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QT n. 3, 9 febbraio 2002 Cover story

Ma a Bolzano interessa stare con Trento?

Con il crollo della Regione, il Trentino scopre la paura di trovarsi piccolo e solo. E si aggrappa al Sudtirolo. Ma loro, ci vogliono? Una breve inchiesta a Bolzano.

Il dibattito sulla crisi della Regione ha lasciato i cieli delle proposte giuridiche (commissioni costituenti, referendum, passaggi in consiglio e in Parlamento, revisioni costituzionali…), ma non per approdare alla concretezza del "cosa vogliamo, quale Regione ci serve", bensì al terra-terra del "chi ci mettiamo". Insomma, il solito gioco delle seggiole e degli agganci partitocratici.L’ultima è la proposta a neo-presidente di Carlo Andreotti, per agganciare il Patt all’Ulivo. Naturalmente presidente di transizione, per traghettare la (boccheggiante) istituzione, per le riforme prossime venture ecc.

Lasciamo perdere.

Arnold Tribus, direttore del quotidiano "Sudtiroler Tageszeitung".

Qui affrontiamo il problema preliminare: a cosa serve la Regione? Perché Trento e Bolzano dovrebbero stare assieme?

Per Trento la risposta ci sembra chiara, ed ha due aspetti. Da una parte il timore che la perdita del legame con Bolzano (e quindi con la sua specialità dovuta alla situazione etnica) comporti la perdita dell’Autonomia, almeno nei termini attuali di Autonomia speciale con ricca dotazione finanziaria. Dall’altra una preoccupazione meno contingente e più di fondo: il Trentino è piccolo, 440.000 persone non costituiscono un bacino d’utenza sufficiente nell’Europa concorrenziale; politicamente si conta poco a Roma, niente a Bruxelles; su un territorio così ridotto non si riesce a gestire né una politica dei trasporti nè una ambientale… Staccati da Bolzano sarebbe inevitabile un progressivo inglobamento nel vicino, frenetico Veneto, il cui modello proprio non ci piace: pochissimo rispetto per l’ambiente (cosa ancor più dirompente in un territorio di montagna), labile identità, sottovalutazione della cultura, primato assoluto dell’economia, intesa come dinamicità, rischio, lavoro frenetico (vedi Il Trentino che vorremmoe Trentino senza rotta).

Di fronte a queste prospettive Trento riscopre le affinità con il Sudtirolo e con il mondo alpino. Se andiamo in Veneto, ci intristisce quella terra ridotta a teoria di grigi capannoni e patetiche villette; e la mente ritorna con orgoglio ai nostri centri storici; che, ora che siamo ricchi, appaiono belli, curati, preziosi. Se invece andiamo a Nord, troviamo un paesaggio urbano e rurale un po’ diverso, ma analogo, con cui viene voglia di confrontarsi.

Trento quindi riscopre Bolzano. Ma a Bolzano, che importa dei Walsche, i terroni sotto Salorno, prepotenti e pasticcioni?

Lo storico sudtirolese Cristoph von Hartungen in un recente dibattito ha ricordato il ruolo estremamente positivo che, proprio per la popolazione tedesca, ha avuto la Regione, quella voluta da De Gasperi. Anzi, soprattutto per i tedeschi: "In un periodo, l’immediato dopoguerra, in cui in tutta Europa era in corso una pulizia etnica a danno dei germanofoni, in Sudtirolo abbiamo avuto il fenomeno opposto, il ritorno della popolazione tedesca; e la concessione di una forte autonomia locale, proprio grazie al legame con il Trentino e le sue fortissime spinte autonomistiche." Un caso eclatante di rapporto virtuoso tra le due Province.

"Spesso e volentieri oggi viene nascosto ai nostri il lato positivo di questo rapporto, come voluto da De Gasperi - afferma Arnold Tribus, direttore della Südtiroler Tageszeitung, il quotidiano sudtirolese alternativo al Dolomiten - E’ stata poi la stagione degli Odorizzi, a generare il Los von Trient."

Andreas Hofer.

La storia è nota: il prevalere della maggioranza italiana nella Regione, il disagio tedesco sfociato nella stagione delle bombe, la ricucitura attraverso lo Statuto del 1972 che affidava l’autonomia alle due Province, il decadere della Regione. Fino ai giorni nostri: "Oggi non c’è più, nella popolazione di lingua tedesca, il rancore verso una Regione strumento di oppressione - afferma Hans Karl Peterlini, direttore del settimanale FF - Né, negli italiani l’individuazione in essa di un’istituzione protettrice: oggi la Regione è assolutamente inutile".

Cerchiamo di andare oltre. Dimentichiamo la Regione dei Grandi e degli Atz, e anche quella dei giochetti politici. Ripartiamo da zero. Per Bolzano, ha senso oggi una collaborazione stretta, un legame tra le due Province? Trento, all’idea di rimanere sola, annaspa. E Bolzano?

Hans Karl Peterlini, direttore del settimanale "FF".

"E’ da anni in corso una politica di creazione di un’identità suditirolese, con l’inevitabile distacco da Trento, ma pure da Innsbruck - afferma Peterlini - Per avere un’identità propria, non essere più una parte persa dell’Austria, o conquistata dall’Italia: questa è terra nostra, non siamo figli o fratelli di altri. Di qui alcune scelte chiare, come l’aeroporto e l’Università, che hanno comportato un distacco non tanto e non solo da Trento, ma anche da Innsbruck e dall’Euregio. La quale diventa un’opzione eventuale, successiva, dopo aver raggiunto un livello di parità."

Di questo "orgoglio" sudtirolese ha spesso parlato Alessandra Zendron, nella nostra rubrica "Lettera dal Sudtirolo" (vedi ad esempio, Fuori Mozart da Bolzanoo, su questo stesso numero, Il filo del rasoio): in genere per evidenziarne limiti e pericoli. Una volta affermata la propria identità, può una provincia di 400.000 abitanti pensare di essere autosufficiente?

"Se ragioniamo nei termini dell’Europa che già c’è, ci rendiamo conto dell’assoluta necessità di superare questa sorta di autarchia; e quindi della creazione di spazi più ampi. Su scienza e ricerca, sul sistema sanitario, sulla politica ambientale (con ecoturismo e agricoltura biologica) su traffico e trasporti, sulla previdenza, sull’energia…: sono tutti ambiti in cui è indispensabile un bacino più ampio - afferma Tribus -Se poi pensiamo all’Europa di domani, con l’allargamento a nuovi paesi più poveri, vediamo che alcuni privilegi del Trentino e del Sudtirolo (per esempio nell’agricoltura) verranno fortemente messi in discussione. Allora ci sarà assoluto bisogno di una massa critica come peso politico, per far valere le ragioni di un territorio particolare come il nostro."

"Lo vediamo con le società multiservizi, quelle che trattano energia, gas, rifiuti - afferma Giovanni Salghetti, sindaco di Bolzano - O allarghiamo il bacino di utenza, o soccombiamo nella competizione con le grandi società europee. Non possiamo rimanere piccoli e soli. E lo stesso discorso vale per la linea del Brennero, e più in generale per i trasporti e per l’ambiente."

Insomma, a rimanere isolate le due piccole Province rischiano di venir espropriate delle decisioni vere in casa propria.

"Eh sì - conferma Peterlini - Dopo tutti questi discorsi sull’orgoglio, alla fin fine dobbiamo contarci: e siamo una proviciella di 400.000 abitanti e con poche risorse. E anche le nostre iniziative "orgogliose" - l’Università che ha il fiato corto (vedi Università addio? ndr), l’aeroporto che è un tentativo forse ridicolo - hanno prospettive solo in un’ottica non autarchica. E allora nasce, non più come imposizione da Roma, non più come mito sorpassato del vecchio Tirolo, l’esigenza di allargarsi. Iniziando proprio, spero, dal Trentino; e poi dal Tirolo del Nord. Per riuscire a stare in Europa, resistendo non solo sul piano economico, ma mantenendo la propria identità".

Ecco quindi il Trentino ritornare in gioco. Soprattutto se, dal piano del confronto fra le rappresentanze politiche, in cui la crisi politica rende il Trentino al contempo subalterno e inaffidabile, si passa a quello tra le popolazioni. "Le due comunità di Trento e Bolzano hanno superato le passate rivalità - afferma Salghetti - Per esempio nel mondo della cultura, dove collaboriamo con il Centro Santa Chiara, e da sempre abbiamo l’Orchestra Haydn in comune, e l’attività del Teatro Stabile… Ma è un discorso soprattutto sociale: le due cittadinanze hanno scambi sempre più frequenti, anche solo per fare compere."

Giovanni Salghetti Brioli, sindaco di Bolzano.

"Sì, la gente ha volentieri rapporti con Trento - conferma Tribus - Non ci sono più frontiere da abbattere, ma buoni rapporti da rafforzare. Quello che semmai oggi disturba è proprio la politica, che diffonde questa cattiva immagine di difficoltà di rapporti seri."

"La Regione ha più diviso che unito - concorda il sindaco Salghetti - Comunque, a livello sociale, conta anche il progressivo superamento, a Bolzano, delle barriere etniche. Nelle nuove generazioni non ci sono più i preconcetti del passato: ci sono più luoghi di incontro, il teatro, i cinema (apriranno multisale con proiezioni nelle due lingue) le associazioni sportive e di volontariato che sono miste".

Abbiamo già parlato in altre occasioni (Bolzano: apartheid in crisi Studenti in Sudtirolo: cresce il movimento contro la separazione etnica)di questa voglia dei giovani di liberarsi delle antiche barriere, sfociata in un appello a Ciampi per il superamento delle divisioni nelle scuole. E questo non può che essere positivo per un rapporto con il Trentino (e anche con Innsbruck).

Ma la SVP? Il partito che sulle divisioni, sull’apartheid, sulla strenua difesa dell’etnicità tedesca ha fatto la sua storia e la sua fortuna politica? Non può costituire un elemento di freno, per il mantenimento anche antistorico della piccola patria chiusa?

"Penso che la SVP possa fare un balzo in avanti, ripensare la propria strategia, andare oltre il partito etnico - risponde Tribus - Gioca in positivo anche la popolarità di cui, per il suo dinamismo, gode Durnwalder in Trentino. Mi sembra che entrambe le comunità possano passare dallo ‘stai attento che ti fregano’ al pensare positivo, al ‘vediamo cosa possiamo fare assieme’."

"La SVP è un partito che, sia pur lentamente, seguendo e non precedendo, si è comunque sempre adeguata ai cambiamenti della società - afferma Salghetti - Ha una base molto allargata, cui presta vera attenzione. Per questo penso che anche nell’immediato futuro non sarà di ostacolo alle nuove esigenze della società".

Ma questa idea dell’apertura è così forte?

"Per ora il raccordo tra le due Province - risponde Tribus - è una costruzione intellettuale della gente che cerca di vedere oltre il proprio naso. E così per quello con il Tirolo. Ma penso proprio che questa spinta all’apertura sarà la direzione di fondo dei prossimi anni".