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QT n. 6, giugno 2017 Servizi

Evviva i vaccini, ma senza ricatti

L'obbligatorietà come prevista dal decreto del Governo non convince

Giovanni Pascuzzi

Da qualche settimana il tema delle vaccinazioni sta innescando discussioni accese nelle quali, spesso, si confondono piani molto diversi: il diritto alla salute dei singoli, il diritto alla salute della collettività, il diritto all’istruzione dei bambini, i diritti dei genitori in relazione all’educazione dei figli.

Cominciamo col fare il punto della situazione normativa. Descrivo lo stato esistente al momento in cui scrivo (28 maggio): lo puntualizzo perché il 19 maggio 2017 il governo ha annunciato un decreto legge che però non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale.

In Italia esistono quattro vaccinazioni obbligatorie, introdotte con quattro distinte leggi: antidifterica (l. 891/1939); antitetanica (l. 292/1963); antipoliomelitica (l. 51/1966); antiepatite B (l. 165/1991). Per effetto dell’art. 47 del d.p.r. 1518/1967 i direttori scolastici devono verificare, al momento dell’iscrizione dei bambini, l’avvenuto adempimento dell’obbligo vaccinale chiedendo la produzione delle certificazioni o di una autocertificazione. L’art. 1 del d.p.r. 355/1999 ha però stabilito che “la mancata certificazione non comporta il rifiuto di ammissione dell’alunno alla scuola dell’obbligo o agli esami”. In sostanza: l’obbligo di vaccinare i bimbi per le quattro malattie sopra indicate esiste: nel 1999 è venuta meno la conseguenza della mancata iscrizione a scuola. E veniamo al Trentino.

Con delibera 2260/2000 la Giunta provinciale:

  • diede atto che i responsabili di asili nido, scuole dell’infanzia, scuole elementari e scuole secondarie di primo grado, sono tenuti, all’atto dell’ammissione o agli esami, ad accertare se siano state praticate ai bambini le vaccinazioni obbligatorie, richiedendo la presentazione di certificazioni o autocertificazioni;
  • dispose che la mancata certificazione non comporta il rifiuto di ammissione alla struttura educativa e/o agli esami sempre che (nel caso degli asili nido e delle scuole dell’infanzia), i tassi di copertura vaccinale obbligatoria non scendano sotto la soglia del 95%.

Con legge provinciale 16/2010 è stato disciplinato il Piano provinciale delle vaccinazioni. L’articolo 49 della legge stabilisce che “nel piano possono essere previste anche misure volte al graduale superamento delle vaccinazioni obbligatorie da effettuare in età pediatrica”: sempre, però, che la copertura vaccinale non scenda sotto le percentuali attese dal piano nazionale dei vaccini (comma 4).

In attuazione di tale legge è stata emanata la delibera di Giunta n. 17/2012 con la quale, oltre ad approvare il Piano provinciale citato, è cessata, in via sperimentale, “l’applicazione delle sanzioni pecuniarie per la mancata vaccinazione nei confronti di coloro il cui rifiuto del vaccino è motivato da un insuperabile convincimento personale”.

Con delibera di Giunta 2970/2012 nell’apportare modifiche alle delibere 2260/2010 e 17/2012 è stato ribadito che “l’essere vaccinati non costituisce più un requisito per la frequenza scolastica e che l’obbligo di presentare il certificato vaccinale per l’iscrizione scolastica costituisce un adempimento amministrativo privo di rilevanza preventiva”.

Sul sito dell’Azienda sanitaria provinciale si legge: “La distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e facoltative è superata ed è un retaggio del passato, quando l’introduzione di una nuova vaccinazione efficace avveniva per legge e solo le vaccinazioni obbligatorie erano erogate gratuitamente dallo Stato; per questo la Provincia di Trento ha intrapreso un graduale processo di superamento dell’obbligo vaccinale valorizzando la partecipazione consapevole della comunità”.

Nella realtà il numero di bambini sottoposti alle vaccinazioni obbligatorie è sceso sotto le soglie utili a garantire la cosiddetta “immunità di gregge”. Nel 2015 “per il terzo anno consecutivo le coperture vaccinali per polio, difterite, tetano ed epatite B registrano valori inferiori agli obiettivi fissati dal Piano nazionale vaccini (95%)” (cfr. il documento redatto dall’azienda sanitaria “Le vaccinazioni in Trentino. Anno 2015”).

Questo è un trend riscontrabile in tutta Italia: di qui il decreto legge ricordato all’inizio che avrebbe elevato (usiamo il condizionale perché il testo non lo si conosce) a 12 il numero dei vaccini obbligatori e introdotto, per i non vaccinati, il divieto di iscrizione alla scuola materna e sanzioni pecuniarie al momento dell’iscrizione alla scuola dell’obbligo.

Qualcosa non ha funzionato

Veniamo ad alcune considerazioni dopo aver ribadito, per evitare ogni possibile fraintendimento che i vaccini sono utili e vanno inoculati ai bambini (si rinvia al numero di dicembre 2015 di Questotrentino).

Il Trentino aveva puntato sulla sensibilizzazione e la partecipazione della comunità per superare la logica della obbligatorietà dei vaccini. Qualcosa non ha funzionato: perché? Difficile parlare di scarso senso civico in un territorio che brilla ogniqualvolta è necessario fare la propria parte per far stare meglio tutti. Probabilmente la campagna di sensibilizzazione non è stata attuata in maniera appropriata e capillare.

Dal canto suo, l’autorità provinciale sembra aver rimesso la soluzione del problema all’intervento del governo centrale. Ma come si è visto, le norme vigenti in Provincia già prevedono che l’obbligo di vaccinazione venga reintrodotto se la soglia dei non vaccinati scende sotto il 95%: la sospensione è stata una sperimentazione. Perché non è già stata annullata la sospensione della obbligatorietà?

Probabilmente gioca un ruolo importante il mutamento di alcune variabili. Ad esempio, sono molti i vaccini raccomandati e, a seconda dei momenti, sembra più urgente combattere alcune patologie e non altre.

Un altro dei problemi è come rendere davvero coercibile l’obbligo vaccinale. Per raggiungere l’obiettivo di imporre la vaccinazione non si trova altro mezzo che agire sul percorso scolastico. L’iscrizione a scuola è visto come una specie di collo di bottiglia: siccome tutti devono passare di lì, imponendo la vaccinazione come requisito per l’iscrizione questo dovrebbe indurre i genitori a vaccinare i figli.

A parte che occorrerebbe tenere distinti l’iscrizione alla scuola materna da quella alla scuola primaria (essendo diverse le funzioni delle due istituzioni), questo modo di vedere le cose fa nascere un contrasto tra due diritti costituzionalmente garantiti (salute e istruzione) e alla necessità di decidere quale dei due debba prevalere.

Ma si supponga, per assurdo, che in Italia non ci fosse l’obbligo di istruzione: se così fosse, davvero non avremmo nessun mezzo per rendere coercibile l’obbligo di vaccinare i bambini? Venendo meno quel collo di bottiglia cui si è fatto riferimento prima non avremmo nessuna possibilità di fare pressione sui genitori?

Occorre aver ben chiari alcuni elementi:

  1. interesse dei bambini è tanto crescere in buona salute quanto essere istruiti;
  2. è anche interesse della società che i bambini crescano sani e istruiti;
  3. vaccinare è compito dei genitori. Le conseguenze delle azioni di questi ultimi non possono ricadere sui figli. Essi fanno ciò che gli adulti decidono per loro. Astrattamente potrebbero esserci dei bambini non vaccinati per scelta dei genitori che sarebbero anche ignoranti per scelta della pubblica autorità. Un bel risultato davvero.

Sembra esistere una fiducia cieca nel fatto che il problema si risolva introducendo l’obbligo di vaccinare. Ma quanti sono gli obblighi che restano inattuati nel nostro Paese?

L’obiettivo deve essere quello di valorizzare la partecipazione consapevole dei genitori. Lo si deve fare restando nell’ambito della tutela della salute dei singoli e della collettività. Per fare un esempio: perché le norme vigenti e ancor più quelle che il governo dice di voler emanare stabiliscono sanzioni per i responsabili delle istituzioni scolastiche se non vigilano sugli adempimenti degli obblighi vaccinali mentre nulla viene previsto a carico dei pediatri di libera scelta? Naturalmente non sto invocando sanzioni per chicchessia. Al contrario. Credo però che proprio i pediatri possano e debbano svolgere una funzione fondamentale nello spiegare ai genitori l’importanza dei vaccini anche al fine di trasformare quella che ad alcuni appare come una pratica indistinta di vaccinazione di massa in un atto individuale di scelta alla luce della condizione del singolo bambino e nel suo interesse.

La strada non può che essere quella dell’informazione e della scelta consapevole.