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Hasta siempre, AstrAntonio!

Antonio Marchi

Ci mancherà, è vero. Ma più che soffermarci sui motivi della chiusura o fare appelli alla solidarietà perché viva, si tratta di ritrovare quell’energia, quell’inquietudine, quella volontà che fa nascere un’esperienza; quella forza senza la quale l’esperienza non può svilupparsi: in questo senso la relazione tra le persone è fondamentale perché non si interrompa quell’esperienza a cui tantissimi di noi tengono. Esperienze che nascono da curiosità reciproche e da domande che riguardano noi come individui che ci sentiamo sulla stessa strada.

L’Astra è stato tanto di questo, la nostra casa, il nostro centro sociale. La sua forza? La professionalità di Antonio e una domanda riempita di energia che viene dall’esterno. Se in futuro si riuscisse a lavorare su questi due piani, allo stesso modo e con la stessa forza, sarà possibile produrre dei cambiamenti profondi e reali per la città, per la cultura, per il cinema. Hasta siempre, AstrAntonio.

L’Astra non è stato solo cultura, ma anche cibo, natura, buona politica, comunicazione. Cinema come espressione di un’umanità che viene raccolta e raccontata.

Immagini che vanno e vengono a formare l’armonia, nel rapporto col silenzio, col suono, col mistero della vita che scandisce la quotidianità degli uomini. Cinema come espressione di ciò che stiamo vivendo. Cinema che ha molto da dire rispetto ai tempi di una generazione di vecchi ormai spenti e di una generazione di giovani che ha difficoltà a credere che qualcosa possa cambiare, che ha voglia di fuggire da questa nazione e aspetta, in bilico su un tetto, che gli spuntino le ali per imparare a volare e intanto si rifugia nei sogni estinti di un’altra generazione.

Il cinema Astra è esempio di buon cinema, è il filo conduttore di spettacoli, incontri di studio, discussioni che consentono a chi lo frequenta di spaziare su quello che esce dalla magia della macchina da presa. Volendo esagerare direi che l’Astra è un cinema militante che fa di Antonio un regista e conduttore impegnato, preoccupato del sociale, offrendosi e prestandosi a un pubblico multicolore, in maggioranza donne, che lo segue e lo stima.

L’irrequietezza esistenziale è la caratteristica più tipica del suo modo di essere. Il continuare a mettersi in relazione con i nostri più svariati gusti, nella loro instabilità, il suo protendersi verso un sud ideale poco raccontato, un cinema documentario di volti e storie tragiche, di malversazioni e sfruttamento, di miseria e di oppressione.

Il suo rischiare e porre in crisi certe certezze (“Rosso Istria”) non per crearne delle nuove, ma per passare da un’esperienza all’altra in un processo che continua a riflettere sulle tragedie della guerra.

Cinema come punto di ripartenza che regala sprazzi di vita per ritrovare la forza e la voglia di credere in un mondo di speranza guardato con lucidità dolorosa.

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