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Parcheggi a Trento

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E' stata avanzata da parte dell’Amministrazione comunale una proposta per un nuovo parcheggio multipiano da realizzarsi dietro l’Ospedale S.Chiara. Tale progetto è stato giustamente giudicato in modo negativo e respinto dalla Commissione Urbanistica del Comune sia per l’enorme impatto visivo della struttura prevista, formata da due corpi, l’uno di sei metri d’altezza, l’altro di ben tredici, sia per l’ubicazione assolutamente infelice. Il parcheggio verrebbe, infatti, a collocarsi a ridosso del Parco di Gocciadoro, deturpando così uno dei più importanti patrimoni naturali della nostra città.

Questo episodio si presta tuttavia anche ad un altro tipo di considerazioni, relative ai criteri con cui la nostra Amministrazione comunale affronta, o meglio evita di affrontare, la cruciale questione di un ridimensionamento del traffico automobilistico privato per Trento e all’interno della città.

La notizia di un nuovo grande parcheggio, sia esso realizzato in un edificio multipiano oppure nascosto nelle profondità del terreno, potrà anche risultare gradita a quanti giornalmente si scontrano con la difficoltà di trovare spazio per l’automobile, ma la realtà non è così rosea. Infatti: 400 posti sono stati prenotati dalla Provincia per i dipendenti dell’ospedale, circa 200 sono quelli attualmente esistenti e che spariranno con la nuova costruzione e quindi solo un centinaio saranno quelli che costituiranno il "grande beneficio per il quartiere". Si potrà affermare che allora era migliore l’ipotesi iniziale di 1000 posti complessivi (ridimensionata in uno slancio di attenzione per altro che non sia l’uso dell’automobile privata), ma non è così!

Questo modo di affrontare il problema del traffico privato, realizzando parcheggi che sono definiti di testata ma che sono in realtà di penetrazione nel centro urbano, non solo non risolve il problema degli abitanti ma nemmeno quello dei pendolari. Infatti l’aumento dei parcheggi nel centro cittadino attira ben più veicoli dei posti auto disponibili, come dimostrato da tutte le esperienze in tal senso e aggrava quindi solo l’intasamento delle vie da parte di quanti rimangono alla ricerca di un luogo per la sosta; inoltre il miraggio di una illusoria, maggior possibilità di parcheggio distoglie potenziali utenti dal trasporto collettivo. Si fa riferimento alla futura fermata della metropolitana di superficie: appare fuori luogo appellarsi ad un sistema di trasporto integrato che, per sua definizione, ricorre all’interscambio al di fuori dell’ambito centrale e quindi per le provenienze dalla Fricca o dalla collina deve fare riferimento alla stazione di Villazzano e non a fermate più centrali.

Che fare allora? Rassegnarsi al solito vecchio metodo che pretende di risolvere il problema del traffico urbano privilegiando il mezzo privato rispetto a quello pubblico o cercare di imboccare vie nuove e non utopistiche? L’uso dell’automobile, generalmente da parte di un unico passeggero, deve essere contrastato sia favorendo lo sviluppo della rete di servizio collettivo, sia modificando le abitudini dei pendolari, a partire dallo stesso posto di lavoro.

In tal senso può essere interessante prendere in considerazione concretamente la figura del "mobility manager", introdotta in Italia dal decreto del Ministero dell’Ambiente del 27.3.98, che ha la funzione di organizzare e promuovere azioni di "marketing" finalizzate alla valorizzazione delle modalità innovative per soddisfare gli spostamenti casa-lavoro. E’ evidentemente una figura che ha senso solo se affronta gli spostamenti di grandi numeri di lavoratori e quindi che deve rivolgersi alle grandi aziende; l’Azienda sanitaria e la Provincia in generale sono sicuramente realtà che, per l’elevato numero di dipendenti, non dovrebbero sottrarsi a quest’impegno, favorendo quindi direttamente alcune modalità di trasporto a discapito di quelle più dannose per la qualità della vita. La figura del mobility manager è nuova e da verificare con i risultati che raggiungerà, ma là dove è stata sperimentata (ad esempio a Berna e Zurigo), i primi dati sono incoraggianti, portando ad una riduzione della domanda di parcheggio privato fino al 20%. In pratica le aziende, invece di investire nella realizzazione di nuovi posti macchina per i propri dipendenti, contribuiscono alla campagna di incentivazione dell’uso del mezzo pubblico, sia direttamente con buoni per l’acquisto di abbonamenti, sia indirettamente introducendo criteri di selezione e tariffe per l’uso dei propri parcheggi interni.

Il ritorno economico è notevole, sia per il risparmio dei costi di costruzione delle nuove strutture (per il parcheggio della Bolghera sono previsti 16 miliardi!), sia per la possibilità dell’azienda di fruire gratuitamente per un certo periodo di spazi pubblicitari sui mezzi pubblici, a contropartita dell’impegno posto nell’incremento del numero di utenti.

Le vie per affrontare il problema del traffico in maniera innovativa ci sono; quello che sembra mancare sempre a Trento è il coraggio di intraprenderle, preferendo invece ripercorrere vecchie strade anche se si sono già dimostrate fallimentari.

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