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QT n. 5, maggio 2018 Seconda cover

Le città dipinte

Oltre a Trento diverse città presentano facciate affrescate, anche se non così ben conservate. Due ricercatrici che le hanno studiate a Treviso ci spiegano motivazioni, caratteristiche e pregi di questa antica, suggestiva pratica.

Rossella Riscica, Chiara Voltarel
Trento, Palazzo Del Monte (foto Ezio Chini, 2014)
Trento, Palazzo Geremia (foto Ezio Chini, 2017)
Trento, Casa Cazuffi-Rella
Treviso, Palazzo Zignoli (foto Piai-Piccoli-FBSR)
Treviso, Sottoportico in via S. Agostino (foto Piai-Piccoli-FBSR)
Treviso, Battistero di S. Giovanni (foto Piai-Piccoli-FBSR)

Gli studiosi la chiamano “Urbs picta” la città dipinta. È la città che mostra se stessa, che vuole essere bella in una forma particolare, che comunica messaggi e identità ai propri cittadini e ai visitatori. È una particolarità, una preziosità, che ha proprio Trento, per molto tempo perfino inconsapevole del significato e delle grandi capacità attrattive che hanno quelle facciate del suo centro storico, peraltro spesso lasciate ingrigire dal tempo. Sul tema Italia Nostra ha iniziato un lavoro di studio e sensibilizzazione (ne parliamo nel box sotto) che Questotrentino volentieri vuole contribuire a diffondere (vedi “Trento città d’arte e il suo patrimonio pittorico murale” in QT del dicembre 2017).

Per approfondire il tema abbiamo rivolto alcuni quesiti a due ricercatrici venete, Rossella Riscica e Chiara Voltarel, che recentemente hanno presentato alla Facoltà di Lettere della nostra Università il loro lavoro di studio e catalogazione del grande patrimonio (oltre 600 casi) di facciate dipinte a Treviso. Ci interessa infatti conoscere meglio anzitutto quanto sia diffusa – in Italia e in Europa - questa particolarità urbana, che oggi ci appare singolare e preziosa. E poi capirne le diverse motivazioni storiche, quali siano state le diverse committenze (privati, Chiesa, potere politico). E infine confrontare il caso delle facciate di Trento, con quello delle città dipinte a noi più vicine – Treviso, Verona, Feltre e altre ancora – rilevando analogie e differenze nelle motivazioni che hanno generato il fenomeno.

Fin dall’antichità l’uomo ha cercato di abbellire la propria abitazione, con i mezzi cha aveva a disposizione: al valore funzionale si univa, dove e quando le circostanze lo permettevano, un valore estetico che poteva poi declinare con svariate sfumature. Sappiamo che i templi greci erano policromi, e Vitruvio ci informa che, ai tempi dell’imperatore Augusto, correva uno stretto legame tra architettura e policromia; cultura del mondo classico che ha lasciato tracce profonde sul cammino della civiltà occidentale. Disegni e colori possono decorare un edificio, ma in alcuni casi, le pareti possono anche fungere da schermo dove il proprietario manifesta pensieri, simpatie politiche, religiose, culturali e molto altro. Ciò fa sì che questa particolare forma d’arte e dell’ambiente urbano diventi un valore identitario dei cittadini e del paese, un patrimonio sottoposto oggi a tutela e valorizzazione.

Testimonianze di facciate policrome arrivano da tutto il mondo: ad esempio nell’architettura russa c’è una grande profusione di colore, sulla scia dell’uso persiano di giocare su forti contrasti cromatici; nell’arte islamica l’architettura policroma, anche se realizzata con tecniche e materiali diversi, è un aspetto fondamentale; sappiamo che in Messico la popolazione dipingeva tutto con vivaci colori e l’amore per il colore ancora oggi è una tradizione che caratterizza l’architettura messicana. In Europa la pittura murale è diffusissima, pensiamo alle chiese dell’est, della Moldavia e Romania. Nei paesi tedeschi, permangono testimonianze delle sontuose decorazioni delle abitazioni tardo-gotiche. In città come Innsbruck, Graz, Anversa, l’uso di decorare le murature doveva essere diffusa; facciate coperte da dipinti colorati si trovano ad Augusta, Norimberga e Monaco di Baviera.

In tutto il nord Italia l’uso di affrescare le facciate è ricorrente. È un fenomeno caratterizzante di una Genova rinascimentale; Bergamo è ancor oggi una urbs picta, l’attività di Bramante in questo territorio sarà esemplare; anche Milano, che nell’immaginario collettivo è dominata dal grigiore, era una città picta, come ricorda Giovanni Paolo Lomazzo, che fa cenno agli affreschi di Bramantino.

Nel Veneto il colore costituisce un tratto distintivo che ritroviamo anche nell’aspetto urbano: Venezia era una urbs picta per eccellenza, dove gli affreschi esterni furono una delle componenti della sua magnificenza, oggi quasi completamente scomparsi a causa del clima e della salsedine marina, oltre che dell’incuria e degli interventi umani. Così in tutte le città del territorio veneto, come Verona, Vicenza, Padova, Belluno, Bassano, Feltre, Conegliano, Castelfranco, e in parte del Friuli, come Udine, Pordenone, Spilimbergo, si diffonde questa peculiarità decorativa di abbellimento dei fronti esterni degli edifici, pubblici, ecclesiastici, privati.

Scendendo verso sud, si trovano facciate dipinte a Firenze; a Roma si distinguono le belle facciate istoriate da Polidoro, da Caravaggio e Maturino, proseguendo fino a Palermo, dove incontriamo testimonianze soprattutto a graffito.

Le motivazioni che spingono a decorare edifici residenziali, politici o religiosi, possono essere varie. Di base c’è sempre un’esigenza estetica, legata in qualche caso ad una volontà di distinzione o comunque alla volontà di palesare il proprio potere - economico, sociale, politico - di comunicare pensieri e schieramenti di vario genere - come religiosi, letterari, storici.

Molto spesso le facciate vengono affrescate in occasioni importanti per la città; è il caso della visita di un personaggio illustre, come succede a Genova in occasione dell’ingresso solenne di Carlo V tra gli anni ‘30 e ‘40 del Cinquecento, o per feste religiose, che prevedevano spesso fastose processioni. In altri casi si assiste ad una campagna di abbellimento dettata dall’amore civico congiunto a stabilità economica, politica e a un diffuso benessere, che fa nascere l’esigenza di rendere più decorose e dignitose le abitazioni: è quello che succede a Treviso quando nel Duecento, con l’istituzione comunale, si avvia anche un rinnovamento edilizio. Le case, che fino a quel momento erano di legno, vengono costruite in laterizio, materiale che per ragioni funzionali dev’essere ricoperto dall’intonaco; esigenze estetiche e culturali, stimolano ad apportare decorazioni a quest’ultima superficie protettiva, con uno sviluppo variegato nei secoli.

Diversa è la vicenda di Trento, che dovrà attendere il Quattrocento, con il principe vescovo Giovanni Hinderbach (1465-1486) per veder aprire, disseminati soprattutto lungo le vie principali, numerosi e grandiosi cantieri di frescanti, che raggiungeranno la massima espansione e raffinatezza esecutiva all’epoca del vescovo Bernardo Cles, anni in cui anche Trento sarà meta dell’Imperatore Carlo V e di numerosi altri sovrani. Guarderanno alle facciate trentine quelle di Feltre, città che all’inizio del Cinquecento venne distrutta da un terribile incendio e fu ricostruita e decorata nello stile dell’epoca. Altre grandiose facciate istoriate si vedono a Verona, così come dovevano essere a Venezia, atelier all’aperto di grandi maestri.

Treviso si caratterizza invece per le decorazioni di carattere tardo-medievale, per le finte tappezzerie create dal ripetersi di pattern di forme geometriche o stilizzate, per il regalzier (decorazione a finti mattoni su sottile strato di intonaco) di tradizione veneziana o per i fregi di sapore tardoantico.

La pittura delle facciate è da ritenersi un complemento, una sostituzione, una sottolineatura, del messaggio che può dare l’architettura, o di quello che può dare la statuaria (pensiamo alle cattedrali gotiche)? Oppure può essere anche un sostitutivo più economico?

Le facciate dipinte hanno seguito un naturale sviluppo: in epoca classica il colore non era mera decorazione, ma parte integrante della “costruzione” degli edifici, aveva uno scopo “strutturale” con un ruolo preciso nella percezione delle singole parti, come colonne, triglifi o sculture. Questa valenza la ritroviamo ogni volta che l’ambiente culturale guarda all’antico: pensiamo al Rinascimento, quando sono diffusissimi i fregi dipinti con così tanta cura che si parlerà di “pittura scultorea su un’architettura pittorica”. Elementi architettonici dipinti che vanno ad articolare l’architettura stessa si ritrovano spesso a Genova, pensiamo a palazzo Ambrogio di Negro, a palazzo Ducale, o ancora palazzo Bartolomeo Invrea, dove la pittura riproduce non solo elementi architettonici ma anche elaborati stucchi. Diversamente, con una decorazione a finta tappezzeria, assistiamo alla fagocitazione dell’architettura: la cortina muraria sembra smaterializzarsi e divenire tessuto. In epoca tardo-gotica la decorazione fitomorfa va a sostituire gli elementi architettonici.

In altre circostanze la pittura supplisce i materiali preziosi, come il marmo, gli arazzi o la pietra, troppo costosi, come avviene a Treviso che guarda costantemente a Venezia ma con mezzi economici ben diversi: i motivi decorativi, che nella Serenissima vengono sviluppati con pietre e marmi, si trovano riprodotti sulle facciate trevigiane ad affresco.

Quali le differenze tra i dipinti medioevali, quelli rinascimentali e quelli moderni, per esempio l’art nouveau, nella versione della Secessione viennese nella Trento austro-ungarica? E quelli contemporanei, con lo sviluppo dei murales?

La pittura di facciata segue l’evoluzione della storia dell’arte e delle tecniche artistiche: ad esempio sappiamo che nel Medioevo si affrescava per “pontate”, la superficie di intonaco steso in un giorno, che quindi doveva essere dipinto il giorno stesso, era piuttosto vasta, l’esecuzione pertanto doveva essere rapida e l’affresco risultava più sintetico e sommario. Diversamente, nel Rinascimento si inizia ad affrescare a “giornata”: l’artista stendeva solo una porzione di intonaco, piuttosto contenuta, che intendeva dipingere nell’arco della giornata, concedendo la possibilità di concentrarsi anche su dettagli minuti. In questo caso gli affreschi sono molto più definiti e raffinati, e ciò anche grazie all’utilizzo del disegno preparatorio del cartone.

In tempi più recenti entra in uso lo stampo e soprattutto non si adotta più la tecnica dell’affresco ma pittura a secco, grazie all’introduzione di nuovi materiali pittorici sintetici che offrono una ricchissima gamma cromatica ma una minore brillantezza e durata nel tempo.

La copertura dei dipinti con altro intonaco e altri affreschi è un fenomeno sostanzialmente legato al passaggio tra medioevo e rinascimento, poi non più ripetuto in quelle dimensioni?

La pratica di ricoprire decorazioni con nuovi strati di intonaco è diffusa in tutte le epoche ed è particolarmente affascinante nel passaggio tra Medioevo e Rinascimento per il sovrapporsi di due strati decorati, testimonianze dei cambiamenti di gusto e stile nell’arte; ma la si ritrova anche in periodi successivi, basti pensare alle grandi trasformazioni delle città tra Settecento e Ottocento, con il neoclassicismo, il rifiuto delle espressioni architettoniche legate al gotico, al conseguente camouflage delle facciate con nuove aperture regolari e al ricoprimento dei vivaci intonaci decorati con superfici chiare, lisce, monocrome, spesso marmorini.

Per quanto riguarda il vostro – grande ed encomiabile - lavoro, di studio e valorizzazione delle facciate affrescate di Treviso: come è nata l’impresa? Chi ha dato lo spunto? Il Comune? Che ruolo ha avuto l’ente pubblico nel promuovere il libro, e quale la Fondazione Benetton? Di chi è stata la regia?

Il lavoro è nato nel momento in cui si è presa coscienza del rischio più che concreto della perdita delle facciate affrescate, patrimonio identitario della città, non solo e soltanto per la carenza di interventi conservativi o di ordinaria manutenzione, ma anzitutto per la mancanza di attenzione da parte di chi abita in città o la vive. Il direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche, Marco Tamaro, ha così deciso di intraprendere un progetto di ampio respiro, che riportasse, in maniera scientifica, l’attenzione sulle facciate decorate.

La ricerca ha avuto un approccio multidiscipilinare che ha visto coinvolti diversi professionisti – Rossella Riscica architetto esperto di restauro, Chiara Voltarel storica dell’arte, Massimo Rossi geografo, Arcangelo Piai e Corrado Piccoli fotografi, Andrea Mancuso architetto informatico e una serie di consulenze larghe sul piano scientifico, come quella del prof. Lionello Puppi quale supervisore scientifico - direttamente coordinati dalla Fondazione nella figura della dott.ssa Patrizia Boschiero.

Il Comune di Treviso in realtà si è inserito quando ormai la ricerca era pienamente avviata e iniziava a raccogliere i primi sorprendenti risultati. Ma compresa l’importanza di intervenire in tempi brevi su queste opere d’arte, che sono per lo più di proprietà privata, ha inizialmente dato il buon esempio, partecipando, in qualità di condomino, al restauro della facciata di palazzo Zignoli affrescata da Ludovico Pozzoserrato, quindi approvando delle aliquote agevolate in materia di imposta IMU e TASI, con il preciso intento, come si legge nel verbale del Consiglio Comunale, di “salvaguardare il patrimonio culturale della città”, promuovendo “il recupero degli affreschi collocati nelle facciate esterne dei fabbricati”.

Cosa si è fatto, cosa si deve fare

Italia Nostra ha lanciato un forte segnale di allarme per l’abbandono in cui si trovano le facciate dipinte del centro storico di Trento, che costituiscono uno dei più affascinanti esempi di questo genere di pittura sopravvissuti nelle città dell’Italia settentrionale.

Dopo i restauri degli anni Ottanta - che hanno contribuito, insieme al recupero generale delle pavimentazioni, a far riscoprire la pregevole particolarità artistico-architettonica della città, portandola anche nella percezione degli abitanti e dei turisti al rango di città d’arte che le compete pienamente - c’è ora urgente bisogno di cure.

Lo ha rimarcato l’intervento di Ezio Chini, con l’autorità che gli proviene da una vita spesa nello studio e nel racconto del nostro antico patrimonio artistico, sia nell’intervento su Questotrentino del dicembre scorso (che fece seguito all’incontro pubblico tenuto a novembre, non a caso a palazzo Geremia, forse tra i più sofferenti esempi di facciata dipinta in città), sia introducendo l’incontro, organizzato da Italia Nostra e dal Dipartimento di Lettere dell’Università di Trento, che si è svolto l 17 aprile scorso,

Dove le due esperte della Fondazione Benetton di Treviso, Rossella Riscica, architetto esperto di restauri, e Chiara Voltarel, storica dell’arte, hanno illustrato il lavoro sistematico e accurato svolto nella città veneta per censire e porre le premesse del restauro delle preziose facciate dipinte sopravvissute dall’epoca del Comune medievale; arrivando infine, dopo un lavoro di catalogazione di ben 614 edifici che hanno o hanno avuto facciate dipinte e la pubblicazione di un volume (“Treviso urbs picta. Facciate affrescate della città dal XIII al XXI secolo: conoscenza e futuro di un bene comune”), a un’articolatissima guida multimediale, in grado di fornire, in maniera semplice ed immediata, ogni tipo di informazione sui 475 edifici esistenti e i 139 non più esistenti che hanno o hanno avuto testimonianze di facciate dipinte; e questo ai differenti livelli di approfondimento richiesti: da quello del turista frettoloso a quello dello studioso. Ne è nato anche un confronto col caso di Trento, sulle similitudini e le differenze, di epoca e di committenza, nonché sugli strumenti necessari per arrivare a una consapevolezza dei cittadini in merito al proprio patrimonio urbano.

Un forte stimolo e un modello sicuramente prezioso.

Per Trento, Italia Nostra ha da parte sua svolto un primo censimento dei dipinti sulle facciate, ed è recente la notizia che la Provincia ha finalmente creato lo strumento normativo adatto ad agevolare finanziariamente i lavori di recupero. Ora però occorre passare ad un intervento organico e coordinato.

Altri incontri su questo tema sono in calendario già da questo mese: Martedì 15 maggio, ore 17.45, Aula 6 della Facoltà di Lettere, “Fonti documentarie per la storia urbana di Trento. Strumenti e metodi per la ricerca” e Mercoledì 23 maggio, ore 17.45, Aula 7, “Facciate dipinte a Trento tra Gotico e Rinascimento”).

Stefano Zanella