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Il Brasile tra Covid e “politicagem”

Il contagio è una faccenda politica, più che sanitaria...

Renzo Maria Grosselli

Secondo il governatore dello stato di S. Paolo, João Doria, le prime sei milioni di dosi del vaccino cinese Sinovac sono in arrivo. E altre 46 milioni le seguiranno a breve. In un paese, il Brasile, che ha sofferto sinora quasi 5,5 milioni di infezioni e 160.000 morti a causa del Corona Virus (su 210 milioni di abitanti).

Ma sulla pelle dei brasiliani si giocherà nelle prossime settimane e mesi una partita tutta politica. Perché se è vero che la popolazione è sfiancata e, con il suo tipico ottimismo e la sua vitalità sfrontata non vede l’ora di mettersi alle spalle questa pagina tragica della storia mondiale, risponde pure a verità il fatto che qui siamo in una terra di “politicagem” per dirla nel gergo popolare.

Al governatore Doria ha risposto a stretto giro di telegiornale il presidente Jair Bolsonaro: nessun ordinativo di vaccino cinese né ora né mai. Sconfessando così anche il suo ministro della Sanità, l’altro italo-brasiliano generale Eduardo Pazuello. In ogni caso sarà lui a decidere quale vaccino, in quali quantità e quando dovrà essere importato. Una presa di posizione che porta in sé tutte le stigmate di un fare politico quotidiano in una terra che dall’inizio dell’Ottocento, e col primo regnante venuto dal Portogallo, aveva cominciato a fare della politica una battaglia tra uomini e non di idee. “Politicagem”, appunto, accompagnata da una dose robusta di corruzione del comparto pubblico.

Non accadrà questo, visto anche che Doria dirige la macchina economica più poderosa di questo paese, lo Stato di S. Paolo, e che la gente si rivolterebbe contro il presidente. E visto che - ecco l’arcano - Doria per ora è il principale antagonista di Bolsonaro alla presidenza del Brasile (elezioni nel 2022).

Intanto siamo in attesa di sapere se il Coronavac, sperimentato pure sulla pelle del personale sanitario volontario brasiliano e che si è avvalso anche delle ricerche dell’Istituto Butantan di S. Paolo, arriverà davvero tra poco, seguito da altre 46 milioni di dosi. Mentre da Oxford si attendono buone nuove del vaccino inglese e un pochino italiano Astra-Zeneca. Tanti, tantissimi soldi: 2 miliardi di reais solo per iniziare, visto che servono almeno 2 dosi di vaccino a persona, e che quindi alla fine dovrebbero essere 420 milioni.

Il Brasile non è un paese in via di sviluppo ma un paese diversamente sviluppato. Qui c’è il massimo della modernità e il massimo dei consumi sfiziosi. La tragedia della povertà assoluta e della sofferenza totale. Che stanno sulla bocca di una cultura popolare che è la più bella del mondo, fatta di gente dolce, amichevole e “piena di festa”. Un popolo che, come gli altri, il Covid ha segnato. Non solo le file infinite di bare di semplici assi di legno grezzo, messe a giacere nella terra amazzonica di Manaus, ora di nuovo in panico, visto che mentre il Brasile da varie settimane vede diminuire il numero di casi, quella città vede invece proprio in questi giorni risorgere lo spettro. Con i tanti morti, ci sono anche le difficoltà economiche della popolazione e dei piccoli imprenditori; che come in tutto il mondo stanno chiudendo bottega a decine di migliaia. Qui, dove molta gente arriva a zittire la fame solo con gli aiuti dello stato, che tra un poco cesseranno. Cioè quella “borsa famiglia” che aveva inventato il presidente Lula e che Bolsonaro farà di tutto per cancellare.

Ma ora anche l’inflazione morde. Un paradosso? Il Brasile è una potenza mondiale assoluta per quantità di beni prodotti. Così nell’industria e così in agricoltura. Ed ecco allora che se il Covid sta inceppando le maggiori agricolture del mondo, qui invece aumenta la produzione: la Cina, ferma per un tempo ed ora più attenta, chiede più soia, più riso. E a Belo Horizonte e Porto Alegre aumenta il costo della bottiglia di olio di soia, alla base della dieta quotidiana non solo delle favelas e delle tante periferie disperate, ma anche della cucina delle classi medie. E va su il prezzo della carne bovina, che dai tempi della Colonia è un must assoluto qui, almeno nei suoi tagli meno pregiati. E il riso che si usa come noi facciamo col pane.

C’è anche un’altra ragione a spingere l’inflazione. La quotazione del dollaro americano che è nettamente favorevole per i produttori brasiliani. Che quest’anno produrranno, tanto per narrare, 136 milioni di tonnellate di soia e ne manderanno quindi negli Stati Uniti, in Europa e soprattutto in Cina, una enormità. Così prodotto e derivati hanno visto il prezzo andare su del 30% in Brasile. Quello della carne, per ora, del 5%. Dolori in più per chi è sempre stato “diversamente ricco” e per chi non ha nulla. Oltre al Covid e all’atavico sfruttamento.

Disciplinati, alla brasiliana

Eppur non si creda che in Brasile la gente faccia o possa fare meno di quella europea per stare il più possibile lontano dal contagio. Non sappiamo nelle favelas e nelle periferie peggiori delle metropoli (in cui un tempo, pur con tutte le precauzioni, anche gente come noi aveva potuto far capolino, ma che oggi per ovvie ragione sono ancora più off limits), ma nei quartieri anche poveri delle città tutti usano il sapone o il disinfettante molte volte al giorno. Che è disponibile in grandi quantità in negozi e uffici. E tutti o quasi, per strada e nelle piazze, oggi usano la mascherina. Per quello che abbiamo visto noi sinora nello Stato di Espirito Santo, il più oriundo-italiano degli Stati brasiliani ma anche al confine col problematico Nordest, la gente è attenta, giudiziosa. Magari al modo brasiliano. Con quel flash di eleganza e di malizia che è connaturato a questa gente. Così, mentre anche ai telegiornali si fa sfoggio di mascherine della più svariata foggia ed eleganza, ne è stata messa in commercio una transparente: “che possa farci apprezzare la bellezza del sorriso femminile”. Gooool, Brasil!

Qui come là i problemi sono quelli della scuola, del comportamento socializzante dei giovani, dei trasporti. Anche se le risposte della politica sono state spesso spicce. A scuola praticamente non si va più da sette mesi e con ogni probabilità, visto il Natale e le lunghe vacanze estive dietro l’angolo, non ci si andrà per un pezzo.

Per ora il negazionista presidente Jair Bolsonaro ha dovuto cedere, in parte, ai governatori di stato e lasciargli prendere le misure possibili per limitare l’epidemia. E anche, in maggio, ha cercato di migliorare i suoi indici di popolarità concedendo una serie di ammortizzatori sociali, sul tipo della cassa integrazione o di aiuti a pensionati, salariati, piccoli imprenditori piegati dal Covid. Lui che... la mascherina mai, lui che... anche dopo esserselo beccato il virus ha parlato ai giornalisti arrivando in mascherina e togliendosela con teatralità. Lui che come il presidente Trump (ma anche come sempre più gente in Italia) afferma che di qualcosa si deve pur morire, definendo la piaga dei nostri giorni come una “gripezinha”, un’influenzucola.

Intanto se ne vanno in preferenza gli anziani, anche se non solo. Ma un istituto di ricerca avanzata di Belo Horizonte, come ce ne sono tanti da queste parti, sta studiando vari casi di possibile reinfezione da Covid19. Addirittura dopo solo 90 giorni dalla scomparsa del virus nel corpo del malato.

Intanto nel paese il tasso di infezione diminuisce da settimane e si posiziona da poco sotto l’unità: cioè 100 infetti contaminano (a fine ottobre) 99 altri cittadini e qui e là anche meno. Ma “as praias” (le spiagge) sono dietro l’angolo: il tempo del mare e delle feste di Natale, l’estate e la voglia infinita di gioia, serenità e divertimento dei brasiliani potrebbero esplodere da un momento all’altro. E, per ora almeno, non sarà certo il governo a frenarla.

Il paese del resto non ha mai conosciuto un coprifuoco generalizzato. Lo stato che ha pagato di più, il motore economico del paese, è S. Paolo con 40.000 morti. Poi i piú di 20.000 di Rio de Janeiro e i quasi 10.000 di Ceará e Minas Gerais.

Certo, troppa politica però non si spaventa. Il senatore ed ex governatore di Roraima Chico Rodrigues (uomo che ha cambiato nella sua vita per 10 volte il partito di affiliazione), vice rappresentante del governo al Senato, è stato trovato pochi giorni fa dalla polizia federale con una mazzetta “nas nádegas”, come si disse qui. Cioè nelle mutande. Bolsonaro non ha detto nulla, il ministro del Supremo Tribunale Federal lo ha sospeso per 90 giorni dalla carica, ma la maggioranza dei suoi pari ha ripudiato il suo allontamento. E la stampa, già cinque minuti dopo, dimostrando una capacità di ironia che in Europa si conosce meno, lo sta chiamando “cuecão”. Cioè mutandone.