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Come utilizzare il Recovery Fund in Trentino

Salvatore Ferrari

Nella Costituzione repubblicana (e antifascista) del 1948, tra i principi fondamentali, si fa esplicito riferimento alla necessità di tutelare “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” (art. 9). Purtroppo, dal secondo dopoguerra ai giorni nostri, i buoni propositi dei padri costituenti sono stati quasi sempre traditi. Paesaggio e patrimonio culturale contribuiscono, quali beni comuni, al benessere personale e collettivo, oltre a definire l’identità di un popolo e di un territorio, ma raramente sono al centro delle politiche nazionali, regionali e locali, se non come “beni di consumo”, come aveva lucidamente evidenziato il grande storico dell’arte Nicolò Rasmo (1909-1986), ultimo Soprintendente statale del Trentino-Alto Adige, in un intervento al convegno “L’insediamento turistico e residenziale nell’ambiente montano dell’arco alpino”, organizzato a Rovereto il 29 agosto 1970.

Dopo la ratifica da parte dell’Italia nel 2006 della Convenzione europea del paesaggio (sottoscritta sei anni prima a Firenze), anche in Trentino è tornata in auge la parola paesaggio, ripetuta come una formula sacra da politici, tecnici, opinionisti e ricorrente nella documentazione del Piano Urbanistico Provinciale del 2008. Alla prova dei fatti, però, le parole (e le buone intenzioni) sono rimaste sulla carta, come lo stop al consumo di suolo, disciplinato dalla nuova legge urbanistica del 2015. Anzi, le cose accadute nell’ultimo decennio e che continuano ad accadere nel quotidiano governo del territorio vanno in direzione “ostinata e contraria”, per riprendere – ma con un significato negativo – le parole della “smisurata preghiera” di Fabrizio de Andrè. Si affidano indagini, si scrivono rapporti, si approvano linee guida, si pubblicano atlanti, si aprono scuole, s’istituiscono osservatori, si organizzano convegni e corsi di formazione e di aggiornamento, si nominano commissioni con esperti internazionali.

Ma tutto questo aiuta realmente a tutelare il paesaggio trentino, e in particolare il paesaggio urbano, che ha (avrebbe) nei centri storici il suo fiore all’occhiello? Contribuisce ad attivare azioni preventive di salvaguardia o politiche sanzionatorie? Chi controlla l’applicazione di norme e regolamenti?

Lascio ai Trentini di oggi, non ai posteri, l’ardua sentenza. In particolare, le modifiche alla normativa provinciale in materia di urbanistica, introdotte con la legge finanziaria provinciale del 2013, rischiano di compromettere definitivamente i caratteri di pregio dei centri storici del Trentino, autorizzando interventi di demolizione su larga scala. Per evitare una radicale e incontrollata trasformazione dei nuclei di antica origine “con conseguenti gravi danni per l’identità dei luoghi, per la memoria collettiva e per l’attrattività turistica del nostro territorio” – per citare le parole di un importante studio del 2019 dell’Osservatorio del paesaggio trentino intitolato “Processi di trasformazione dei Centri storici in Trentino” - sarebbe opportuno elaborare Piani di recupero, restauro conservativo e riuso degli insediamenti storici, con l’individuazione d’interventi mirati alla conservazione e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, senza consumare ulteriore suolo per nuove costruzioni e utilizzando parte dei fondi europei post pandemia, destinati anche alla nostra Provincia.

A questo proposito, il primo marzo 2021, l’avvocato Gianluigi Ceruti, già vicepresidente nazionale di Italia Nostra e padre della Legge quadro sulle aree protette (Legge 394/1991) – che i Trentini conoscono bene per le battaglie legali promosse nei primi anni Duemila dalle associazioni di protezione ambientale contro le cave di tonalite in Val Genova e contro il collegamento funiviario tra Pinzolo e Madonna di Campiglio, contrabbandato come sistema di mobilità alternativa –, come promotore di un’iniziativa firmata da cittadini di ogni parte d’Italia (tra cui il sottoscritto), ha inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri, prof. Mario Draghi, la proposta di un “piano pluriennale di manutenzione dei beni pubblici e in particolare dei beni ambientali e culturali ai fini delle richieste di finanziamento di fondi europei”. Mi auguro che il Presidente Draghi e i ministri Cingolani, Franceschini, Franco e Giorgetti, impegnati sul dossier del Recovery Plan italiano, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, valutino con attenzione le proposte che arrivano dalla società civile.

Salvatore Ferrari, ex presidente della sez. trentina di Italia Nostra

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