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Le leggi razziali sono ancora in vigore?

Una bambina ebrea, a suo tempo espulsa dalla scuola pubblica, non può considerarsi perseguitata. Così la pensa il ministro Tremonti. La Corte dei Conti, invece...

Nei giorni scorsi la Corte dei Conti ha discusso il caso della bambina ebrea Nella Padoa, ora anziana signora, bolognese, che nel 1938, vigenti le leggi razziali fasciste, venne espulsa da tutte le scuole del Regno. La Corte era chiamata a decidere se l’espulsione dei ragazzi ebrei dalle scuole fosse un atto di lesione dei diritti fondamentali della persona, oppure no. Nel primo caso sarebbe stato concesso alla signora Padoa un assegno di benemerenza. Nel secondo caso la sua pratica, che si trascina dal lontano 1956, sarebbe stata definitivamente respinta.

Il Ministro dell’Economia aveva fatto ricorso perché la domanda della bambina ebrea venisse respinta. Le sue argomentazioni erano a dir poco vergognose.

Il Ministro sosteneva che "le restrizioni (rectius: espulsione!, n.d.r.) cui fu sottoposto il soggetto in seguito alla emanazione delle leggi razziali non integrano gli estremi della persecuzione, anche sotto il profilo della violenza morale". Per Tremonti non avevano alcuna rilevanza giuridica la marchiatura sui documenti come appartenente alla razza ebraica, l’espulsione dalle scuole, l’arresto per motivi politici e razziali da parte delle SS tedesche e l’internamento nel carcere di Modena in attesa della deportazione.

Racconta Mario Pirani su Repubblica che la Memoria alla Corte del Procuratore generale aggrava cavillosamente la posizione del Ministro sostenendo che "della espulsione dalla scuola elementare bisogna verificare in via generale ed astratta l’idoneità a concretizzare, non un mero pregiudizio, ma una specifica azione lesiva, proveniente dall’apparato statale e intesa a ledere la persona colpita nei suoi valori inviolabili". Incredibile!

Osservava Pirani che se la Corte si fosse attenuta alle conclusioni del Procuratore generale, dando ragione al Ministro, si sarebbe potuto dire che almeno per questo verso le leggi razziali sono rientrate in vigore.

Fortunatamente la Corte è stata di diverso avviso, sentenziando che "le misure concrete di attuazione della normativa anti-ebraica, tra cui i provvedimenti di espulsione dalle scuole pubbliche debbono ritenersi idonee a concretizzare una specifica azione lesiva proveniente dall’apparato statale e intesa a ledere la persona colpita nei suoi valori inviolabili".

Tutto bene quel che finisce bene. Resta il fatto che, secondo quanto denunciano i deputati diessini Grillini e Magnolfi, su 750 richieste e su alcune migliaia di persone che in seguito alle leggi razziali hanno perso il lavoro, sono state allontanate dalla scuola o espulse da circoli e associazioni, soltanto una ventina hanno ricevuto il cosiddetto assegno di benemerenza, peraltro di modesta entità, riconosciuto da una legge del lontano 1955.

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