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“Trento Film Festival 2018: due film”

"Señorita Marìa, la falda de la montaña" e "The Dawn Wall"

“Señorita Marìa, la falda de la montaña”

Il Trento Film Festival è un contenitore di eventi, mostre, presentazioni di libri che popolano la città per undici giorni. Una montagna di proposte gestibile grazie ad una macchina organizzativa capillare e composta da persone entusiaste; questo, in poche parole, il clima che si respira vivendo il Festival dall’interno. Giustamente però l’attrattiva principale rimane la rassegna del cinema di montagna. Ci occuperemo qui di due dei film premiati con la Genziana d’Oro: il vincitore assoluto “Señorita Marìa, la falda de la montaña” e “The Dawn Wall”, miglior pellicola d’alpinismo.

Il primo ci porta nelle Ande colombiane, nel villaggio rurale di Boavita. Qui vive Maria Luisa, 45 anni, contadina; nata uomo, per poter vivere come una donna, portando non i pantaloni ma la gonna, ha dovuto sfidare disprezzo, soprusi e discriminazioni da parte di un microcosmo conservatore; una sfida vinta grazie alla determinazione di voler essere se stessa, alla fede in Dio, all’amore per le sue mucche e le sue montagne, al suo sorriso positivo.

Il regista Ruben Mendoza ci trasporta nel mondo di Marìa attraverso le testimonianze della stessa protagonista e dei compaesani, ci racconta la sua sensibilità e l’intimità, i pensieri e le emozioni.

Alcuni momenti sono narrativamente molto intensi (la rappresentazione del supplizio di Cristo), altri più lenti e dispersivi; le inquadrature sono talmente naturali che, specie nei piani sequenza in camera car, talvolta disturbano. Data l’attualità della tematica delle identità di genere, non stupisce l’assegnazione del maggiore riconoscimento; forse un premio un tantino politicamente corretto, ma senz’altro è il film che meglio abbraccia i temi della contemporaneità.

Con “The Dawn Wall” tornano al centro dell’attenzione la montagna e, in tutta la loro potenza, i temi cardine ad essa connessi: la sfida, il rischio, la perseveranza, la sofferenza, la cordata, l’amicizia. Il confine sottile tra successo e insuccesso, tra dedizione ed ossessione.

Magistralmente diretto da Peter Mortimer e Josh Lowell (ottimi la fotografia, il ritmo, lo sviluppo psicologico dei personaggi), è la storia di Tommy Caldwell che trova la sua ragione d’essere arrampicando; il modo di superare le sue fragilità e di rispondere alle avversità che la vita gli pone davanti (la paura di essere in ostaggio, la perdita del dito indice, un matrimonio andato in frantumi) sempre arrampicando. Fino alla lunga e meticolosa preparazione di una prova straordinaria: liberare la Dawn Wall aprendo una via ai limiti dell’impossibile, di 915 metri, sulla leggendaria parete di El Capitan, nello Yosemite National Park in California. Un sogno impossibile che con fatica e tenacia diventa possibile, ma se non raggiunto l’amico e compagno di cordata Kevin Jorgeson, sarebbe un’impresa sminuita. Vedendolo in difficoltà, Caldwell non sceglie egoisticamente e decide di aspettarlo per realizzare insieme il capolavoro, tenendo al contempo salda l’amicizia.

Una grande lezione d’umanità in alta quota che lascia con il fiato sospeso.