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QT n. 5, 9 marzo 2002 Monitor

“Filumena Marturano”

Il classico testo di Eduardo De Filippo proposta dalla compagnia Gli Ipocriti: ottima realizzazione.

Un’ottima Filumena Maturano, quella vista allo Zandonai di Rovereto con la compagnia Gli Ipocriti. Gli interpreti Isa Danieli e Antonio Casagrande si sono rivelati attori veraci nel saper dar spessore al melò di sentimenti che la commedia di Eduardo De Filippo propone, ed al pathos che li alimenta. Si avvertiva l’eredità di una nobilissima ascendenza: quella del teatro napoletano tradizionale, formatosi mescolando assieme l’esperienza del teatro di varietà e del café chantant con le radici della commedia dell’arte. E proprio la commedia dell’arte veniva citata programmaticamente all’inizio dello spettacolo, col rapidissimo passaggio sul palco, a sipario ancor abbassato, di una sequenza di musicisti imbraccianti strumenti tipicamente napoletani come il mandolino, che si muovevano come marionette, infilando gadget da – appunto – commedia dell’arte. Risultava in questo modo sottolineata la derivazione dei personaggi di questa commedia, pur nella loro grande umanità, dalle maschere del teatro napoletano tradizionale, che parlano con un eloquio di tutti i giorni, a cui fornisce una marcia in più quel dialetto, così teatrale e barocco. Da lì deriva uno degli elementi di forza della commedia: quelle battute paradossali in dialetto colorito che i protagonisti si lanciano come frecce avvelenate nei tanti momenti di conflitto, dando al testo una comicità tutta particolare, melodrammatica.

Un testo che ad oltre mezzo secolo dalla data di stesura (1946) rivela ancora tutta la sua freschezza e una carica rivoluzionaria che si fonda sulla rivalutazione dei rapporti irregolari, fornendone una lettura dall’interno e salvandoli per la loro capacità di sviluppare comunque dell’amore: protagonista è infatti una prostituta che viene compresa nelle sue ragioni umane e soprattutto di madre.

Il testo drammaturgico indubbiamente c’è, ed è forte, fungendo da ossatura dello spettacolo, che si apre "in medias res" nella camera da letto di Filomena e che, con un procedimento basato sulla memoria, porta in scena la rievocazione di 25 anni di vita della strana copia prostituta/cliente che diventa, attraverso un tormentato travaglio che dà sostanza a tutta la commedia, una vera coppia di marito e moglie. Ma la grandezza della commedia è nella macchina teatrale congegnata da Eduardo, che si fonda e si dipana sì dal testo, ma vive poi di una sapiente e consumata lettura della tradizione teatrale napoletana.

Anche la scenografia dell’allestimento roveretano era classicamente suggestiva, basata sulla raffigurazione di angoli tipicizzati di una Napoli minore, e – in contrapposto – su di una luminosa e prospettica visione del golfo di Napoli, su cui si affacciano i protagonisti nelle scene di maggior intensità.

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