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QT n. 9, 4 maggio 2002 Monitor

Colonne sonore e cavoli a merenda

Come la musica rock, ormai finita, riprenda oggi ruolo e vigore nelle colonne sonore, talora l'elemento più interessante di vari film.

L’ultima tendenza dei cinefili è quella dei titoli di testa: stare lì ad aspettare che scorrano tutti sino alla fine. Neanche ti aspettassi di trovarci il nome di tuo cognato.

Non è così, ovviamente: c’è chi vuole enciclopedicamente sapere tutto, chi opera una rivincita nei confronti della televisione, che puntualmente li taglia per lasciare posto alla pubblicità, e ci sono io (come altri, suppongo), che aspetto i titoli delle canzoni, di autori ed esecutori. Sfiga vuole che queste indicazioni siano sempre le ultime ad apparire, sicché mi tocca puntualmente sorbirmi nastri di cast tecnico, specialisti in effetti speciali, montatori, guidatori di camion, assistenti di guidatori di camion, primo e secondo assistente al catering, eccetera.

Alla fine le canzoni: grande compiacimento.

La musica rock è morta, non stiamo a farci troppe seghe sopra. E’ stata definitivamente fatta fuori nell’ultimo decennio. Punto, fine della storia.

Il fatto è che a Holliwood oggi è il tempo dei quarantenni, come Cameron Crowe, per citare un esempio, già giornalista di Rolling Stone e poi regista dei recenti "Quasi famosi" e "Vanilla Sky", trionfo della cultura rock-pop. Così, insomma, certe volte la colonna sonora, o meglio le canzoni inserite nella colonna sonora, sono un plusvalore del film, se non addirittura l’elemento più interessante, proprio per come vengono inserite.

Prendiamo "Mi chiamo Sam" di Nelsen. Sean Penn è un handicappato che ha una figlia. Il Sistema dice che non è in grado di tenerla perché lei, a sei anni, è più intelligente di lui. Ma lui la vuole, così cerca e trova una grande avvocatessa (niente meno che Michelle Pfeiffer), soffre, teme, perde la causa, ma poi le ragioni del cuore prevalgono su tutto. Quando "Rain Man" incrocia "Kramer contro Kramer"... Bella interpretazione di Penn, ma non molto altro.

A parte la colonna sonora, appunto. Sedici canzoni dei Beatles rifatte da altrettanti autori che si sono guardati dallo stravolgere il mito e le hanno quasi semplicemente eseguite con le loro voci e i i loro timbri, niente di più. Non so il perché di questa scelta, perché cioè non siano state usate le esecuzioni originali. Nelle tasche del possessore dei diritti d’autore suppongo siano entrati gli stessi soldi delle royalties. So però che in questo modo l’uso dei Beatles appare meno scontato: le canzoni sono uguali ma diverse, il sapore prende un gusto personale.

Infine, a parte il fatto che i brani restano bellissimi, vengono usati anche appropriatamente. Inevitabile "The Fool on the Hill", fenomenale "Blackbird". Fra gli interpreti musicali, Ben Harper, Eddie Vedder, Sheryl Crow, Nick Cave.

A molti è piaciuto anche "I Tenenbaum" di Wes Anderson. Uno che, a dire la verità, di anni ne ha solo 32. Insomma, uno nato vecchio, e lo si vede dai riferimenti letterari: Salinger, Fitzgerald… Per carità, anche i miei preferiti, ma fuori tempo massimo in un mondo di talk-show televisivi, techno elettronica, droghe sintetiche, degrado generalizzato, consumismo estremo. Comunque sia, il giovanotto ha realizzato una commedia sbilenca su una famiglia di personaggi geniali, nevrotici e non molto simpatici, che non hanno altro da fare che tentare di emanciparsi dai traumi rifilati e subiti una ventina d’anni prima. Anche qui non è il caso di fare tanta sociologia: la storia è una fiabona metropolitana che nel finale sistema tutto con l’unico sacrificio del capostipite (Gene Hackman), un cosciente stronzo che tenta di farsi riabilitare dalla famiglia. Ci riesce e muore.

La colonna sonora è una sfilza impressionante di brani per lo più degli anni ’60 e ’70, che non c’entrano niente con il film. Nemmeno per rievocare atmosfere di quando i figli erano bambini, che semmai erano gli anni ’80… Allora che c’entrano il Bob Dylan di "Billy 4", i Velvet Underground di "Stephanie says", i Clash di "Rock the Kasbah", i Ramones, Nick Drake, i Rolling Stones, Simon & Garfunkel, Jackson Brown, Van Morrison e tanti altri?

Nulla, semplicemente sono canzoni che piacciono al regista. Così, visto che già ci si è presi un sacco di libertà nell’inventare una commedia tragicomica stramba e assurda, perché non mettere dentro come colonna sonora un po’ di tutto ciò che più piace? Perché no, se poi ci sono i soldi per pagare i diritti?

Ma tutto questo è solo la mia idea di quarantenne che riconosce testi, musica, significati, riferimenti. O che così crede, e magari il tutto non significa niente. Solite menate da cinefilo e pure rockettaro che vede quello che non c’è, che scambia casualità per acute scelte. Però "Mother Nature Song" nel finale di "Mi chiamo Sam"!

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