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QT n. 22, 9 dicembre 2000 Monitor

Schonberg e Weill: Vienna vs. Berlino

Nuova occasione per verificare quanto sia restio il pubblico ad avvicinarsi alla musica moderna. Non erano molti gli spettatori per questo concerto, che pure non presentava particolari difficoltà di ascolto. Rispetto ad una serata di musica contemporanea l’affluenza è stata incoraggiante, ma si potrebbe migliorare ancora. Arnold Schönberg è effettivamente un nome che incute un certo timore. Di questo innovativo compositore germanico si è ascoltato il difficilissimo concerto per pianoforte e orchestra op.42, egregiamente interpretato da Thomas Larcher.

Dopo la crisi del linguaggio musicale seguita alla produzione di Mahler, Schönberg effettuò una ricerca tendente alla valorizzazione di tutti i suoni, per superare alcune gerarchie implicite nel sistema tonale; da qui l’atonalità e, in seguito l’approdo alla dodecafonia, che rappresenta in una certa maniera anche un ritorno. In questo alveo si situa la composizione del concerto per pianoforte ed orchestra op.42, in cui la serie di dodici suoni in rapporto reciproco tende a fare trionfare il timbro. La frequenza delle dissonanze non concede riposo né all’esecutore, né all’ascoltatore, che è così quasi coinvolto nella concentrazione del pianista. C’è recupero e ripensamento nei temi orchestrali, che sembrano cercare la strada verso forme classiche. Lo spettro ottocentesco torna, ma è lacerato da schegge musicali impazzite. "Begleitmusik zu einer Lichtspielszene", cioè, musica d’accompagnamento per una scena da film, è esattamente quello che afferma di essere, anche se, come un personaggio in cerca di autore, nasce prima della scena da film da accompagnare, e ne rimane priva.

Altri toni compaiono nei fraseggi jazz di Kurt Weill. L’uso di trarre una selezione di brani da un’opera per eseguirli in forma di suite è pratica antica. La suite da "L’opera da tre soldi" nasce appena quattro mesi dopo la prima rappresentazione dell’opera stessa. Curiosa occorrenza dal momento che, in epoca di marchi registrati, Weill non doveva certo temere saccheggi della sua opera da parte di terzi, come sarebbe potuto accadere ad un compositore dell’epoca di Mozart. Privilegiando i fiati, questa suite si ritaglia uno spazio particolare rivaleggiando con la famosa "Dreigroschenoper". Brecht elogiava la capacità di Weill di accogliere linguaggi diversi nella composizione. Weill svela gli schemi e per garantire l’immediatezza semplifica, senza rendere scontato. Con semplicità e leggerezza la musica di Kurt Weill ha aperto e chiuso la serata; il concerto è terminato sulle note della "Suite Panaméenne", ancora una partitura nata per accompagnare un testo teatrale

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