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Risveglio di popolo

Dal Gay Pride alla protesta degli insegnanti, dei pensionati, dei difensori della Palestina... L'impegno ritorna sulle strade.

In Sudtirolo è raro vedere manifestazioni cui partecipino molte persone. Eppure nell’estate appena finita ci sono stati più avvenimenti significativi che hanno contraddetto questa affermazione. È come se negli ultimi mesi, - forse di fronte all’abisso dell’umanità, - ci sia stato un risveglio. Molte persone e moltissimi giovani hanno partecipato a manifestazioni pubbliche su tematiche “trasversali” rispetto a quelle dei fronti politici, che non emozionano più nessuno.

Alla fine di giugno, il primo “Pride” del Sudtirolo, manifestazione LGBTQIA+, ha visto 5.000 persone sfilare per la città, attraversando i ponti e le piazze, in una atmosfera “di gioia collettiva, non di paura e ostentazione”, come ha detto la presidente di Centaurus. Vi hanno partecipato non solo i diretti e le dirette interessati/e, ma numerosissime associazioni giovanili e tantissime persone singole. È stato come un boato, che ha fatto emergere la voglia di libertà e di novità nella società sudtirolese, agghiacciata dall’aria di destra-destra, e una richiesta di rispetto delle differenze. Il successo imprevisto e sorprendente è stato davvero merito dell’impegno civico, anche perché, a differenza che in molte altre città e regioni, il sindaco del capoluogo ha rifiutato il patrocinio del Comune all’iniziativa. Nessun esponente della maggioranza in Provincia ha partecipato, neppure il presidente Kompatscher, che aveva fatto in precedenza una dichiarazione a favore dei diritti di tutti, ma risulta isolato nella sua maggioranza.

Nella giunta provinciale ci sono esponenti ferocemente critici verso i diritti di genere: il vicepresidente (FdI) si è rifiutato di usare la sala stampa, dove era stata esposta una bandiera arcobaleno, che secondo lui è “divisiva”. Da segnalare invece la sindaca di Merano, unica Svp che ha partecipato all’evento.

Ma il Pride non è stato l’unico segnale di risveglio nella società altoatesina. In estate i docenti delle scuole di lingua tedesca e poi anche di lingua italiana hanno creato un movimento di protesta, chiedendo stipendi decorosi e il recupero dell’inflazione. Caricati di lavori crescenti, spesso non per il bene dei loro scolari e studenti, ma piuttosto per soddisfare la furia burocratica della Provincia, hanno annunciato e deciso e poi messo in atto uno sciopero delle attività extra.

La scuola è cominciata il 5 settembre, e gli insegnanti hanno ripreso il loro lavoro, ma non organizzano gite, visite a musei e teatri, e tutto ciò che non è strettamente attinente alla docenza. La partecipazione è forte, tanto che ne risentono diverse istituzioni culturali che da sempre lavorano con le scuole. Gli insegnanti chiedono rispetto e maggiore salario. A pochi chilometri, al di là del confine, in Austria e in Germania, è stata recuperata l’inflazione, e la paga era già comunque più alta. I dati dei giovani sudtirolesi che studiano fuori dal confini e non ritornano sono impressionanti: clima di lavoro migliore, maggiore democrazia, il merito (non le parentele o le fedeltà di partito) premiato, e poi salari più alti.

I politici si sono sprecati in lodi per l’importanza dell’istruzione, per il futuro dei giovani e per le minoranze linguistiche, che hanno bisogno di istruzione e cultura per salvaguardarsi. Ma la retribuzione degli insegnanti è umiliante, rispetto alla media sudtirolese.

In Sudtirolo come in tutta Italia, l’ingiustizia fiscale punisce chi paga le tasse. Qui inoltre, l’inflazione, la più alta d’Italia, falcidia la capacità di spesa di persone e famiglie a reddito fisso. Alla mancanza di politiche per garantire abitazioni a prezzi accessibili, si aggiunge l’esplosione dei prezzi degli alimentari e di ogni cosa. La nuova giunta comunale di Bolzano fa sgombrare i rifugi d’emergenza dei senzatetto, una buona parte dei quali lavorano. Arriva a minacciare chi regala tende e coperte. E i numeri dei letti per l’emergenza freddo (che in realtà non è un’emergenza, ma un fenomeno stabile), sono stati ridotti di più di un terzo.

Sulle ragioni di queste mobilitazioni hanno dato un contributo importante, nella scorsa estate, anche pensionati e pensionate, che hanno portato la loro protesta e proposta in piazza, a Bolzano, Bressanone, Merano e Brunico. E riprende il 30 settembre. I sindacati dei pensionati, CGIL/AGB e Cisl/SGB, hanno elaborato una piattaforma come base delle rivendicazioni di cui vogliono discutere con i politici. Hanno alzato la testa in una società che spesso considera la pensione come una concessione dello Stato o della Provincia, senza tenere conto di dove provengono quei soldi. Rivendicano “il riconoscimento della dignità e il diritto a quei servizi che gli spettano, dopo una vita di lavoro e di privazioni”, in quanto cittadini e cittadine che hanno dato un contributo essenziale, anche economico, alla crescita della provincia. E anche ora continuano a fare la loro parte: gli anziani sopperiscono alla mancanza di asili nido e di scuole per l’infanzia; aiutano le famiglie anche finanziariamente, sono attivi nel volontariato e nelle associazioni sociali. Non vogliono quindi essere visti come dei mendicanti, quando chiedono cure decenti e aiuto nella fase avanzata della loro vita. Da queste considerazioni partono le loro richieste, che vogliono continuare a portare all’attenzione dell’opinione pubblica. E tuttavia non si limitano a far emergere una situazione grave e ingiusta, ma nel manifesto ne denunciano le cause e indicano i modi per affrontare la situazione. Chiedono la separazione fra previdenza e assistenza: i pensionati hanno pagato la loro pensione, dicono, bassa o alta che sia, ma mettere insieme la spesa per l’assistenza fa sì che un governo come quello Meloni negli ultimi due anni abbia potuto aggredire drasticamente i redditi da pensione e i redditi fissi. “Non vi è stato nessun recupero dell’inflazione. E non si è fatto nulla per recuperare i 90 miliardi di evasione fiscale, ma neppure i 140 miliardi di contributi sociali non versati, scoperti, ma non recuperati. La tassazione è progressiva per dipendenti e pensionati, - questi ultimi soli versano 60 miliardi nelle casse pubbliche -, ma non per i redditi da capitale, che in alcuni casi è solo del 26% o addirittura del 12,5 per cento”.

Il documento ricorda anche che nei prossimi anni la generazione dei Boomer, - i nati fra il ’44 e il ‘64, - raggiungeranno la vecchiaia e avranno bisogno di sostegno. “La politica dovrebbe occuparsi molto di più di questo problema, ci vuole una discussione fra politica e partner sociali, anche nell’interesse delle prossime generazioni”.

Ma mentre si spreca fra feste e inaugurazioni di Olimpiadi e tunnel megalomani, nella sanità sudtirolese non esiste la riabilitazione delle malattie croniche, che permetterebbe a molti di vivere dignitosamente e più a lungo.

Chissà se ci sarà nelle piazze e nelle strade del Sudtirolo un incontro fra generazioni per trovare insieme le soluzioni dei problemi di una politica indifferente al futuro e troppo attenta agli interessi di speculatori e ricconi? Per trovare soluzioni abitative per giovani e anziani, per lavoratori e lavoratrici stagionali e intermittenti, anziché scatenare la speculazione perfino sugli studentati finanziati con il PNRR? O invece di riempire la città di alloggi di presunto lusso, come nel progetto Benko (ancora in prigione in Austria)?

Palestina libera!”

Il culmine di questa nuova voglia di farsi sentire e di partecipare alla vita pubblica, di fare presenti i pensieri e le proposte del popolo, è avvenuto il 22 settembre, per la manifestazione a sostegno dello sciopero indetto dai sindacati di base per supportare la Sumud Flottilla, che vuole portare cibo e bene essenziali alla popolazione civile di Gaza. Una folla così, su una questione così difficile, non si era mai vista. “Palestina libera/Free Palestine”: gli slogan hanno unito giovani e vecchi, spinti dalla stessa angoscia di fronte allo sterminio in corso e dall' indignazione per il comportamento del governo italiano. Non solo una reazione all’orrore, ma anche una critica alle scelte dei governanti in Italia e in Europa per la scelta di spostare i soldi dei bilanci verso le armi da guerra, distraendoli dalla sanità e dalla scuola. Gli studenti, anche dell’università, i giovani in gruppi, le associazioni femministe, le sostenitrici e sostenitori di Emergency e di Medici senza frontiere, hanno gridato insieme con la speranza che qualcosa accada, che salvi le vittime di un governo criminale.

La generazione del dopoguerra sente come inimmaginabile ciò che accade. Sono coloro che si sentivano europei, figli di un’Europa nata perché non ci fossero più guerre, per favorire i diritti umani e il benessere di tutti e per accogliere chi fuggiva da guerre e ingiustizie. Ora si sentono orfani. L’Europa che già ha tradito i suoi ideali con l’austerità spietata verso i poveri e la connivenza con i corrotti, e ha umiliato la Grecia. Sono la generazione che ha criticato i propri genitori per non aver saputo capire che cosa stava accadendo nei lager nazisti. Ora l’Europa vuole trascinarci in una guerra finale, dove non andranno i figli di Draghi o Merz o von der Lejen, ma, come sempre nella storia, i figli dei poveri.

Politici che mettono corone nelle commemorazioni, ma ignorano ciò che disse Erasmo da Rotterdam già nel 1509: “È meglio una pace iniqua di una guerra equa”; o il monito del Presidente Pertini: “Svuotate gli arsenali e riempite i granai”. Oggi l’Europa, che doveva essere un esempio nel mondo per i diritti umani (anche questa una presunzione fatale, ma noi l’abbiamo creduta una speranza universale), ha una classe politica che ci trascina verso l’abisso.

Con questi pensieri, 1.500 persone hanno sfilato sotto una pioggia battente, parlandosi, consapevoli della responsabilità di ognuno, vecchi, giovani, bambini, uomini e donne, italiani, tedeschi, ladini, palestinesi, africani, ecc. Ognuno rappresentava coloro che in Europa e nel mondo rifiutano le guerre e non riescono più ad assistere allo sterminio di decine migliaia di persone e all’indifferenza mostruosa dei politici che parlano a nome di un’Europa che somiglia molto di più al Minotauro che alla fanciulla rapita da Zeus nel mito greco.

Infine: strano il silenzio e l’indifferenza dei dirigenti del partito etnico del Sudtirolo di fronte al progetto del presidente degli USA di spostare tutto un popolo in altri paesi di lingua e religione simile. Non pensano alla dolorosa esperienza sudtirolese delle opzioni? O mentono quando ne ricordano la sofferenza?

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