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QT n. 9, settembre 2017 Politichetta

Sempre loro, le poltrone

L’ultimo coniglio uscito dal cappello è l’idea di Olivi di creare “un’area civico progressista, che non perda nulla della carica innovatrice del Pd, che veda la partecipazione attiva anche dell’Upt e che sappia dare fiato e gambe alle esigenze più puntuali e specifiche di cui spesso si fa carico il civismo” (Corriere del Trentino, 24 agosto). Sicuramente quest’area non perderà la “carica innovatrice”, visto che questa carica non esiste, e potrà venire incontro alle esigenze del civismo, visto che questa parola può contenere tutto e il suo contrario. Si tratta, ovviamente, di una boutade, di una uscita estemporanea, agostana, già dimenticata e già travolta dal profluvio delle esternazioni successive, ma che comunque segnala una generalizzata inconsistenza.

Le parole sembrano non avere più senso. Come l’aggettivo “territoriale”, questa volta rispolverato da Pacher, Dorigatti, Mellarini, Francesco Valduga, Dellai e dagli autonomisti. “La politica deve guardare al territorio”: una scoperta davvero sensazionale. Perché, un tempo, un sindaco pensava alla colonizzazione di Marte oppure alla revisione del trattato di libera navigazione dei mari… ma stiamo scherzando?

Da solo “territoriale” vuol dire “privo di qualsiasi visione culturale o sociale”. Un aggettivo che descrive perfettamente l’immobilità politica del Trentino in cui tutti alla fine sono “dalla stessa parte”. L’unico problema è che non ci sono abbastanza poltrone per soddisfare gli appetiti di tutti. Così si cerca di imbrogliare le carte, di moltiplicare le liste. Insomma di far saltare il banco.

Di qui il surreale – e a tratti offensivo per chi fatica ad arrivare alla fine del mese – dibattito (si fa per dire) che si legge sui quotidiani locali. Firmare un accordo tra il Pd e il Patt prima delle elezioni politiche? Imbarcare o meno i civici di Valduga? Dare loro un collegio per il parlamento?

La specificità trentina assomiglia molto a quella siciliana, dove il problema vitale per tutti sembra essere il posizionamento di Angelino Alfano (che, accidentalmente, sarebbe anche il ministro degli esteri della Repubblica, ora forse degradato ad ambasciatore a Roma dell’Alleanza popolare siciliana), oppure della rottura tra il gruppo di Pisapia e i fuoriusciti del Pd di Mdp e di Sinistra italiana (una Izquierdaunida vecchio stile, destinata a una cocente sconfitta).

L’idea di dare un seggio ai civici è stata avanzata apertamente dal presidente Rossi ma poi stoppata dal Pd e dall’Upt. Quest’ultima però era già da tempo in trattativa con Valduga e soci, in quanto timorosa di essere schiacciata tra i civici e il Patt. Ma è inutile inseguire la ridda di dichiarazioni, sempre uguali, sempre inutili. Le decisioni non vengono prese alla luce del sole. Non sia mai che venga introdotta una procedura trasparente per la scelta delle candidature. Tutto si volge nelle caneve. Già si fanno i nomi in un perenne gioco dell’oca (anzi degli ochi, visto che sono solo esclusivamente, inevitabilmente maschi, con alcune quote paria riservate alle donne).

Ancora Dellai...

In realtà anche un bambino ha capito che tutti attendono le politiche. E qui subentra Lorenzo Dellai, attivissimo critico di Ugo Rossi. Dellai non risparmia nulla al suo successore, intervenendo su tutto e dandosi il piglio del grande saggio che ha nel cuore soltanto il bene del Trentino. Ma anche il ragionamento dell’onorevole – in spasmodica ricerca di una riconferma – è strumentale e tattico per la riconferma a Roma. All’opposto si dice nei corridoi che Dellai, subodorando l’impraticabilità di una sua candidatura come parlamentare o il rischio di una sconfitta, punti a ritornare in Provincia come capolista dell’Upt. Il problema è che resterebbe sei mesi senza lavoro….

In un editoriale pubblicato dal Trentino il 30 agosto Dellai auspica che la coalizione venga “ricostruita su una nuova architettura delle sue componenti e su un rapporto più fecondo con i cittadini fuori dai partiti - potrebbe dare un buon contributo, anomalo e innovativo, secondo la sua storia - al difficile quadro nazionale e costruire le basi per la nuova legislatura provinciale”. Questo perché le elezioni politiche e quelle provinciali saranno per noi “un unico passaggio politico”. Ma come? Non eravamo autonomi? Non dovevamo pensare a un soggetto territoriale? Vi ricordate la retorica dellaiana sulla “Casa dei trentini”, sulla costruzione di Land alla tedesca, di un Trentino “comunità autonoma”? Ora Dellai rivaluta l’influenza della dimensione nazionale.

Ovviamente il Patt ragiona in modo molto diverso, ribadendo l’intenzione di tenersi le mani libere alle politiche, agitando quindi il fantasma della rottura della coalizione. Sono evidenti schermaglie, come lo è la proposta di una candidatura, al posto di Rossi, di Marco Merler, attuale ad di “Dolomiti energia” e da sempre fedelissimo dellaiano. Addirittura rispunta il nome di Paolo Piccoli, quando il notaio ha ribadito di non voler entrare nella giungla politica… In realtà se è forte la tentazione di Rossi di varare per le provinciali una coalizione “centrista”, con fuori il Pd e dentro i civici, ciò non accadrà, perché anche il consenso della coalizione al governo del Trentino sta calando. Le ultime dichiarazioni di Rossi (“Non è scontato che il Patt faccia un accordo per le politiche con il centrosinistra”) hanno letteralmente terrorizzato la dirigenza Pd, che si è ritrovata unita in un coro invocante la necessità di un “quadro valoriale” condiviso.

Verso l’ammucchiata?

Il sentiero però è tracciato. Lo si vedrà alle politiche, dove un ridimensionamento del Pd a livello nazionale è ormai un dato scontato. Inevitabilmente anche il Pd trentino subirà un contraccolpo. Ci saranno ulteriori schermaglie in Provincia, ma alla fine il Pd implorerà il Patt di tenerlo in coalizione stendendo un tappeto rosso alla ricandidatura del presidente uscente. Allora ci sarà la “coalizione larga” da Valduga a Dorigatti. Cioè l’ammucchiata. “Venghino venghino, c’è posto per tutti”.

Ciò ovviamente è uno scenario molto probabile, ma non certo. La questione dirimente però è unica: la spartizione delle poltrone. Oltre non si va. Intanto occorre però far finta di cambiare qualcosa. Ed ecco le nuove fasi annunciate da tutti e il tornare in auge dell’agghiacciante formula dei “nuovi soggetti politici”.

Viene da chiedersi il perché del periodico rinascere di queste creature. L’alba dei morti viventi. Ormai anche il cittadino più sprovveduto non crede più alla retorica dell’innovazione, dell’ancoraggio al territorio, delle nuove fasi, di una politica capace di discutere su cose concrete. Probabilmente i politici che rilasciano certe interviste sono ormai così disconnessi dalla realtà da ritenere le loro proposte come davvero importanti per il benessere della comunità. Si alza un po’ di polvere, si discute in politichese sul nulla. Bisogna fare qualcosa di diverso perché conviene: qualsiasi regola o statuto precedenti saltano (compresa l’indicazione reiterata ma ormai risibile di un tetto al numero delle candidature possibili) e quindi tutti ricominciano da zero.

In secondo luogo questo comporre e ricomporre schemi, geometrie, contenitori, alchimie, scatole cinesi è indispensabile per creare confusione e quindi per mantenere stretta la propria influenza. È evidente infatti che il circolo esoterico degli eletti (la cosiddetta “casta”) deve parlare un linguaggio ermetico comprensibile solo agli iniziati, che poi sono sempre quelli. Non esistono strumenti chiari per poter entrare in questo circolo, non ci sono modalità certe per vagliare le candidature. Visto che le strutture dei partiti sono deboli, farraginose e soprattutto precarie, chi detiene il potere non permette a nessuno di insidiarlo. Altro che “contendibilità” delle cariche partitiche e quindi istituzionali!

L’inesistente opposizione

Sia chiaro: le forze politiche all’opposizione sono molto peggio di quelle al governo. La destra (e in fondo anche il M5S) non esiste se non attraverso singole iniziative di qualche consigliere provinciale oppure attraverso sempre redditizie polemiche anti-immigrati. Avulsa dal contesto che conta, l’alternativa alla compagine attualmente al potere latita da 20 anni. Tuttavia, a livello di elezioni politiche, ci potrebbero essere delle sorprese. Che però non modificheranno gli assetti generali in Provincia.

Il problema – lo abbiamo ripetuto spesso – non riguarda i singoli. Non è morale. È complessivo, strutturale, cioè prettamente politico. Non esistono regole certe interne ai partiti. E neppure a livello istituzionale. Siamo a ridosso delle consultazioni nazionali e la legge elettorale è ancora sospesa nel vuoto. Questo forse non si può dire per il Trentino, dove l’assetto delle istituzioni sembra più stabile: i problemi riguardano maggiormente una politica basata sulle cordate piuttosto che sulle differenze programmatiche (in questo senso i partiti divengono aggregati di gruppetti eterogenei che si possono assemblare a piacimento a seconda delle circostanze). È una politica tribale.

Difficile trovare una strada alternativa. Perché, tranne rarissime eccezioni, è arduo che qualsiasi entità sociale riesca ad autoriformarsi. Occorrono eventi e spinte esterni – in politica potrebbero essere una sconfitta elettorale, un terremoto giudiziario, oppure l’emergere di un nuovo leader. Non auguriamo al centrosinistra autonomista le prime due alternative. Di progetti e di leader nuovi non se ne vede però l’ombra. Oppure vengono uccisi nella culla dalla “casta”. Lo spazio politico ci sarebbe, come per esempio è avvenuto nel 2003 con “Costruire comunità” (un progetto finito male per molte ragioni, ma comunque capace di suscitare una grande mobilitazione, come successivamente forse non è più accaduto).

Qualche iniziativa concreta per cambiare le cose? Abituarsi a ragionare sui temi concreti e non sulle poltrone, o almeno non soltanto sulle poltrone. Varare regole chiare per la scelta delle candidature. Siamo consci che ciò non avverrà mai. Eppure sarebbe un modo per riavvicinare i cittadini. Chiamatele primarie o come volete. Se non accade nulla, però, prevarranno i movimenti cosiddetti populisti che cercano – in un modo a mio avviso sbagliato e pericoloso – di intercettare la sensibilità della gente. Lasciare tutto fermo è impossibile.