Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 4, aprile 2024 Servizi

Inceneritore, l’imbroglio continua

Fugatti crea l’emergenza discariche e rilancia il progetto del termovalorizzatore. ?Nonostante le raccomandazioni dell’Unione Europea e gli esiti della raccolta differenziata.

Sembra pacifico che il Trentino debba costruirsi il suo inceneritore. Il presidente della Pat Maurizio Fugatti fortissimamente lo vuole, anche a costo di operare autentiche forzature, come vedremo. E il sindaco di Trento Franco Ianeselli si è già dichiarato disposto ad ospitarne la localizzazione.

Orbene, l’inceneritore in Trentino è una scelta illogica, costosa,anti-ecologica, contraria alla salute, agli indirizzi della UE, alle stesse buone abitudini che i cittadini della provincia hanno messo in atto in questi anni. Insomma, una scelta radicalmente sbagliata.

Vediamo perché. Innanzitutto una premessa: anche gli inceneritori “di nuova generazione” (come vengono sbandierati) devono sottostare alla legge di Lavoisier: “Nulla si crea, nulla si distrugge”. Tante tonnellate (di rifiuti) entrano, altrettante escono (in fumi e in residui inquinanti trattenuti dai filtri). In buona sostanza, il termovalorizzatore, che una volta veniva chiamato addirittura “termodistruttore”, non distrugge un bel niente,i rifiuti li disperde nell’aria, più una frazione, molto inquinata, che si dovrà comunque smaltire. Insomma, siamo ai limiti dell’imbroglio: la spazzatura nascosta non sotto il tappeto, ma – peggio – dispersa nell’aria.

Si dice: ma inceneritori ce ne sono in tutta Europa! Certo, e difatti si sta tornando indietro: la direttiva europea del 2017 sulla gestione dei rifiuti, ha iniziato a porre degli alt a nuovi impianti (“Va ridefinito il ruolo dell’incenerimento dei rifiuti...”) e invita gli Stati con elevata capacità di incenerimento, tra cui l’Italia, a “introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti”.

L’alternativa all’incenerimento? Non la discarica, che comporta altre criticità, bensì la raccolta differenziata. Cosa peraltro ben nota, è da anni che il Trentino la ha avviata. “Ma dopo la differenziata, rimane comunque un residuo” affermano i sostenitori dell’inceneritore. Qui sta il problema.

Il 5° aggiornamento del Piano provinciale di gestione dei rifiuti, che dà il via libera all’inceneritore, dà già per sviluppato, in tutte le sue potenzialità’, il sistema di raccolta differenziata “porta a porta”, nel quale il cittadino produttore di rifiuti è educato al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero e partecipa al ciclo dei rifiuti utilizzando appositi contenitori, distinti per materiale, che gli vengono controllati e ritirati alla porta di casa.

Sin dal 2005 il Comune di Trento, avvalendosi dell’esperienza del Comune di Torino, decise con proprio ordine del giorno di passare alla raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani “porta a porta” e così fece poi anche la Provincia. I Trentini risposero con molta attenzione alla sfida del “porta a porta” e la previsione dell’obiettivo della percentuale del 65% di raccolta differenziata, che si era dato il Comune di Trento prima e la Provincia dopo, fu presto raggiunto e superato, con picchi dell’80% in molti Comuni, ponendo la Provincia di Trento ai vertici italiani nel settore (vedi tabella a fianco).

Nella competizione virtuosa che spesso si affronta, ad esempio con la provincia di Bolzano, si nota che quest’ultima è rimasta al 66% di raccolta differenziata mentre la Provincia di Trento ha già superato il 79% (e l’80,4% secondo i dati ISPRA 2023).

Il punto è: l’80% è un dato non migliorabile, come sembra sostenere il Piano provinciale? Neanche per sogno. In tanti, come cittadini, abbiamo notato un rilassamento nell’impegno delle istituzioni nella raccolta rifiuti. Ne abbiamo già scritto in diversi articoli. E si vede dall’andamento della curva del grafico: dal 2014 in poi, la quota di differenziata aumenta, ma di molto poco. Non si sono cioè intraprese le azioni che proprio nel 2014, la stessa PAT sosteneva dovessero essere attuate.

Anzitutto esiste una stridente disparità dei risultati dei diversi ambiti: come si vede dalla tabella nella pagina seguente, la differenza tra la RD degli ambiti virtuosi, come Rotaliana o Fiemme, e quella degli ambiti evidentemente menefreghisti, come Alto Garda e Rovereto, è di un inaccettabile 20%, Si doveva quindi porre fine alla frammentazione dei sistemi di raccolta dei rifiuti, affermava la PAT nel 2014: “Dare un vigoroso impulso... superando l’inerzia mostrata da diversi Enti gestori”.

Nulla è stato fatto. Ma se si vuole, si può fare. Si può cioè allineare tutto il territorio provinciale ai migliori risultati, cioè l’85% di differenziata. Non solo: a seguito delle politiche ambientali UE - prima per importanza quella sulla riduzione degli imballaggi e quella sugli assorbenti igienici - è logico prevedere un ulteriore miglioramento. Che in Trentino si avverte già nell’area gestita dal Comune di Lavis, e in Italia nel Comune di Treviso, dove è stato raggiunto il 90% di raccolta differenziata.

In conclusione, portare la RD al 90% è un obiettivo realistico. Basta volerlo raggiungere.

La Provincia immobile.

Anzi, peggio

La PAT invece è rimasta immobile. Anzi, ha fatto di peggio. Molto peggio.

Ha creato l’emergenza. Per volontà o per insipienza non sappiamo, lasciamo ad altri giudicare.

Nel 2023 l’Addendum al V aggiornamento del Piano Provinciale di gestione dei rifiuti urbani, così asserisce: “Ci troviamo adesso nella situazione transitoria in cui non è più presente alcuna discarica attiva nel territorio provinciale né alcun impianto di chiusura del ciclo del rifiuto residuo. Pertanto si deve esportare fuori provincia tutto il rifiuto prodotto

Ma come? Cosa è successo? Nel precedente (il quarto) aggiornamento del Piano Provinciale la stessa PAT, basandosi sui dati del 2011, prevedeva un esaurimento delle discariche nel 2028. Nel frattempo, pur in assenza delle pratiche virtuose raccomandate, la RD ha continuato ad aumentare, i residui a diminuire; come mai si sono esaurite le discariche nel 2023, ben 5 anni prima?

I dati che riportiamo nella tabellina sono molto chiari: nel 2017 la Giunta Rossi diede la possibilità di conferire a Ischia Podetti i Rifiuti Speciali, cioè quelli prodotti dalle imprese, che hanno sempre seguito altre strade, che non dovrebbero andare nella discarica dei Rifiuti Urbani, e – per capirci – non possono essere neanche conferiti all’inceneritore. Erano saliti i prezzi di smaltimento dei rifiuti speciali negli appositi siti e la Provincia, prima con Rossi, poi con Fugatti, decise di aiutare le imprese aprendo loro i cancelli di Ischia Podetti, per di più a tariffa molto conveniente (160 euro a tonnellata). Un aiuto in sé non condannabile, ma che se ne infischiava delle conseguenze, mandando a quel paese il Piano dei rifiuti e le discariche: nel 2018 si conferirono in discarica, oltre ai Rifiuti Urbani, anche una quantità abnorme di Rifiuti Speciali: 272.000 tonnellate, contro le 5.000 dell’anno precedente, e le 43.000 di Rifiuti Urbani!

Nell’anno successivo i Rifiuti Speciali tornano a livelli meno macroscopici (25.000 tonnellate) ma pur sempre 5-10 volte maggiori degli anni precedenti; per completare l’opera, non ci si è nemmeno più curati dei Rifiuti Urbani che, contro le dinamiche precedenti, si sono messi a salire anch’essi.

Insomma, in un solo anno si sono gettate in discarica tante tonnellate quante nei nove anni precedenti; e poi si è andati avanti a dilapidare il tesoretto costituito dai residui metri cubi disponibili nelle discariche.

Siamo sicuri che tutto questo sia avvenuto nella perfetta legalità. Comunque la Giunta Provinciale dovrebbe spiegare come e perché è avvenuto questo stravolgimento del ruolo delle discariche, e quindi il loro conseguente esaurimento. Non ci si può svegliare all’improvviso e dire: le discariche sono esaurite, presto presto, occorre l’inceneritore! Le discariche si sono esaurite perché qualcuno, con provvedimenti sciagurati, le ha portate a quel punto.

E ora?

Comunque questa è la situazione. Naturalmente teniamo ben presente che chi ha gestito irresponsabilmente le discariche sono gli stessi che ora vogliono affibbiarci l’inceneritore; però con i frutti del loro operato, ossia con i dati attuali, dobbiamo pur sempre fare i conti.

Allora facciamo due calcoli. Non consideriamo i Rifiuti Speciali, che confidiamo siano avviati agli appositi conferimenti, e che comunque nulla c’entrano con i termovalizzatori, rigidamente riservati ai Rifiuti Urbani. Rifiuti Urbani, la cui produzione complessiva oggi è di circa 266.000 t/a (tonnellate/anno). Come abbiamo visto, la differenziazione al 90% è un obiettivo del tutto realistico: rimarrebbero quindi 26.600 tonnellate da sistemare. In teoria. In realtà, causa errori e imperfezioni nella differenziazione, una parte della differenziata – circa il 12% - non è tale, e va quindi ad aggiungersi al residuo indifferenziato, che pertanto diventa di 42.000 tonnellate. A questo punto va messo in gioco l’impianto di TMB (trattamento meccanico biologico) di Rovereto, fino ad oggi fortemente sotto utilizzato, che opera un’ulteriore selezione di materiale riciclabile, e produce CSS (combustibile solido secondario, utilizzabile in molteplici impianti, dai cementifici alle centrali per il teleriscaldamento) e materiale biostabilizzato (da conferire in discarica con attività biologica residua molto limitata).

Ci sono altre partite secondarie (rifiuti ingombranti, residuo dello spazzamento stradale, tessili sanitari cioè pannolini e pannoloni). Considerando pure queste – e qui ci appoggiamo alle valutazioni di vari tecnici, tra cui quelli delle associazioni ambientaliste, che hanno prodotto un corposo documento, presentato alla Giunta Fugatti ma ovviamente da essa ignorato – i risultati sono i seguenti: 11.000 tonnellate vengono ulteriormente riciclate, 9.000 conferite in discarica (che impiegheranno 28 anni a riempire il nuovo catino di Ischia Podetti, che ha una capacità di circa 250.000 t), 22.000 da bruciare, in cementificio, inceneritore, centrale termica.

Ecco, alla fine ci vuole l’inceneritore, dirà qualcuno. Ma figuriamoci!

L’inceneritore bolzanino

Infatti c’è l’inceneritore di Bolzano, con cui abbiamo un accordo per uno smaltimento – remunerato - di nostri Rifiuti Urbani per 18.000 t/a. Ora, si dice, Bolzano potrebbe tirarsi indietro. Ma qui dovrebbe subentrare anzitutto la politica, con la Regione che dovrebbe attivarsi per porre in sinergia il sistema dei rifiuti trentino con quello sudtirolese (come peraltro si dovrebbe fare anche nel controllo delle emissioni e della depurazione delle acque). Inoltre l’inceneritore bolzanino, dimensionato per 130.000 t/a avrà bisogno , per funzionare a pieno ritmo, di ulteriori rifiuti, in quanto il Sudtirolo, in base alle norme UE, dovrà aumentare la percentuale della sua differenziata dall’attuale 66% ad almeno il 75%. Insomma, non solo per motivi politici, ma anche tecnici ed economici, Bolzano può accogliere tutto il residuo rimastoci al termine di una differenziazione virtuosa.

Con una corretta politica dei rifiuti l’inceneritore è quindi inutile. E’ anche un’impresa improbabile, costosa e che in ogni modo non risponde all’urgenza sbandierata: ricordiamo che per costruirlo occorreranno 7-8 anni, e quindi non risolve alcuna “emergenza”. E’ poi un impianto improbabile. Viene previsto per 81.000 t/a: una cifra troppo alta per quelle che sono le esigenze del Trentino, anche ipotizzando che si continui a dormire e a lasciare la differenziata alle percentuali attuali. Con il percorso sopra indicato le tonnellate da bruciare sarebbero 22.000, troppo poche per un corretto funzionamento: gli inceneritori funzionanti hanno tutti dimensioni superiori alle 100.000 t/a, anzi viene stimata sulle 400.000 t/a la dimensione minima ottimale.

E’ infine costoso: 154 milioni, la cifra ipotizzata, molto ottimistica: questo è stato l’importo speso per l’impianto di Bolzano, ma eravamo 13 anni fa, e in mezzo i costi delle costruzioni hanno galoppato.

Sui rischi sanitari delle polveri sparse nell’aria del capoluogo e destinate ai polmoni dei cittadini, molto ci sarebbe da dire. Rimandiamo a un’altra puntata.

Concludiamo invece, vedendo la mitica chiusura del ciclo dei rifiuti, che sarebbe assicurata dall’inceneritore.

Storie, non chiude un bel niente. L’impianto di Bolzano produce – oltre a quelle disperse nell’aria - una quantità di ceneri pari al 23% dei rifiuti in ingresso. Con l’impianto di Trento avremmo circa 18.000 t/a di ceneri pesanti (rifiuti speciali) da conferire in discarica e circa 3.500 t/a di ceneri leggere (rifiuti pericolosi) da conferire in miniere all’estero. Se questo non è un imbroglio...

Nota

Le varie fonti, tutte ufficiali, da cui riportiamo i dati, difficilmente concordano su essi, talora anche all’interno dello stesso documento. Ma sono variazioni di poco conto, che non inficiano il discorso complessivo. Lo segnaliamo comunque al lettore più attento, che non si adonti se trova piccole contraddizioni tra i numeri che abbiamo presentato.

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.