: “Una sentenza che accetto con sofferenza, ma anche con molta serenità”.

Il segretario dell’Upt Vittorio Fravezzi, senza arruolarsi fra i colpevolisti, e comunque ribadendo la propria “amarezza” si spinge però un po’ oltre: “Ognuno di noi risponde alla sua concezione di etica pubblica, alla propria coscienza... so che ogni giorno c’è il rischio di sbagliare e quindi non mi permetterei mai di dare voti. So però che... mi è stata insegnata l’attenzione alle regole soprattutto etiche e io da segretario è quello che ripeto sempre a tutti... È un gran brutto incidente, che gli auguro di chiudere al più presto”.

Fra i compaesani di Grisenti, poi, intervistati dal Corriere, la valutazione della vicenda appare ancor più confortante in termini di spirito civico: vicinanza nei confronti della famiglia, speranza che in Cassazione le cose cambino, ma comunque “noi ci fidiamo delle istituzioni” - dicono un po’ tutti, aggiungendo: “Siamo profondamente dispiaciuti, ma se vengono commessi degli sbagli è giusto pagare”. E ancora: “Gli errori, se ci sono, è giusto che vengano riconosciuti: sarebbe pericoloso abituarsi a certi atteggiamenti”. Parole normali, si dirà, ma che di questi tempi fa piacere ascoltare.

Rimane, a questo punto, la questione del futuro politico di Grisenti (vedi a proposito la rubrica “Trentagiorni”, a p. 6), che nel migliore dei casi subirà un lungo stop. Certo che limitarsi a definire i reati oggetto della condanna “passi falsi” ed “errori” (di errori ne facciamo tutti...) significa lasciare comunque uno spiraglio aperto per il futuro. D’altronde, è ben vero che la condanna non è definitiva, e dunque aspettiamo pure.

Ma c’è chi la porta la lascia spalancata: è il consigliere provinciale Renzo Anderle, che sull’Adige del 19 ottobre, prescindendo dall’esito finale della vicenda giudiziaria, ricorda cinicamente una verità di cui Grisenti, a suo dire, potrebbe in ogni caso approfittare: “Ricordo che altri personaggi, con alle spalle situazioni giudiziarie ben peggiori (vedi Malossini, n.d.r.) si sono ripresentati in politica e hanno fatto il pieno di voti. È naturale che col tempo la gente tenda a dimenticare certi scivoloni, ricordando invece le cose fatte”. Ci sarà un bis?