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QT n. 3, 5 febbraio 2000 Servizi

Piste e sicurezza

L’assessore ferma scialpinisti ed escursionisti, ma intanto motoslitte e rumori occupano la montagna.

Il Trentino apre le sue montagne all’assalto delle motoslitte e dei gatti delle nevi: viene poi assicurata una discesa avventurosa, con slittini o bob, oppure, per i più timorosi, rimane sempre la possibilità di farsi accompagnare con i mezzi a motore. Una proposta turistica che ha dello schizofrenico. Mentre sono sempre più numerosi gli operatori turistici che denunciano l’omologazione della montagna alla città o le pesanti imitazioni delle località balneari e chiedono un’inversione di tendenza, le nostre APT marcano con forza la scelta dell’aggressione, l’offerta del chiasso, delle discoteche in quota, dei rally, dei percorsi in motoslitta "nel cuore della natura selvaggia".

Ma l’assessore Benedetti riesce a fare di più, e meglio. Si accanisce contro gli scialpinisti che per allenarsi dopo una giornata di lavoro strappano alcune ore alla notte per salire le piste con pelli di foca, o contro quanti vanno ancora alla ricerca di sensazioni intime, della solitudine e in notti di luna piena vagano su strade forestali e ridiscendono le piste. Da qualche tempo questi escursionisti venivano fermati dagli operatori degli impianti e minacciati di contravvenzioni in conformità ad una legge provinciale del 1987 che vieta la pratica dello sci sulle piste dopo la chiusura degli impianti. Fino a ieri tutto si risolveva in un vivace battibecco fra i protagonisti, il tutto seguito da brindisi di saluto e auguri nel rifugio di fondovalle. Questo fino a dicembre, quando sulle piste di Andalo gli impiantisti hanno chiamato i carabinieri per fermare e multare ciclisti famosi: Fondriest, Casagrande, Simoni. Tutto nel nome della sicurezza ovviamente.

Sappiamo come gli scialpinisti siano persone atleticamente preparate, si presume svegli quel tanto che è sufficiente a farli girare alla larga dagli ingombranti e pericolosi mezzi battipista e quindi siano in grado di valutare il pericolo che la loro persona corre in un eventuale impatto. Si sa anche con certezza come in tutto il Trentino siano alcune decine le persone che svolgono con continuità simili allenamenti e un centinaio quelli che approfittano delle splendide notti che una luna piena regala.

L’assessore è tornato a riaffermare la correttezza di questi divieti dopo il grave incidente che è costato la vita alla giovane Luisa Marocchi sulla pista di Campiglio mentre scendeva con il bob. Questo zelante assessore invece non ha nulla da dire nei confronti delle motoslitte che transitano perfino durante la giornata lavorativa sulle piste o che invadono spazi liberi. Anzi, tramite le APT pubblicizza una montagna divenuta circo per tutti, i rifugi in quota si possono raggiungere anche di notte, si cena e si ridiscende, ovviamente lungo le piste.

Quali le garanzie di sicurezza? Nessuna, e lo si è visto proprio a Campiglio. Queste serate coinvolgono generalmente persone non preparate ad affrontare la severità della montagna, soggetti che hanno conoscenza parziale di alcune leggi fondamentali dell’escursionista: è quindi inevitabile che quanto accaduto a Campiglio possa ripetersi. Tante volte la fortuna ci ha assistito in situazioni di emergenza, ma vi sono casi dove l’errore o la superficialità, o la buona fede e la fiducia portano a conseguenze irrecuperabili. E’ ipocrita quindi gettare colpe e accuse sui ragazzi che hanno accompagnato in quota le due giovani o sulla velocità dell’auto che saliva su una strada ghiacciata e non collaudata verso malga Ces.

Le due tragedie sono state favorite dalla pubblicità organizzata dalla nostra APT, da chi permette il transito dei veicoli a motore in condizione di grave rischio, sia per il turista sia per l’operatore. Contraddicendo anche l’assessora verde, non è poi vero che nel nostro Trentino la legge forestale sia sufficiente per fermare le motoslitte: come vediamo tutti i giorni, questi mezzi passano per boschi, strade forestali e comunali, raggiungono le quote più alte, disturbano la fauna selvatica nel periodo di maggiore fragilità, e nessuno interviene per fermarle. La Provincia che pubblicizza la natura intatta ed il paesaggio, favorisce l’avanzare dell’artificiosità in montagna e si accanisce invece contro una minoranza che ricerca ancora la fatica per salire e ridiscendere. La Provincia che parla tanto di sicurezza pubblicizza attività e ricreazione ad alto rischio.

Che sia proprio impossibile chiedere un minimo di coerenza? E specialmente rispetto per l’ambiente naturale?