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Il sociologo dello zio Tom

Enzo Rutigliano e i "boveri negri".

Discutere di immigrati con un leghista educato è imbarazzante. Quei loro argomenti, così stolidi e violenti al di là del tono con cui sono espressi, richiedono una replica sferzante; ma l'interlocutore, che abbiamo ipotizzato ben educato, ne resterebbe offeso. Ti costringi allora a stare sotto le righe, ed è un auto-controllo doloroso.

Nel nostro caso è ancor peggio: l'autore dell'intervento comparso sull'Adige del 14 giugno è peggio che un leghista gentile: è addirittura un sociologo, uno che prossimamente ci pare interverrà da relatore a un corso di aggiornamento per insegnanti sui diritti dei popoli: il dott. Enzo Rutigliano.

Davanti alla frivola sicumera del suo argomentare, il nostro imbarazzo per le ragioni sopra dette è massimo; e ad evitare intemperanze e querele, ci limiteremo a commentare stringatamente alcune sue affermazioni.

"Doveva accadere presto o tardi anche da noi...: gli islamici hanno chiesto di poter mandare le loro figlio nelle nostre scuole velate con lo chador, di avere classi esclusivamente femminili, di poter studiare il Corano e di avere insegnanti italiani che conoscano l'arabo. (...) Insomma, come se i nostri emigrati in Usa o in Belgio, avessero preteso che gli insegnanti americani e belgi conoscessero l'italiano".

Quest'ultimo pare a Rutigliano un argomento formidabile per dimostrare l'assurdità delle richieste della comunità islamica, e invece fa autogol. Non sarebbe forse stata una misura di civiltà, consentire che i figli dei nostri emigrati fossero aiutati da insegnanti che conoscessero la loro lingua ad inserirsi nella nuova società? Il dott. Rutigliano sembra ignorare, oltre tutto, che già da tempo esistono nella scuola italiana sperimentazioni in questo senso, con figure di "mediatori culturali" che anche in Trentino hanno dato ottimi risultati. Ed è dei giorni scorsi la notizia che nelle scuole dell'infanzia di Bologna sono previsti, per i piccoli musulmani, menù rispettosi delle loro prescrizioni religiose: è un segno di accettazione e di rispetto, che costa poco e favorisce dei rapporti distesi. Perché no?

Il sociologo prosegue poi spiegando che "integrazione significa che la cultura ospitante non emargina quella ospitata e quest'ultima accetta... le regole di convivenza che la cultura ospitante si è data. Per gli islamici in Occidente... significa invece voler imporre... le loro regole, le loro usanze, la loro cultura ".

Gli islamici quelle regole le chiedono per sé: non credo vogliano imporre il velo alle italiane. Ma se gli immigrati, per essere accolti, devono rinunciare anche a consuetudini innocue come quelle citate, a che si riduce l'integrazione? Alla gentile concessione di un posto letto in un ostello e di un lavoro magari in nero ad un rassegnato redivivo zio Tom?

Faticosamente, Rutigliano riesce infine a spiegarsi: quelle richieste "tenderebbero - se accettate - a riportare molto indietro la nostra cultura, per esempio relativamente alla emancipazione femminile ". Bisogna sapere, infatti, che "le culture non sono tutte uguali. Alcune sono molte avanti sulla via della emancipazione, del progresso, della tolleranza, delle istituzioni democratiche. Altre sono assai indietro: sono le culture della infibulazione, dello scannare i bambini per motivi religiosi, delle stragi etniche, eccetera".

Qui il nostro imbarazzo raggiunge il culmine e ci chiediamo: non meriterebbero qualche considerazione le secolari porcherie perpetrate dall'Occidente? E anche in tempi recenti, la pulizia etnica è una pratica estranea a noi europei? E ancora: le comunità islamiche chiedono forse l'infìbulazione, magari gratuita alla Usl? E quella dei bambini scannati, che storia è?

Ultima domanda: è troppo semplicistico pensare che il limite fondamentale all'accoglimento di richieste da parte di una corposa minoranza siano le leggi italiane (dunque, niente matrimoni fra minorenni, niente poligamia, ecc.)?

Quanto al progresso e all'emancipazione femminile, diciamo pure che coprirsi la faccia con un velo è scomodo e crudele: ma se la ragazza per prima lo desidera, che facciamo: glielo impediamo per legge? Le modernizzazioni obbligatorie che il nostro sociologo sembra auspicare, non hanno una storia gloriosa: e oltre tutto non hanno nemmeno dato molti risultati (vedi l'ultimo Scià di Persia, i cinesi in Tibet, i Khmer Rossi...). Ma secondo lui la strada è obbligata: "L'Occidente ha questo compito. Non può cedere di un solo millimetro".

L'aspetto più deprimente di questo intervento è la totale incomprensione delle dinamiche che possono favorire o evitare i conflitti: non è indispensabile essere "anime belle" (l'ironica definizione è di Rutigliano) per appoggiare le richieste islamiche. E' una questione di informazione e buon senso. L'aver negato alle minoranze certi "diritti di cittadinanza" particolarmente sentiti ha avuto ovunque, come reazione, un compattamento degli immigrati sulle posizioni più radicali sul piano politico, e retrive su quello culturale, in una ricerca di identità che guarda all'indietro, perché nella nuova patria la strada in questa direzione è sbarrata. Ma il dott. Rutigliano, che lo sappia o no, ci indica la strada del ghetto. Da un sociologo, francamente, ci aspettavamo un po' più di esprit de finesse.