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QT n. 7, luglio 2020 Trentagiorni

Voli abusivi e uffici compiacenti. É finita?

Una legge impedisce il turismo con elicottero in alta quota, ma alcuni sembrano non curarsene

A più riprese abbiamo denunciato gli abusi impuniti dell’elicottero in quota. Una legge provinciale impedisce decolli ed atterraggi in montagna sopra i 1.600 metri, con le eccezioni del soccorso alpino e dei lavori in rifugi non altrimenti raggiungibili. Una norma logica, che tutela la tranquillità in montagna: nessuno – turista o alpinista o animale selvatico – ha piacere ad essere disturbato da un mezzo svolazzante e rombante in un ambiente che deve alla naturalità il suo pregio. Tanto più se il motivo dello svolazzamento è il diporto di qualche vip che ama trastullarsi in baite e rifugi, ma non approcciarvisi, come i comuni mortali, attraverso i sentieri montani.

Ora salta fuori che uno dei casi che avevamo segnalato (“Cani e porci in elicottero” su QT del settembre 2016 e “L’assessore, i piloti e le bionde” dell’aprile 2017) e su cui le autorità provinciali avevano dato non-risposte vergognose, ha attirato l’attenzione della magistratura amministrativa, che ha citato in giudizio un dirigente provinciale. L’episodio è importante, anche oltre la questione elicotteri, perché, come vedremo, sanziona un riprovevole comportamento arbitrario dell’amministrazione provinciale. Arbìtri che a noi risultano ripetuti fino ad essere usuali, a diventare cioè consolidato malcostume.

Vediamo innanzitutto il fatto. Un giorno di metà agosto del 2016 al rifugio Fuciade (raggiungibile a piedi dal passo San Pelelgrino, noto per la vista stupenda sulle Pale di San Martino come pure per la cucina raffinata), atterrava un elicottero condotto dal signor Lucio Cesaretti.

I turisti presenti, indispettiti dall’inatteso atterraggio dell’elicottero (siamo quasi a quota 2.000, ben al di sopra del limite dei 1.600 metri in cui è permesso l’atterraggio) allertavano un custode forestale. Alle contestazioni di questi, il Cesaretti rispondeva che il volo era autorizzato, in quanto aveva trasportato una persona disabile, salita al Fuciade per godersi il posto e il ristorante.

Motivazione inadeguata, cui seguiva la multa. Di cui però Cesaretti si faceva un baffo: decollato da Fuciade, si spostava alla baita Ciamp de le Strie, quota 1.950 metri, dove si beccava una seconda contravvenzione.

I verbali giungevano all’ufficio Trasporti della Provincia (dirigente Roberto Andreatta). Contro di essi faceva ricorso Cesaretti, che esibiva un piano di volo dell’aeroporto Caproni (da cui era avvenuto il primo decollo) attestante che si trattava di un volo “in deroga”, in quanto di addestramento, eseguito per permettere al pilota di mantenere il brevetto.

E qui le incongruenze si sommano: si trattava del trasporto di un invalido o di un volo di addestramento? Comunque entrambe le motivazioni risultano insostenibili, perché i ricchi invalidi non godono di particolarissime deroghe, e perché i voli di addestramento si fanno volando e atterrando dovunque, ma non in alta montagna. La deroga è per il volo, non per l’atterraggio in quota presso il ristorante sfizioso: se hai l’autorizzazione per una scuola guida non è che puoi effettuarla in un’isola pedonale.

A questo punto che fa la Provincia? Contro ogni logica accoglie, per quanto assurdo, il ricorso e toglie le contravvenzioni, che sommate totalizzavano 12.395 euro.

Il fatto è rilevante non solo in sé. Ma perché questo è l’andazzo: come denunciano le associazioni ambientaliste, da Dellai in poi gli uffici provinciali hanno preso l’abitudine di condonare le contravvenzioni dei forestali. Elicotteristi, cacciatori, generici sfregiatori dell’ambiente, quando ricevono una multa si fanno una risata: dopo il ricco pranzo a Fuciade vanno tranquilli a Ciamp de le Strie per il digestivo. Della legge che lo proibisce chi se ne frega, i provinciali hanno l’input di avere manica larga, larghissima sull’ambiente, e abbuonano tutto.

Questa volta però si è messa di traverso la Corte dei Conti. La cui Procura ha citato in giudizio il dipendente pubblico autore dell’inusitata assoluzione, contestandogli un danno erariale pari alle due multe svanite nel nulla, appunto 12.395 euro.

Ci sia permesso di dire: era ora. Speriamo che possa essere uno stimolo, magari brusco, per smetterla con gli arbìtri e con l’indifferenza verso le leggi e verso l’ambiente.