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“L’acqua”

Jacques Sironneau, L’acqua. Asterios, Trieste, 2000, pp.115 , £.14.000.

Per rappresentare il rapporto tra la Fortuna e la Virtù, cioè tra le forze imprevedibili della Natura e gli uomini capaci di determinare la Storia, Niccolò Machiavelli ricorre ad una similitudine tratta dal mondo dell’acqua. Il caso è paragonato a "uno di questi fiumi rovinosi che, quando s’adirano, allagano e piani, ruinano gli alberi e gli edifizi, lievano da questa parte terreno, pongono da quell’altra". Nulla impedisce però, prosegue il nostro massimo studioso di politica, che "li uomini, quando sono tempi quieti, non vi potessero fare provvedimenti e con ripari e argini".

L’acqua è un pericolo. Essa ci colpisce in modo anche paradossale: mi diceva Daniele, uno studente di Cles, che nei giorni dell’alluvione fu proprio la mancata erogazione dell’acqua la conseguenza più pesante per la popolazione del suo paese.

Nella Bibbia l’acqua è insieme il caos e la vita: il mondo non è creato dal nulla, ma esce dall’acqua e nell’acqua si ri-immerge. Sacri sono il Nilo e il Gange, il Tevere e il Giordano.

Oggi la scienza e la tecnica sanno sull’acqua molte più cose di quante ne sapessero i miti e le religioni, e anche di quanto ne sapesse, agli inizi dell’età moderna, Niccolò Machiavelli. E quindi gli uomini potrebbero predisporre ben altri "provvedimenti" che canti e preghiere, ripari e argini.

Per la chimica è H2O. Per l’ecologia è ecosistema. Ma è considerata innanzi tutto risorsa che si presta a molteplici usi: alimentari, agricoli, industriali, energetici, ricreativi, ecologici. Anche militari: i feudatari nel Medioevo riempivano d’acqua i fossati attorno ai castelli, nelle guerre d’oggi si avvelenano i fiumi e si bombardano le centrali idroelettriche.

Sulla terra c’è acqua in abbondanza: il 71% della superficie terrestre ne è ricoperto, ma solo il 2% è utilizzabile per bere, per l’irrigazione, per usi industriali. L’acqua dolce è distribuita, infatti, nel mondo in maniera molto disuguale, e irregolare nel tempo: sovrabbondanza in un luogo, siccità in un altro. Il consumo è ripartito per il 70% all’agricoltura, il 20% all’industria, il 10% all’alimentazione. Negli ultimi 35 anni i consumi sono aumentati più che nel corso dei tre secoli precedenti, aumento dovuto in gran parte ai paesi in via di sviluppo.

E tuttavia a El Paso, nel Texas dove il 50% dell’acqua è utilizzato per piscine, golf, aria condizionata, il consumo medio per persona è di 750 litri, mentre nella città gemella messicana, Ciudad Juarez, che attinge allo stesso Rio Grande, il consumo è appena di 285 litri. Un palestinese per usi domestici ne consuma 70 litri, un israeliano 260.

Sono dati che incrociano le scienze naturali e la statistica, la geografia e la storia, l’economia e il diritto. Jacques Sironneau si occupa di acqua presso il Ministero dell’Ambiente francese, ma collabora anche al programma dell’ONU per lo sviluppo. Il suo libro è la prova che oggi un chimico o un ingegnere non possono ignorare, da tecnici, le scienze sociali.

E che un cittadino colto, interessato alla "polis", non può ignorare gli elementi di base delle scienze della natura.

Un sistema idraulico completo (dighe, canali, centrali idroelettriche) riguarda certo la tecnica delle costruzioni.

Ma se la Turchia, a monte, realizzasse sul Tigri e sull’Eufrate le 23 dighe in progetto, a valle la Siria e l’Iraq si vedrebbero privati, l’una del 50%, l’altro del 90%, del fabbisogno di acqua. Sarebbe la guerra, e prevarrebbe il più forte. Quelle dighe potrebbero andare distrutte, e quegli ingegneri, "impolitici", vedrebbero dissolto il loro lavoro, senza un perché comprensibile.

Israele, per cambiare la sua condizione di paese a valle in quella di paese a monte, ha conquistato con le armi la regione del monte Hermon, ricca di sorgenti e di falde acquifere, e solo così "ha avuto la pace". Pace illusoria, ovviamente.

Già nel 1917, Chaim Weizmann, presidente dell’Organizzazione sionista mondiale, chiedeva che i confini del nuovo Stato fossero determinati da considerazioni di ordine idrico. Golda Meir, nel ’67, avvertiva i paesi che avessero tentato di deviare il Giordano che "non giocavano solamente con l’acqua, ma anche con il fuoco". Secondo l’idrologo Thomas Naff, in Medio Oriente "non può esserci pace finchè non vengono risolti i problemi idrici". "E viceversa", conclude, a riprova dell’inestricabile intreccio fra acqua e guerra, fra acqua e politica. Se il XX è stato il secolo del petrolio, il XXI sarà il secolo dell’acqua.

Non è solo il Vicino e il Medio Oriente a esigere una "idropolitica" globale, di cooperazione internazionale: i contrasti sono gravi anche fra Mauritania e Senegal, fra Iran e Iraq, fra India e Pakistan, fra Ecuador e Perù, nei paesi nati dalla disgregazione della Jugoslavia e dell’Unione Sovietica. Il Nilo attraversa otto paesi, e per 58 milioni di egiziani, a valle, costituisce l’unica fonte di vita. Gli Stati Uniti hanno delle controversie aperte con Messico e Canada. E all’interno degli USA è sorto recentemente un contrasto fra Alabama, Georgia e Florida per la spartizione delle acque del fiume Chattahoochee. Quando il bisogno di acqua cresce, per ragioni demografiche e industriali, il federalismo rivela un suo limite, che va necessariamente compensato da una superiore coscienza unitaria.

L’Italia di oggi può dirsi fortunata, (infatti non compare nel saggio di Sironneau), in quanto il suo confine poggia su elementi orografici netti. La frontiera del Reno è stata invece oggetto nella storia di guerre sanguinose fra la Francia e la Germania. Il Danubio, inquinato (per colpa di chi?), attraversa numerosi Stati prima di gettarsi nel Mar Nero. Ma l’egoismo, che tende alla salvaguardia del proprio "orto" a danno di quello vicino, agisce anche in Italia, anche nella nostra regione, sia fra i trentini che fra i sudtirolesi, come ha documentato QT (n. 21).

Troppo spesso le divergenze per la spartizione delle risorse idriche si sono risolte con il ricorso alla violenza. Ma la consapevolezza che l’acqua buona è scarsa, e va spartita fra tutti, può essere stimolo al dialogo e alla collaborazione fra i popoli, gli enti locali, gli Stati.

Jacques Sironneau propone, come soluzione tecnica, la lotta agli sprechi, attraverso il riutilizzo delle acque reflue, la dissalazione dell’acqua di mare, il ricorso all’energia solare. Ma anche rimedi economici e giuridici, che richiedono di sottrarre l’acqua sia all’ideologia del mercato che a quella della gratuità. Israele è un paese moderno: in un ambiente naturalmente desertico crescono campi magnifici di palme, di viti, di agrumi, di ulivi; terreni coltivati strappati all’arsura dalla tecnica e dal lavoro incorporati negli impianti di irrigazione a goccia, che portano la poca acqua disponibile dalle riserve alle campagne e alle città.

Ricordo che, atterrati in gruppo a Tel Aviv, durante il viaggio notturno in pullman verso l’albergo di Tiberiade, la guida, Angela Polacco, ci invitò subito, ma con naturalezza, a non sprecare l’acqua in docce superflue, in quei caldi giorni di luglio. Ci raccontò anche che i suoi bambini si lavano i denti con l’acqua di un bicchiere, per non sprecare quella che scorre troppo abbondante dal rubinetto. Moderni, e dotati di uno spiccato senso dello Stato gli Israeliani. E tuttavia ripartiscono l’acqua in modo iniquo nei Territori occupati. Per avere la pace sono condannati a trovare un accordo "politico" con i Palestinesi.

Sironneau auspica un intervento più attivo della comunità internazionale nelle situazioni di conflitto, per non lasciare soli i contendenti a strapparsi un bene che decide della vita e della morte di entrambi.

Il problema dell’acqua - ma non è il solo - ci interroga sia come privati inquilini di una casa di Cles sia come cittadini del mondo. Sono stretto fra il rubinetto che ho in casa, e che posso aprire e chiudere io, e una legge internazionale, ancora da costruire, che assicuri a tutti un diritto. Fra il mercato e lo Stato, fra il centro e la periferia, fra l’ente locale e l’autorità di bacino. Fra la responsabilità del singolo che va valorizzata, e la norma generale che impone regole a tutti. Fra il tecnico, dotato di una competenza parziale, e il cittadino che aspira ad essere onnilaterale. Fra l’uomo di oggi, che ha interessi insopprimibili, e l’uomo capace di pensare alle generazioni future. E’ il rapporto, contraddittorio e complementare, fra i processi di differenziazione e unificazione. In Sironneau questi temi rimangono impliciti.

Anche quando non si arriva alla guerra, con l’acqua ne va della "qualità" della vita, di oggi e di domani. Le scienze della natura e le scienze sociali forniscono un contributo essenziale. Ma l’emozione sull’acqua la creano l’arte, la musica, il cinema, la religione. Alla recente "Giornata dell’Acqua 2000", a Trento, i cortometraggi di Elisa Mereghetti sono stati bellissimi. E anche una mia classe di ragazzi inesperti ha colto la festa brillante nella barocca Musica sull’acqua di Haendel.

La letteratura italiana nasce con Francesco d’Assisi: "sor’acqua, / la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta". E all’acqua ricorre Eugenio Montale per riflettere sul moderno "male di vivere", con "il riso strozzato che gorgoglia". Non è un caso se la parabola è questa. Sironneau tuttavia non è pessimista: i problemi che riguardano l’acqua possono costringere gli uomini a comportarsi da uomini.