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Troppi medici obiettori

Alessandro Giacomini

C’è chi gioca a fare Dio con la vita delle donne, l’attuale caso di Catania è emblematico, e ancora una volta sarà la magistratura a dover indagare e decidere se l’obiezione di coscienza deve prevalere sulla vita della donna.

Si potrebbe obiettare che Catania non è il Trentino e che un caso del genere non potrebbe mai succedere nella nostra terra; invece no, sarebbe un errore di valutazione. Ad esempio, l’obiezione di coscienza presso il presidio di Tione (ma pure in altre strutture trentine) ha raggiunto ormai livelli insostenibili: tutti i medici ginecologi sono obiettori di coscienza sulla pratica legale dell’interruzione volontaria di gravidanza, dunque, queste strutture hanno svuotato la legge 194 e con essa il diritto di abortire magari per una violenza subita.

Capita che questi presìdi sanitari non abbiano nel proprio organico almeno un medico predisposto all’interruzione volontaria di gravidanza, anche se costoro sono dipendenti pubblici, esercitano in una struttura pubblica, in una regione cosiddetta laica e vengono pagati con i soldi di tutti i contribuenti Trentini.

È inaccettabile che in presenza di una legge che legalizza l’aborto da ben 40 anni, in un presidio ospedaliero pubblico non ci sia nessun medico non obiettore; in questo caso, deve essere privilegiato il diritto della donna che chiede di abortire, oppure il diritto dell’obiettore? Forse sarebbe opportuno attivarsi e analizzare la problematica prima che lo stesso ospedale sia citato davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Ora, per quale motivo si obietta? Ovviamente l’obiezione dovrebbe dipendere dai principi cattolici del medico e la stessa obiezione è tutelata dalla legge vigente. Immaginiamo però una persona che scelga volontariamente di intraprendere la carriera militare, che venga formata a spese dello Stato, remunerata dallo Stato come soldato dell’esercito, ma che, quando si tratta di combattere, si tiri indietro in quanto obiettore di coscienza. Viene spontaneo domandarsi: ma non poteva pensarci prima?

La legge sulla interruzione volontaria di gravidanza ha quarant’anni, un ginecologo è dunque consapevole di questa legge ormai vetusta, e dunque avrebbe potuto specializzarsi, post legge del 1978, in qualche altro ramo della medicina. In tal modo il problema sarebbe stato risolto: il medico fedele alla propria coscienza e al contempo rispettata la legittima richiesta della paziente.

Va allora accettato anche un medico musulmano che si rifiuti di curare una persona dell’altro sesso? O un medico testimone di Geova che si rifiuta di fare una trasfusione urgente e per colpa delle sue convinzioni lascerebbe morire un paziente dissanguato?

Non è forse miracoloso vedere cattolici che da una parte urlano che gli immigrati devono adattarsi alle nostre leggi e usanze e dall’altra rivendicano per se stessi l’obiezione di coscienza?

Forse, rimane una sola via percorribile, quella del reclutamento selettivo di medici non obiettori per integrare il vuoto, magari con bandi pubblici con la specifica di non obiettore.

Attendiamo una decisa presa di posizione dall’assessore alla Sanità Luca Zeni, per risolvere quanto prima questo diritto negato, perché nessun organo della Provincia di Trento può incidere in maniera pregiudizievole e comprimere i diritti assoluti, ma soprattutto bisogna interrompere questa guerra basata sulla misoginia, perché la decisione di avere un figlio è personale e libera: ogni donna deve poter scegliere liberamente se e quando diventare madre .

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