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QT n. 4, aprile 2024 Servizi

Ciclovia bollente per Fugatti

Il presidente a Riva per fermare la crescente opposizione al progetto

La ciclovia del Garda è diventata una questione politicamente bollente. Talmente bollente che due settimane fa, al Consiglio comunale di Riva convocato appositamente per discuterne, si è presentatoa sorpresa Maurizio Fugatti. E quando un presidente della giunta, nonché massimo sponsor di un’opera molto contestata, ritiene necessaria la sua presenza ad un dibattito comunale, per noi vuol dire che il livello delle critiche ha fatto scattare l’allarme rosso in Provincia.

La seduta era stata chiesta dal PD rivano per discutere i molti aspetti controversi dell’opera, sulla quale da un anno c’è un incessante battage del Coordinamento Interregionale di Tutela del Garda, che la ritiene pericolosa, costosa oltre che un delitto paesaggistico/ambientale.

A Riva Fugatti si è presentato con la “scorta” di ben quattro diversi tecnici (tra cui tre dirigenti provinciali) schierati a spiegare il progetto e a parare i colpi dei dubbi sollevati dai consiglieri di opposizione. Quattro ore di relazioni e risposte molto tecniche alle domande dei consiglieri di opposizione (e anche di qualcuno della maggioranza rivana). Quattro ore di Consiglio che hanno esaurito le energie dei consiglieri e anche del folto pubblico presente. Tanto che alla fine la discussione politica vera e propria sull’affaire ciclovia ha dovuto essere rimandata per sfinimento fisico di tutti quanti, ottenendo forse il vero risultato voluto da Fugatti e dalla sindaca Santi: disinnescare una discussione politica che in questo momento viene probabilmente percepita dai politici cicloentusiasti come pericolosa.

E probabilmente i loro timori avevano ragion d’essere, perché il lavoro degli ambientalisti del Coordinamento sta facendo breccia nell’opinione pubblica e questo potrebbe essere un bel problema per Fugatti. Anche perché i suoi argomenti a difesa della ciclovia, davanti al Consiglio comunale di Riva, lasciatecelo dire, sono stati un pianto.

Ve li riassumiamo: la ciclabile me l’avete chiesta voi (Comuni dell’Alto Garda) ancora nel 2019 dicendo che a Limone l’avevano già fatta e noi eravamo in ritardo; questa ciclabile ci porterà un vantaggio competitivo rispetto ai nostri confinanti e saremo un modello per gli altri; le modalità di costruzione della ciclabile le decidono i tecnici perché sono loro che sanno come fare.

Se questo fosse stato un classico tema a scuola, Fugatti avrebbe preso un bel “Fuori tema!”

Perché il problema non è ciclabile sì o no. Il problema è il come.

Secondo gli ambientalisti, ma anche secondo qualche dirigente tecnico provinciale (che opportunamente al Consiglio non era stato invitato) e secondo alcuni esperti ministeriali, oltre che vari esperti consultati dal mondo ambientalista, il tratto di ciclabile che copre la sponda ovest del lago di Garda, da Limone fino a Riva, non si può fare.

Una buona parte dei cinque chilometri e mezzo di costa del lago che portano dal confine con la Lombardia al centro di Riva sono un’unica grande falesia che precipita a picco sull’acqua. Per farci passare la strada dei ciclisti sarà necessario costruire un grande viadotto in ferro che sporge a sbalzo sull’acqua, fissato con pesanti travi di acciaio profondamente infisse dentro la roccia. Dal punto di vista paesaggistico un orrore anche solo ad immaginarlo. Ma non è questo il problema principale. Dalle falesie della costa occidentale del Garda scendono regolarmente frane di ogni dimensione. E per questo quel viadotto sospeso tra roccia ed acqua dovrà essere ricoperto da una “tettoia” (i tecnici la chiamano in altri modi, ma questa è la sostanza) protettiva. Una cosiddetta “opera di difesa” che dovrà sostenere i grandi massi che regolarmente cadono anche sulla attuale gardesana, perché le falesie sono una roccia fragile.

Siamo certi che ci saranno cadute di massi perché solo negli ultimi mesi ne sono cadute parecchie: una grande l’8 marzo scorso, quando un masso di 8 metri cubi di roccia è arrivato all’altezza della strada del Ponale e ha costretto alla chiusura della strada. Ma anche ad ottobre era caduta una frana proprio nella stessa zona. E poi quella caduta il 4 gennaio a Tremosine e un’altra a Limone il 16 dicembre dello scorso anno. E infine, proprio il giorno di Pasquetta, l’ultima in ordine di tempo: un masso caduto sulla statale gardesana, sempre a Limone, ha colpito un’auto, sfondato il parabrezza e fortunatamente lasciato illesa la guidatrice. Allora: quanto dovrà essere pesante e resistente la “tettoia” per proteggere i ciclisti? Che non hanno il guscio dell’automobile a ulteriore difesa?

Da ultimo, ma non proprio ininfluente, per fare quei cinque chilometri e mezzo si spenderanno oltre 70 milioni di euro. A conti attuali e senza calcolare possibili problemi in corso d’opera, ogni chilometro costerà in media oltre 12 milioni di euro. Ma se guardiamo solo al tratto del viadotto i milioni al chilometro salgono a 22 ciascuno. Il costo di un chilometro di autostrada. E quante volte dovremo riparare la “tettoia” e con quali costi, vista la frequenza della caduta di massi?

Poi ci sono altri costi “nascosti” che i tecnici provinciali hanno accuratamente evitato di calcolare. Ci sono infatti due punti, sul percorso del viadotto, dove non si sa come passare: due attività private (quella che tutti i rivani conoscono come Casa della Trota e l’Hotel Pier) che arrivano direttamente sul lago. Lì come si fa a far passare il viadotto? Ci stiamo pensando, hanno detto i tecnici al Consiglio comunale di Riva. Ma quanti soldi potrà costare sloggiare la Casa della Trota? Voci rivane dicono che i proprietari si sono detti disponibili a consentire il passaggio sul loro terreno. Ma pare che stiano già contando la montagnola di euro che chiederanno per evitare alla Provincia un lento e defatigante esproprio.

La questione dell’ Hotel Pier non è nemmeno pervenuta. Perché l’albergo perderebbe quasi tutto il suo fascino, visto che attualmente i clienti si godono il giardino esterno a pelo sull’acqua e da lì partono per fare windsurf.

Perché, dicono gli ambientalisti, non possiamo avere una intermodalità via acqua? Ovvero il ciclista arriva a Limone e prende il suo bel battello della Navigarda (che già fa questa tratta, basterebbe incrementare il numero di corse) fino a Riva. Intermodalità che è comunque prevista nel piano nazionale delle grandi ciclabili, di cui quella del Garda fa parte. La connessione bici-acqua, tra l’altro, viene usata già in vari posti in Europa.

Perché, dicono i tecnici provinciali, il ciclista non ama scendere dalla bici e vuole fare tutto l’anello del Garda senza mai scollare il culo dal sellino. A parte il dettaglio che questa affermazione non è sostenuta da nessun tipo di studio, dubitiamo che i cicloturisti decideranno di non farsi il meraviglioso giro del Garda solo perché ad un certo punto dovranno fermarsi a Limone e caricare la bici sul battello.

Purtroppo la questione di quel breve tratto di ciclovia (cinque chilometri e mezzo su un totale di 140) è diventata, ci pare, un punto di principio per Fugatti. Quasi un problema di riaffermazione del suo potere.

Ma noi siamo fiduciosi: la falesia, come vi abbiamo detto, sta facendo il suo lavoro e manda messaggi a frequenza sempre più intensa. Speriamo che in piazza Dante prendano nota.


Ambientalisti del Garda: l'unione fa la forza


Il 20 aprile prossimo faranno una grande manifestazione a Riva, ad un anno esatto dall’inizio ufficiale della battaglia della ciclovia.

Sono gli ambientalisti riuniti nel Coordinamento Interregionale per la Tutela del Garda, che esattamente il 20 aprile 2023 si trovavano per la prima volta di persona a Gardone per stendere i piani di battaglia contro un’opera che - soprattutto nel suo percorso tra Limone e Riva - considerano impattante, costosissima e soprattutto pericolosa.

Il lavoro incessante di un anno e più sta cominciando a dare frutti e per questo abbiamo chiesto a Marina Bonometti, portavoce trentina del Coordinamento, di spiegarci come si sono organizzati. Perché non era facile fare attivismo e, alla fin fine, politica, su un tema come la ciclovia del Garda, che si spalma su due regioni e una provincia, la nostra, svariati Comuni e con almeno un paio di ministeri che possono dire la loro. Se ogni gruppo ambientalista si fosse limitato al suo pezzetto locale, probabilmente non avrebbe potuto incidere granché.

“C’è stato un precedente nel 2018/2019 - spiega Bonometti - e si chiamava Comitato per la mobilità sostenibile del Garda: aveva una chat che si chiamava Ciclabile Tre Sponde. Questo per dire che avevamo fin dall’inizio la visione del Garda come una realtà unica. Avevamo chiesto alle istituzioni di partecipare, di essere consultati ufficialmente, ma ci hanno affossati nel silenzio. Però con qualcuno di Brescia e Verona eravamo rimasti in contatto. Poi avevamo visto lo scempio della ciclovia di Limone: abbiamo strabuzzato gli occhi per l’orrore, ma non ci siamo mossi. Poi hanno cominciato a fare anche il primo tratto rivano. Quindi l’inverno scorso (22/23) ci siamo detti: ‘Che facciamo con la ciclovia?’.

E abbiamo deciso di far girare una mail invitando tutte le associazioni ambientaliste che lavorano a livello locale per fare una riunione online. Il primissimo incontro di persona comunque è stato il 20 aprile 2023. Ci siamo trovati a Gardone nello studio di un architetto parte del gruppo e abbiamo cominciato a discutere i documenti. Da quel momento abbiamo cominciato ad incontrarci regolarmente, con riunioni settimanali online, tutti i lunedì”.

Le riunioni online, ci dice Marina Bonometti - sono state la chiave di volta: vedersi solo di persona sarebbe stato molto più difficoltoso e quindi meno produttivo.

Come avete organizzato il vostro lavoro?

C’è stata inizialmente una grossa fase di studio del progetto. E una fase di rodaggio del Coordinamento per conoscerci tra noi. Poi abbiamo deciso la nostra prima azione, una lettera aperta a tutte le istituzioni coinvolte: tutti i comuni, province, regioni rivierasche a cominciare però dal capo dello Stato. La lettera l’abbiamo mandata anche a Mattarella. Però gli uffici ci hanno risposto che non è competenza del Presidente della Repubblica.

Già dal 20 aprile 2023 avevamo scelto un nome, Coordinamento Interregionale per la Tutela del Garda. Abbiamo fatto la pec, la pagina facebook, abbiamo cominciato con il sito e pian piano abbiamo costruito tutto il sistema di comunicazione. Ci siamo organizzati al nostro interno creando gruppi di lavoro tematici e territoriali (Lombardia, Trentino e Verona). Poi abbiamo le nostre chat locali e la chat interregionale.

I gruppi di lavoro sono sia tematici che territoriali. Ci sono i referenti stampa, social, il tecnico-legale che studia la documentazione e i livelli di progetto. C’è un’ottima collaborazione tra noi e cominciamo a funzionare molto bene, siamo capaci di reagire immediatamente a quel che succede. La relazione tra di noi è un aspetto molto importante. Perché anche se non ci conoscevamo all’inizio, poi la motivazione è stata il motore. Abbiamo superato anche momenti di tensione interna”.

Quante persone sono operative?

Operative un venti/venticinque. E poi c’è un ampio numero di persone che partecipano e si mobilitano quando facciamo iniziative”.

In che modo uscite all’esterno?

Abbiamo cominciato facendo dei pannelli per una mostra, molto grandi. Li portiamo in giro per colpire, per informare. Poi un piccolo video clip dove una decina di persone toccano ognuna un aspetto della questione. Poi le conferenze: siamo già alla settima o ottava conferenza sulle tre sponde per illustrare il progetto generale e approfondire le caratteristiche dei vari tratti.

Fin da subito comunque abbiamo avvertito la necessità di informare. Ci siamo resi conto che c’era una totale disinformazione, magari a volte anche finta, da parte di qualche amministratore, ma in generale tanti amministratori con cui abbiamo parlato, che fossero di maggioranza o di minoranza, ci dicevano ‘Ma noi non ne sappiamo niente!’. Quindi ci siamo detti che era fondamentale informare. La cittadinanza qui è stata del tutto ignorata. Un processo di partecipazione non c’è mai stato in tutti questi anni e pensa che i primi passi del progetto sono del 2016”.

Avete fatto anche attività di lobbying?

Da ottobre scorso siamo riusciti a suscitare l’attenzione di alcuni parlamentari e consiglieri provinciali sensibili che hanno presentato interrogazioni sulla ciclovia. Poi, un mese e mezzo fa la senatrice Floridia ci ha detto: posso scrivere direttamente al Capo dello Stato. E allora le abbiamo mandato tutta la documentazione e stiamo aspettando”.

Quali le difficoltà maggiori che avete incontrato?

Abbiamo avuto difficoltà enormi di accesso agli atti. Abbiamo dovuto sollecitare molte volte e se nelle richieste sbagliavamo un indirizzo, non se la passavano da un ufficio all’altro, ma c’è stata anche la difficoltà di incontrare i responsabili. Spesso ci hanno ignorato totalmente. Qualche volta è dovuto intervenire il difensore civico, ad esempio quando non volevano darci il progetto preliminare.

Altro problema il rapporto con le amministrazioni per avere lo spazio per poter informare. Ci sono state amministrazioni che all’inizio ci dicevano di sì e poi, quando capivano esattamente cosa facevamo, ci negavano la sala. Quindi a volte abbiamo dovuto spostarci in sale private. Sicuramente le amministrazioni nicchiano, fanno finta di non sapere”.

Il Coordinamento ha soggettività giuridica? Per esempio per fare l’accesso agli atti?

Il Coordinamento non è un soggetto giuridico, ma facciamo gli accessi grazie alle associazioni che hanno personalità come il WWF o Italia Nostra o Legambiente che ne fanno parte”.

In questo momento il Coordinamento è molto impegnato sul tratto occidentale da Limone a Riva, ma quello non è l’unico problema che gli ambientalisti hanno trovato nel progetto complessivo della ciclovia. Su altri tratti, molto più indietro su progettazione e costruzione hanno riserve.

Il lavoro è appena cominciato.

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