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Destra Adige: paesaggio dopo la battaglia

L'esempio di come un paesaggio armonioso e di qualità sia stato sacrificato ad una industrializzazione selvaggia.

Mariano Giordani

E' con piacere che la rubrica "Trentino da salvare" ospi ta l’intervento di Mariano Giordani, sindaco di Villa Lagarina, sul territorio della destra Adige presso Rovereto, esempio sintomatico di come un paesaggio di qualità, basato su un’armoniosa integrazione di campagne coltivate a vigne e a frutteti e di nobili borghi segnati da emergenze architettoniche, quali chiese, castelli, palazzi e manufatti di archeologia industriale, sia stato sacrificato a un’industrializzazione e a una viabilità aggressive, senza un programma che mirasse ad equilibrare le esigenze ambientali e quelle economiche.

L’area in questione, come mostrano le foto, forse ha perso per sempre le potenzialità di un turismo culturale, che caratterizza invece altre zone meno fortunate ma più rispettose, e questo nonostante gli sforzi encomiabili dell’attuale amministrazione di Villa Lagarina di invertire una tendenza finora semplicemente distruttiva.

* * *

Quando nel lungo viaggio in Italia, Goethe nel settembre 1786 si trovò ad attraversare la Valle Lagarina, rimase colpito particolarmente dalle recinzioni delle campagne fiancheggianti le strade e dall’usanza presso i contadini di scoraggiare i furti d’uva spruzzando sulla stessa una soluzione di calce ("calzina"): "Per un buon miglio la via prosegue fra muriccioli, al di sopra dei quali si scorgono i tralci delle viti; altri muri, non abbastanza alti, sono rialzati a bello studio a furia di pietre, di rovi e non so che altro, per impedire ai viandanti di spiccare i grappoli. Molti proprietari di vigneti spruzzano sopra i filari più maturi una specie di calce, che dà un disgustoso sapore all’uva, ma non arreca alcun danno al vino, perché la fermentazione ne espelle ogni traccia".

Cosa osserverebbe oggi il moderno Goethe che in macchina per l’autostrada transitasse per la Valle Lagarina verso sud e volgesse il proprio sguardo sulla parte destra dell’Adige? Sicuramente non gli è più dato vedere il bianco della calce ne l’azzurro verde del verderame, dimenticato nella lotta antiparassitaria sostituito, ahimé, da incolori prodotti chimici di sospetta nocività.

Le stesse campagne, ristrette in asfittici lembi, hanno cambiato veste: non più quel disordine naturale che mescolava la vite con il gelso, il frumento con i frutteti, ma ordinate e geometriche costruzioni di pergolati e meli a spalliera.

Ma ciò che maggiormente emerge al frettoloso ma attento viaggiatore è il disordinato sviluppo edilizio sia civile che artigianal-industriale che scardina l’equilibrio territoriale con presenze mortificanti.

E’ questo un aspetto particolarmente visibile e riscontrabile nell’ambito di Villa Lagarina, dove un’ampia zona artigianale-industriale si impone in modo arrogante, comprimendo la visione di un territorio di grande valenza storico-ambientale. Improbabile la ricerca di responsabilità, che affondano in un comune senso del sentire che tende a relegare la difesa del territorio a un gradino piuttosto basso nella scala dei valori, e questo a partire dai primi anni Sessanta, quando si inizia a tracciare l’importante arteria dell’Autobrennero per farvi transitare le culture e le economie dell’area mediterranea e del mondo germanico.

Si sacrificava, così, sull’altare della velocità e del progresso, metà del paese storico di Chiusole (antico porto fluviale), innescando un artificioso svincolo autostradale a Villa Lagarina.

Da allora l’entrata e l’uscita autostradale divenivano riferimento e termine di paragone per lo sviluppo locale.

Si insedia così la "Cartiera Vallagarina" (o è per la cartiera che si realizza lo svincolo?), un imponente edificio che assicura per un ventennio lavoro ad oltre quattrocento dipendenti (oggi 150 circa), un vero toccasana per le economie di molte famiglie (compresa la mia), ma pur anche una "mazzata" poderosa sulla cultura, i ritmi e la tradizione del territorio.

Con la cartiera si innesca un effetto domino all’inverso, con costruzioni che spuntano come funghi senza programmazione, con lottizzazioni approssimative e come risposta a pressioni contingenti.

Sfuggiva agli amministratori e alla base della comunità la consapevolezza del territorio come valore e risorsa da valorizzare in termini turistici e agroturistici. Gli stessi strumenti urbanistici di pianificazione provinciale e comprensoriale spingono per l’ampliamento delle realtà produttive e sulla centralità viaria ed economica di Villa Lagarina creando un’intossicazione di traffico e inquinamento dell’aria e delle acque al quale si porrà un rimedio soltanto in tempi recenti.

Per la viabilità si ipotizza una nuova strada destra Adige e nell’attesa si assiste all’ampliamento della nuova zona artigianale, che si determina proprio nello spazio ricompreso dallo spostamento della nuova S.P. 90.

Lo storico cinquecentesco campanile della parrocchiale S. Maria Assunta sembra sprofondare sempre più dietro le nuove costruzioni dalle forme, dai colori e dalle tecnologie postmoderne.

E’ un circolo vizioso al quale è difficile se non impossibile sottrarsi.

Occorrerebbe una vera e propria rivoluzione culturale fatta di coraggio, lungimiranza e visione storica a tutti i livelli, capace di coinvolgere istituzioni, opinioni provinciali e locali per un programma di rivalutazione dei valori originali del territorio.

Su questa strada si è già incamminata l’amministrazione comunale con un programma di recupero e valorizzazione delle valenze storico-ambientali con progetti mirati alla rivalutazione del centro storico, al recupero museografico dell’antico filatoio, all’istituzione del museo diocesano a Palazzo Libera, alla tutela del biotopo di Cei, e tutto questo per invitare il moderno Goethe a non fermarsi alle prime ingannevoli apparenze, ma a fermarsi per scoprire i preziosi e nobili valori che si aprono immediatamente dietro la cortina di cemento e lamiere.

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