Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 4, aprile 2021 Trentagiorni

Il cinema Astra chiude: come rimediare?

Con la sua alchimia di spazi e proposte, pur nella sua anti-storicità era un luogo-luogo. Per questo forse, potrebbe riaprire altrove.

Il cinema Astra di Trento

Alla fine degli anni ’60 ho cominciato a frequentare sale cinematografiche diverse dal San Marco, il parrocchiale dove ero cresciuto. Rispetto alla casa della mia famiglia il cinema Astra stava dell’altra parte della città, in un quartiere nuovo, lontano, oltre la ferrovia. Un territorio sconosciuto e misterioso. Per questo forse ricordo perfettamente la prima volta che mi ci sono audacemente avventurato e che film ho visto. Si trattava di “Parigi Brucia?” di René Clément, del 1966. Ed è sicuro che fin laggiù ci sono arrivato obbligato da mio fratello più grande e più ardito di me, che attraversava quell’età in cui i ragazzi dell’epoca si appassionavano ai film di guerra.

Ricordo l’enorme atrio con appoggiato alla parete di fondo il gabbiotto della cassa. Ricordo il mio riguardo nell’avvicinarmi al contegnoso signore dentro il box di pietra, vetro e metallo, mentre notavo che il biglietto era più caro e le caramelle di marca migliore di quelle del mio parrocchiale. Era tutto un insieme di tangibili segni che distinguevano un cinema di città.

Dopo aver comprato i biglietti dei secondi posti, la platea, scendemmo un corridoio laterale a sinistra ed entrammo in sala. L’interno era buio e il film già iniziato, perché all’epoca non ci si preoccupava di arrivare in tempo per l’inizio della proiezione, tanto se mai si rimaneva per quella successiva, rivedendo anche tutto, era normale. Ciò che mi disorientò fu invece che l’entrata desse sulla metà sala più vicina allo schermo e non sui posti in fondo, come quelle che già conoscevo. Ricordo che era pomeriggio, che il film era in bianco e nero e non mi piaceva molto, che la sala era ancora poco riscaldata e che l’esperienza mi aveva lasciato un forte senso di estraniazione. Avevo esplorato una parte di città e conosciuto un nuovo cinema, ma allontanarmi così tanto dai miei percorsi abitudinari non mi aveva entusiasmato. Probabilmente è per questo che per anni ho considerato l’Astra un cinema periferico, poco accogliente, dall’architettura algida e austera, da scegliere solo in casi straordinari.

L’avrei rivalutato poi, verso la metà degli anni ’80, al mio ritorno dall’università di Bologna con una rinnovata passione per il cinema, in una Trento nella quale, d'altronde, non c’era molto altro da fare. All’epoca l’Astra era passato ai film di prima visione e vi aveva trovato ospitalità anche il cineforum Trento, due buoni motivi per riconsiderarlo. Insomma, la città era cresciuta e io pure, e quella sala non mi risultava più così remota.

Le cose sono andate anche meglio nel 2003, quando si è trasformata in multisala con bar annesso (poi anche ristorante), quindi luogo dove poter fermarsi a bere/mangiare, incontrare conoscenti ed amici, a confrontarsi e consigliarsi. Grazie alle tre sale la proposta cinematografica si è concentrata sul cinema di qualità, e la proposta si è arricchita di rassegne a tematiche varie, film restaurati, cortometraggi, le selezioni della Settimana della Critica del Festival di Venezia e altro. Continui ed interessanti anche gli incontri con gli autori tra i quali, oltre ad averne condotto qualcuno, ricordo un personale battibecco con Marco Tullio Giordana, in occasione della presentazione del suo film “Romanzo di una strage”, incentrato sulla figura del commissario Calabresi, in cui ho difeso un gruppo di anarchici che educatamente (e a ragione) contestava all’esterno della sala.

Ora la famiglia Artuso, da sempre proprietaria/gestrice del cinema, ha diffuso una lettera in cui ha comunicato la chiusura dell’Astra a fine 2021. La proprietà è stata venduta a dei costruttori che ne faranno appartamenti.

La crisi data dalla pandemia non c’entra niente e nemmeno c’entra una crisi economica o di sbigliettamenti. È stata una scelta della famiglia. Non è il caso quindi di scandalizzarsi, lanciare accuse astra/tte o inutili recriminazioni alla Facebook. È un peccato, ma è una proprietà privata e in quanto tale soggetta alle decisioni dei suoi proprietari. Punto.

Mi pare più interessante considerare che nonostante l’attuale trasloco di massa del cinema in tv, quella multi-sala, con la sua alchimia di spazi e proposte, poteva reggere ancora per anni, perché nella sua anti-storicità era un luogo-luogo.

Venendo a mancare il cinema Astra, in città si produce quindi un vuoto che è privazione del cinema di qualità, perdita di uno spazio di incontro, confronto e promozione culturale, col rischio di dispersione di un pubblico fidelizzato.

E dunque mi chiedo se ci sia qualche soggetto pubblico o privato intenzionato ad intervenire in qualche maniera. Magari anche associandosi per raccogliere la sfida di costruire una simile realtà per la città. E a quanto pare qualcosa sembra muoversi.

Per questo mi pare opportuno sottolineare che una degna prosecuzione dell’Astra non potrà essere una sala polifunzionale buona per tutto e niente. O un associazionismo per trasferire qualche rassegna cinematografica al Sanbapolis, che è uno spazio bellissimo, ma non è e non sarà mai un cinema.

O ancora l’organizzazione di proiezioni di opere datate con sistemi sorpassati.

Io immagino un luogo che oggi può avere senso solo se è capace di aggiungere altro alle sole proiezioni di film. Altrimenti le cinque sale rimaste sono più che sufficienti. Una realtà capace di promuovere, attrarre, stimolare, collegare l’arte cinematografica con il pubblico e il territorio. Una proposta capace di farsi spazio e laboratorio per incontrare e sostenere richieste. Parlo di un cinema attrezzato con il sistema DCP, per la proiezione di opere nuove e autorizzato alla stipula di noleggi cinematografici. Una sala dove far ritrovare e soddisfare un pubblico già esistente ed esigente. Uno spazio di occasione culturale e di comunità. Con una gestione esperta ed intelligente, che non improvvisa, ma che conosce e corrisponde il suo pubblico e il territorio, senza rinunciare ad aperture e collaborazioni, fuori dai recinti delle istituzioni paludate. Solo così il cinema ha senso come proiezione pubblica e fruizione collettiva. Così come ha dimostrato il cinema Astra ed ora si dovrebbe rilanciare - mi verrebbe da citare - verso l’infinito, ed oltre.