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Un kamasutra politico

Gli autoritratti che i nuovi sindaci danno di se stessi nelle interviste del giorno dopo: confusione nell'orientamento politico, carente interesse per la trasparenza ecc. Speriamo sia solo carenza di comunicazione...

Il 17 maggio scorso, tre giorni dopo il voto per il rinnovo delle amministrazioni comunali trentine, L’Adige ha pubblicato delle brevi schede di presentazione di circa 160 dei nuovi sindaci: dei brevi "ritratti" compilati dai protagonisti stessi in risposta ad una decina di domande - serie, ma alcune anche frivole - preparate dal giornale.

Poco ci interessa, ovviamente, sapere per quale squadra di calcio tifino questi amministratori pubblici, sapere che i loro hobby preferiti sono soprattutto attività sportive e passeggiate in montagna e che quando si mettono in viaggio privilegiano l’area mitteleuropea (ma una segnalazione merita comunque Daniele Baldo, sindaco di Aldeno: nel suo ultimo viaggio è andato a Katmandù in motocicletta...).

Più significativo, soprattutto se fosse possibile un confronto con situazioni precedenti, è il dato riguardante il titolo di studio: una quarantina di loro sono laureati, oltre 70 diplomati, gli altri con licenza media o elementare.

Quanto all’orientamento politico, una prima analisi la troviamo sull’Adige del 18 maggio, dove si nota che "in Trentino il Biancofiore non appassisce mai e ha tuttora saldamente in mano il governo del territorio". Infatti, esaminando le risposte alla domanda su cosa hanno votato alle regionali del ‘98, e mettendo assieme Margherita, CCD, Centro-Upd, e un generico "centro, "risulta che oltre il 60% dei sindaci fa riferimento all’area in passato occupata dalla Democrazia Cristiana".

Ma accanto a questa presunta rinascita della DC, ancor di più colpisce una certa confusione che emerge dalle risposte date ad un’altra domanda, quella riguardante la collocazione politica che i 160 sindaci si attribuiscono. Infatti, finché si tratta di indicare la forza politica per cui si è votato, è quasi inevitabile essere precisi (anche se diversi sindaci, anziché citare un partito, indicano una persona: Gilmozzi, Valduga, Pallaoro, Panizza, Benedetti, "un concittadino", "un amico"..., ed anche questo atteggiamento ci pare significativo, e non positivamente). Ma quando si tratta di indicare la propria collocazione politica, ecco che il cosiddetto "spirito del maggioritario" esce distrutto.

Se - poniamo - un elettore del Partito Popolare venisse richiesto di definirsi, cosa potrebbe dire di sé? Che è un popolare, appunto; o un seguace della Margherita; o che si riconosce nel centrosinistra. Nel sondaggio dell’Adige questa logica salta: se dieci neo-sindaci si dicono di centrodestra e 30 di centrosinistra, un’altra sessantina di loro si definiscono semplicemente "di centro", altri dieci "moderati", più una lunga lista di definizioni fantasiose che hanno in comune una cosa: il rifiuto di schierarsi in maniera netta. Troviamo così il "moderato di centrosinistra", quello "di centro più a sinistra che a destra", il "riformista moderato" , un timido "di centro, più a sinistra che a destra", un accomodante "destra-centrosinistra", un generico "non estremista", fino ad un equanime "moderato con apertura a destra e a sinistra", che più che un sindaco sembrano le istruzioni per montare un armadio.

La confusione è tanta, e non apparente, come ci dimostra il primo cittadino di Mazzin di Fassa (è di centro-destra, ma ha votato Margherita), quello di Bleggio (è di centro-sinistra ma ha votato per il Centro-Upd), e quello di Ronchi: è autonomista, nel ‘98 ha votato Forza Italia e il leader che più ammira è Sergio Cofferati. Come si vede, un vero kamasutra politico.

Un’altra considerazione che emerge dalla lettura di questi autoritratti, riguarda il senso civico e l’amore per la "trasparenza" dei nuovi sindaci.

Su 160 intervistati, quasi uno su tre rifiuta di rivelare per chi abbia votato alle regionali di due anni fa, e tre sindaci addirittura ammettono di aver disertato le urne.

Alla domanda successiva, su come si collocano politicamente, gli astenuti sono una trentina.

Circa 50 rifiutano di rivelare l’entità del proprio reddito.

Una settantina, infine, quando gli si chiede di fare il nome di un leader politico che considerino come proprio punto di riferimento, non indicano nessuno.

E nella risposta a questa domanda, ecco riemergere la grande ombra dell’antica DC: su un centinaio di nomi fatti (qualche sindaco indica più di un leader), la metà di essi riporta al grande ex partito: con Giulio Andreotti che si piazza al terzo posto, dopo Prodi e Ciampi.

Concludiamo con un doveroso accenno alle dichiarazioni rilasciate dal sindaco di Fai della Paganella, un vero monumento alla comunicazione e alla trasparenza: Qual è il suo reddito? "Non lo so". Partecipa ad associazioni? "No". Qual è la squadra del cuore? "Nessuna". Cosa non farà come sindaco? "Non lo so". Come si definisce politicamente? "Non mi definisco". Come ha votato alle regionali? "Non mi ricordo". Quale politico nazionale ammira di più? "Degli attuali nessuno".