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QT n. 1, gennaio 2019 L’editoriale

QT al tempo del leghismo

Il nostro giornale compie quarant'anni, la nostra critica, senza pregiudizi, sarà anche verso il governo leghista nella speranza possano arrivare cose positive

Sulla copertina di questo numero, per quanto in caratteri minuscoli, potete leggere “Anno XL”. Quarantesimo. Sì, con grande soddisfazione possiamo dire che è da 40 anni che riusciamo a fare questo giornale. “Riusciamo”, appunto. Perchè i quarant’anni, meta significativa per tante imprese, è eccezionale per i piccoli giornali del tutto indipendenti come il nostro, che lo studioso di mass media Renato Porro definiva “un miracolo come il sangue di San Gennaro, non può liquefarsi ma lo fa, così QT secondo ogni logica non può uscire, ma regolarmente è in edicola”.

Non siamo però qui a compiacerci, né a parlare dei nostri problemi soprattutto economici (i miracoli hanno dei costi): lo faremo a tempo debito, cercando ancora una volta il coinvolgimento e il sostegno dei lettori.

Qui interessa capire il momento che la nostra comunità sta vivendo, e il compito che il nostro giornale può assumere. Infatti in questi tanti anni QT ha ricoperto, più o meno bene, diversi ruoli: giornale di denuncia delle malefatte del doroteismo declinante; di pungolo a una sinistra burocratizzata prima, senza ideali poi; di riproposizione di una cultura locale non appiattita sul localismo; orgoglioso di essere “anticlericale” ma non “antireligioso”; e poi ancora le analisi sugli anni sprecati dal dellaismo, la crisi della cooperazione, l’arroganza dei poteri forti...

Ora siamo in una nuova era. Gli effetti di molti dei mali che avevamo denunciati, prima attutiti dalle disponibilità finanziarie dell’Autonomia, non sono ora più sopportati da gran parte della popolazione; peraltro inquieta per le incerte prospettive future e la carenza di punti di riferimento credibili, nella politica, nella cultura, nelle istituzioni.

Ne è sortito il terremoto politico dello scorso ottobre. Legato, in prima istanza, a timori e paure suscitati dalla ben orchestrata campagna anti-immigrati; ma nel profondo determinato dallo sfaldarsi della credibilità, mentre si naviga tra le incertezze, di un ceto dirigente da troppo tempo e troppo arrogantemente abbarbicato alle poltrone.

Ed ecco quindi la Giunta Fugatti. Che si è subito lanciata in provvedimenti xenofobi, coerenti con la campagna elettorale. Anzi, andando oltre gli slogan, l’”aiutiamoli a casa loro” è diventato “si arrangino, prima i trentini”. Ne parliamo con diversi servizi nelle pagine successive. Di cui qui ci interessa sottolineare un aspetto di fondo: il passaggio dal talora maldestro “buonismo” del centrosinistra all’ostentato “cattivismo” leghista non potrà essere indolore. Rischia anzi di peggiorare consapevolmente, assieme alle prospettive e alle condizioni di vita degli ultimissimi che da noi (soprav)vivono, anche la sicurezza generale della popolazione, che si troverà a convivere (anche perchè ne ha bisogno, visto il progredire della denatalità) con degli sbandati. Verso cui potrà nutrire più ostilità e rancore. È un circolo vizioso, l’innesco di un degrado della cultura profonda della nostra popolazione.

Questa però non è una deriva inevitabile. Nella società trentina stiamo vedendo manifestarsi robusti anticorpi. Ne parliamo nelle pagine a seguire, e ancora ne parleremo, questo sarà uno dei compiti principali del nostro giornale in questi tempi.

Al contempo non vogliamo seguire la facile linea del tanto peggio tanto meglio. A Fugatti promettiamo opposizione totale sulla xenofobia; ma attenzione critica a tutto il resto.

Per un discorso di onestà intellettuale anzitutto. Ma non solo. La giunta leghista nasce dall’aspirazione della popolazione a cambiare un sistema politico-istituzionale ritenuto non più all’altezza. Obiettivo che, nelle linee generali, condividiamo. È tutta da vedere invece la traduzione pratica, i “governi del cambiamento” possono cambiare in peggio.

Possiamo dire che, se escludiamo il tema migranti, la Giunta Fugatti si è mossa finora con discrezione. I nuovi e spesso giovani assessori non nascondono l’inesperienza dietro la boria del nuovismo giovanilista, quello che pretende di tutto cambiare proprio perchè nulla conosce. Anzi, si stanno dimostrando persone disponibili e financo umili, che ascoltano con attenzione consigli e suggerimenti. E il presidente ha esplicitamente espresso un inusuale apprezzamento preventivo alle critiche da parte dei media, sollecitandoli a svolgere questo loro ruolo.

Certo, si sono subito evidenziati dei limiti. La corretta preoccupazione di venire incontro alle insicurezze delle valli, invece di tradursi in un complessivo disegno di riequilibrio di lungo respiro, ha subito imboccato la sdrucciolevole scorciatoia dell’assicurare punti nascita decentrati, abborracciati e precari. Nella giunta è prevalente una cultura anti-ambientalista che guarda al passato invece che al futuro. L’attenzione al locale (vedi le ricadute della ricerca) rischia di tarpare le ali ai progetti più ampi. Non abbiamo sentito prese di distanza esplicite dai centri di potere che tanto e negativamente hanno condizionato le passate giunte.

Il nostro ruolo critico, dunque, rimarrà. Ma non sarà pregiudiziale. Nella speranza che anche dal governo leghista possano arrivare portati positivi.

Su questi binari si indirizzerà, speriamo utilmente, QT ormai quarantenne.