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Un dibattito sfasato

Caso Margherita Cogo-bianchetto: il processo mediatico c’è stato per davvero, ma vi ha partecipato solo la difesa, rappresentata da alcuni politici-avvocati impegnati a dimostrare che l’assessora non ha commesso alcun illecito perseguibile penalmente: quello della Cogo verso il proprio partito - argomenta ad esempio l’avv. Luigi Olivieri - era un impegno morale, senza alcun obbligo. E Loreta Failoni, vicesindaco di Tione, dopo aver evocato l’ombra del complotto (gli accusatori sono “oscuri personaggi che mirano solo a un titolo, a due righe su un quotidiano”) conclude che comunque quelli erano “soldi suoi privati, di cui poteva disporre come meglio credeva”.

L’amico Renato Ballardini ne fa invece una questione di buon senso: è assurdo ritenere che una persona intelligente si sia comportata in maniera così maldestra, dev’esserci sotto qualcosa. Ma, ammette, “non so cosa”.

Ci tocca a questo punto ripetere quanto già scrivemmo tempo fa, e su cui ritorniamo ampiamente anche a pag. di questo numero: ha un’importanza relativa che il comportamento della Cogo si configuri o no come un reato, resta l’evidenza di un atteggiamento censurabile nei confronti del suo partito.

E difatti i commenti di politici e cittadini comparsi sui quotidiani battono su questo tasto, ignorando l’aspetto tecnico-giudiziario della vicenda. “Con tanta amarezza - scrive il consigliere Bruno Dorigatti del PD - penso a quei tanti militanti che in questi anni hanno speso il loro tempo, la loro vita al servizio del partito, senza mai chiedere nulla. Non possiamo accettare che vi sia un assessore che ha ricevuto moltissimo dalla politica ma è sospettato di poca correttezza. Non possiamo perdere consensi per la poca etica del gruppo dirigente del PD”. Un intervento che raccoglie numerosi consensi, dal sindacalista Ezio Casagranda all’avvocato Sandro Canestrini, fino ad un lettore che assicura: “Se voterò ancora PD sarà solo per merito di Bruno Dorigatti”.

“Penso sia più importante essere puliti e perdenti che vincenti e bugiardi. Finché non muterà questa situazione, non darò il mio voto al PD” - scrive un lettore, e diversi altri lanciano la stessa minaccia. Né si può dare torto a quel signore - probabilmente un elettore di destra - che chiede ai difensori della Cogo “se sarebbero intervenuti allo stesso modo se il presunto sbianchettatore fosse stato Cristano De Eccher”.

“Il problema vero, insomma - ribadisce scrivendo al Corriere Lorenzo Lorenzoni, assessore a Lavis - è politico e morale, non giuridico... Il grande problema della politica di oggi è quello di tornare ad essere credibile” e “con il suo comportamento la signora Cogo non ha (più) la credibilità per rivestire cariche pubbliche”.

Concetto ribadito, sull’Adige del 9 aprile, da Pietro Chiaro, ex magistrato a Trento: l’attenzione dei commentatori “innocentisti” ha dimenticato “l’aspetto più delicato della vicenda, cioè quello comportamentale... La sinistra deve buona parte della sua crisi alle crepe che essa ha mostrato proprio sul piano del rigore morale, che è sempre stato una delle sue componenti identitarie. Questo era il vero ambito di discussione sollecitato nei confronti della consigliera Cogo che, mi spiace dirlo, con il suo comportamento... ha tradito la fiducia del partito e dei suoi elettori”.

Ma vogliamo aggiungere di più. Ammettiamo pure che Margherita Cogo non abbia infranto la legge. Ammettiamo addirittura che l’assessora sia rimasta vittima di un fantomatico disguido o addirittura di un oscuro complotto (ma sono pure ipotesi di scuola: alle accuse, fino ad ora, non sono state date dall’interessata spiegazioni alternative). Qualunque cosa sia successa, resta però il fatto incontestabile che all’interno della sua area politica di riferimento la fiducia in lei è venuta meno. Sicché Margherita Cogo bene farebbe a mettersi da parte. O no?

È su questo che dovrebbe incentrarsi la discussione.