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QT n. 2, febbraio 2022 Servizi

Covid e coop

In una ricerca, gli effetti della pandemia sul sistema cooperativo trentino.

Nelle scorse settimane, è stato presentato il rapporto Euricse sull’andamento delle cooperative aderenti alla Federazione trentina. Euricse (European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises) è una fondazione di ricerca creata per favorire la crescita e la diffusione di conoscenze e processi di innovazione delle cooperative, imprese sociali e organizzazioni non profit. Si tratta di un ente molto vicino al mondo della cooperazione trentina e ne esprime il vicepresidente.

Il rapporto mette anzitutto a confronto i dati economici e occupazionali precedenti alla pandemia (2018 e 2019) con quelli del 2020 e quindi, sulla base di interviste effettuate nella prima parte del 2021, descrive intenzioni, aspettative e scenari possibili per il 2022. Le interviste hanno coinvolto 208 cooperative (sulle 448 aderenti alla Federazione trentina) con un tasso di risposta del 69%. Ai fini di un confronto col 2020, va precisato che in generale il biennio 2018-19 era stato particolarmente favorevole per la cooperazione trentina e che pertanto il differenziale negativo (-3,1%) tra i due periodi non va necessariamente attribuito interamente alla pandemia, ma può essere anche frutto delle naturali dinamiche economiche.

Le cooperative si sono comunque mosse in un quadro economico locale – la provincia di Trento - dove la pandemia ha picchiato più duro rispetto al resto d’Italia, tanto che l'indicatore 2020 del PIL locale marca un peggioramento (-9,8%) più elevato rispetto a quello nazionale (-8,7%). In ogni caso, nel 2020 le coop hanno complessivamente generato un reddito di circa 1,6 miliardi. Questa ricchezza, fatta eccezione per il settore bancario, è stata destinata per la maggior parte alla remunerazione del lavoro.

A proposito di lavoro, il rapporto Euricse segnala che la pandemia ha causato i problemi maggiori alle cooperative sociali e di lavoro, dove il valore aggiunto 2020 è calato rispettivamente del 6,9 e dell'8,8%. Ovviamente, come altre imprese, le coop hanno potuto utilizzare i cosiddetti ristori e la cassa integrazione Covid erogati dallo Stato. Tuttavia, guardando all’intero comparto cooperativo trentino (31mila dipendenti), seppur a fronte di un calo di ore lavorate, le posizioni lavorative si sono ridotte in misura limitata (-2%).

Altro dato interessante è quello che segnala che nel triennio 2018-2020, le principali variabili economico-finanziarie (fatturato, liquidità, ammortamenti, ecc.) risultano migliori di quelle delle società di capitali.

Dall’analisi dei singoli settori, risulta che le cooperative di consumo hanno sofferto meno la crisi, anzi, che ne sono uscite rafforzate. Infatti, durante il periodo del confinamento (tardo inverno 2020), i negozi di vicinato hanno rappresentato spesso l’unico punto di approvvigionamento alimentare, specialmente nelle zone periferiche della provincia. Complessivamente, in confronto con gli anni 2018-2019, nel 2020 il consumo cooperativo ha fatto segnare un +10,5% di valore aggiunto.

Nel periodo preso in esame, le coop gestivano 355 punti vendita presenti in 153 dei 166 comuni trentini e in 92 l’unico punto vendita era quello associato alla Federazione trentina. La domanda che ci si pone ora è se questa fidelizzazione forzata abbia o no innescato una riscoperta della famiglia cooperativa rispetto alla dilagante offerta commerciale.

Poche conseguenze economiche a causa della pandemia anche in agricoltura (-3,3%), dove i confronti anno su anno del fatturato e del valore aggiunto risentono anche dell’andamento altalenante delle annate agricole. In specifico, il settore lattiero caseario, tradizionalmente debole, ha registrato contrazioni degli introiti, e qualche segnale di difficoltà è apparso anche per le cooperative vinicole, che hanno dovuto cessare per qualche tempo l'attività, non essendo rientrate tra quelle che le normative Covid ritenevano essenziali. In compenso il settore ortofrutticolo ha beneficiato di una spinta notevole: il lockdown ha infatti permesso di svuotare i magazzini di mele dalle frequenti giacenze.

Guardando al futuro, dalle risposte seguite al questionario, inviato a circa 200 aziende cooperative, i ricercatori hanno concluso che in generale la cooperazione non ha tirato i remi in barca, confermando gli investimenti programmati ante pandemia.

L’ultima parte del rapporto è dedicata all’analisi delle interviste rivolte al campione di 211 dei quasi 20.000 lavoratori delle cooperative sociali e di lavoro. Accanto a numerose informazioni sulla composizione anagrafica dei lavoratori, le tipologie contrattuali, i titoli di studio, ecc., la ricerca si è concentrata sulle soddisfazioni lavorative e sull’impatto del Covid sui singoli operatori.

Sarebbe troppo lungo esporre i tanti dati proposti; è però interessante segnalare una forte insoddisfazione (61,1% degli intervistati) per la retribuzione, insoddisfazione peraltro diffusa ma con valori inferiori anche in altri settori. Il malessere è elevato anche perché questi addetti si trovano spesso a operare fianco a fianco con colleghi meglio retribuiti poiché magari dipendenti di istituzioni pubbliche.

Tuttavia, nonostante l’insoddisfazione per i salari e a volte le condizioni di lavoro aggravate dalla pandemia, il 77% degli intervistati intende “restare il più a lungo possibile nell’attuale cooperativa”.