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Leghisti al lavoro

Katia Rossato, Lucio Gardin, Maurizio Fugatti

Katia Rossato

Katia Rossato, ragioniera e commerciante all’ingrosso di uova, nessuna esperienza politica alle spalle, è una delle matricole leghiste approdate in Consiglio provinciale; ma ancor prima di essere insediata ufficialmente ha voluto dimostrare di saper stare fra la gente, interpretandone le aspirazioni e i disagi. Nel suo quartiere (Vela) “non ci sono problemi gravissimi, anche perché qui abbiamo famiglie con bambini che vivono in miniappartamenti. Però girano per il paese (sic!) e occupano il parchetto... Utilizzano i posti che erano nostri... Si sono appropriati dei nostri spazi...”.

L’intervista dedicatale dall’Adige, che ha avuto un ampio seguito di commenti, ha una buffa coda il giorno successivo. A una domanda-trabocchetto del cronista (“L’ultimo libro letto?”) la neo consigliera, cadendo nella trappola, aveva infatti risposto con un secco “Non leggo”, cui l’indomani lei stessa s’illude di rimediare precisando sul suo profilo Facebook: “Il ‘non leggo’ è riferito ai libri nella forma classica che tutti conosciamo, ma periodici di economia e finanza, articoli interessanti, editoriali ed interviste, specialmente se del nostro #MatteoSalvini... non me li perdo mai!”.

Lucio Gardin

Di tutt’altra pasta Lucio Gardin, intellettuale leghista a tutto tondo. La sua militanza, per quanto non formalizzata, è di antica data. Citiamo, da una sua rubrica televisiva del 1991, quando ancora di negri non se ne vedevano: “In un appartamento di Trento al 1° piano abitano degli albanesi, al 2° dei calabresi e al 3° dei trentini. A mezzogiorno viene il terremoto. Sapete perché si salvano solo i trentini? Perché sono gli unici che sono andati a lavorare”.

Saltiamo al 2003, quando la situazione si è talmente aggravata da far rimpiangere i calabresi e - quasi quasi - anche gli albanesi, perché un nuovo nemico ci minaccia, e s’impone il dovere di sbertucciarlo: “Abolite la luganega di maiale! Praticate la bigamia (ad essere sinceri, questo è uno dei punti della legge islamica che mi trova d’accordo). Vietate la grappa e liberalizzate l’hashish. Coprite il capo a vostra moglie (qui, diciamo, ci vorrebbe l’opzione ‘se è brutta!’). Imparate l’arabo!… Solo facendo così, fra cinquant’anni, i vostri figli… potranno vivere l’esperienza di un mondo nuovo! Scopriranno che la lapidazione, al contrario dello strutto, non fa male”.

Come si vede, già allora Gardin combatteva su più fronti, mescolando all’intolleranza un pizzico di stereotipi maschilisti. Che nel suo exploit del 4 novembre scorso diventano il tema dominante: “È preoccupante questa deriva populista-sessista che porta al mancato rispetto delle quote rosa tra i donatori di sperma; però qualche passo avanti è stato fatto. Termini come ‘femminicidio’, ‘assessora’, ‘avvocata’ o ‘generala delle carabiniere’ fanno ormai parte del linguaggio comune, e sono già stati inseriti nell’enciclopedia Treccagne. Tuttavia, parlando di femminicidio, va precisato che una donna italiana ha una probabilità dello 0.05% di subire un omicidio. Cioè, la stessa probabilità di morire in un incidente con un trattore, ma nessuno parla di ‘trattoricidio’... Così come non si parla di ‘tacchinicidio’ nei giorni del Thanksgiving americano o di ‘agnellicidio’ sotto Pasqua... Ma la contrarietà delle femministe verso Fugatti è soprattutto di natura politica. Il fatto che una persona che è appena arrivata dal Burkina Faso non abbia gli stessi diritti di un trentino che aspetta da 15 anni una casa, è di una logicità disarmante; ma ciò che il collettivo femminista non perdona al neo governatore è di avere avuto le ovaie per sostenerlo pubblicamente”.

Dopo di che parte una valanga di proteste da parte di singoli e associazioni, ma naturalmente non mancano i difensori del comico, che parlano di “sottile ironia” che “i soliti comunisti e simili sinistroidi” non sanno cogliere. Mentre “chi ha la fortuna di conoscere Gardin sa quanto raffinato sia il suo animo e alta la sua sensibilità!!”.

A questo punto, il direttore dell’Adige si scusa, prendendo nettamente le distanze dal suo collaboratore. Il quale, l’indomani scrive a sua volta una lettera all’Adige, dove però si limita a rammaricarsi di essere stato frainteso: non era stata sua intenzione, eccetera. Solo una settimana più tardi, in una seconda lettera, chissà perché indirizzata al Trentino, finalmente si scusa: “Come posso aver toccato con tanta superficialità un tema così drammatico?” si domanda; e così si risponde: “È che quando devi trovare il lato divertente di ogni argomento per lavoro, succede spesso di chiudere in automatico il rubinetto della sensibilità”.

Bene, meglio tardi che mai; il problema è che questo disguido gli succede con una certa frequenza.

Intanto, però, la sua rubrica è stata sospesa (o soppressa); e questo, devo dire, un po’ dispiace, perché Gardin, quando sopra i panni del comico non indossa la casacca del militante, sa essere divertente.

D’altra parte, come scrive la consigliera Sara Ferrari in tema di femminicidio: “C’è un problema culturale da affrontare e in questo anche il ruolo della stampa è fondamentale. E non solo sul tema della violenza, ma più in generale sul linguaggio e l’atteggiamento sessista e discriminatorio che ne sta alla base, attraverso la riproposizione di pregiudizi e stereotipi di genere”.

Maurizio Fugatti

Ma fin qui siamo sul piano delle chiacchiere, per quanto sgradevoli. Ben più pesante è la cosa quando si tratta di decisioni assunte dal nuovo Governatore del Trentino. Anzi, di annunci, e qui sta il primo sbaglio: quello di comunicare un provvedimento prima di essersi debitamente informato e aver consultato le realtà che di quel certo tema si occupano.

Ma non è disattenzione, è la politica degli spot, che a Fugatti può essere utile per accreditarsi rapidamente come fedele interprete locale della cattiveria salviniana e quindi riavviare una campagna elettorale conclusa da poco in vista della prossima per le elezioni europee.

Così è per l’intenzione di militarizzare le chiese, e soprattutto per quella di allontanare dalla Residenza Fersina 40 migranti pakistani. Un approccio maldestro che giustifica dure reazioni e titoli allarmati: “Da venerdì niente pasti, poi senza letto” (Trentino).

Il governatore non smentisce l’eventualità che il gruppo di migranti torni a girovagare per le vie di Trento senza dimora” (Corriere).

Se la decisione fosse confermata - osservano i volontari - si tratterebbe di un provvedimento inumano e di prevaricazione. E anche controproducente: dove vanno questi 40 migranti? In piazza Dante? E poi ci si lamenta quando l’immigrazione diventa un problema di ordine pubblico?”. (Il Dolomiti)

È impensabile preferire che i migranti siano costretti a vagabondare in città invece di sapere dove sono, cosa fanno e dove dormono” (Andrea Maschio, M5S).

Crudeltà gratuita. Mettere per strada 40 persone in attesa della risposta alla loro domanda d’asilo lasciandoli senza cibo, ha come risultato quello di ingenerare insicurezza nella comunità”. (Emanuela Rossini, PATT).

Da venerdì scorso devono uscire alle 7 del mattino e tornare alle 10 in modo da non avere accesso al pranzo ed alla cena distribuiti presso la struttura. Insomma, se è stato scongiurato il rischio che i 40 pakistani dormano in strada, in condizioni molto pericolose viste le temperature dei giorni scorsi, in strada ci staranno comunque di giorno, e dovranno arrabattarsi per un pasto caldo”. (Trento Day).

Abbastanza omogenea la trattazione del tema da parte della carta stampata, con cronache sostanzialmente oggettive, alla rincorsa delle quotidiane precisazioni e mutamenti di rotta, ma che danno anche larga voce ai numerosi critici del progetto, ad alcuni che offrono ospitalità e agli stessi protagonisti della notizia, i pakistani.

Più accese le critiche sui notiziari web, in primis Il Dolomiti, ma perfino un sito filogovernativo come La Voce del Trentino non eccede negli entusiasmi.

Nei giorni successivi alle prime notizie la faccenda si rivela in tutta la sua complessità, e ancora mentre scriviamo non è ben chiaro quali soluzioni verranno trovate.

Siamo certi, naturalmente, che nessuno di quei migranti morirà di fame o di freddo e che nessun’altra crudeltà verrà esercitata nei loro confronti, a parte quella di considerarli dei pacchi che si possono spostare senza problema da un luogo all’altro. Ma comunque questa faccenda si concluda, Fugatti resterà quello della prima notizia apparsa, l’uomo che ha (meritoriamente) sgomberato dei migranti.

Un fruttuoso avvio di legislatura.