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L’ideologia della Valdastico

La logica della PiRuBi: l’accettazione supina dell’esistente, anche quando è pessimo.

La Valdastico non è semplicemente un’autostrada, è molto di più, è uno spartiacque. Non è un mezzo che facilita la comunicazione, al contrario, è un ampio fossato che separa. La logica intrinseca alla sua scelta non è neutrale, meramente tecnica. Essa è sintomo di una mentalità, di un modo tipico di considerare le cose, addirittura di un compiuto sistema di pensiero, insomma di una precisa visione del mondo, di una vera e propria Weltanschauung. Tant’è vero che coloro che la propongono accusano gli avversari, con l’evidente intento di screditarne le motivazioni, di essere mossi da un rifiuto "ideologico", cioè pregiudiziale, a-tecnico, che non tiene conto della realtà come in concreto si presenta. Ed è qui che invece si radica il loro pregiudizio ideologico.

Che si tratti infatti anche di uno scontro "ideologico", più correttamente di un confronto fra due opposte culture, è certamente vero. Ma il fanatismo ideologico a me pare che sia assai più presente nei fautori che negli oppositori di un’opera che ha finito per assumere il rilievo di un simbolo che riassume in sé vasti e complessi contenuti.

Per i promotori della Valdastico tutto ciò che è reale è razionale. Reale è il traffico su strada. Vetture, furgoni, autocarri sono i segni distintivi della nostra società. Merci e persone si muovono su gomme. Le città sono percorse da migliaia di mezzi semoventi, occupate da vasti e profondi parcheggi, ogni casa nuova deve nascere con il corredo del posto macchina, ogni famiglia ne possiede più d’una. Strade ed autostrade nelle ore di punta sono intasate da interminabili colonne. Per sfogare questa massa immensa di scatole metalliche e di mostri d’acciaio è necessario estendere la rete delle arterie bituminose, e rodere il territorio con svincoli, rotatorie, raccordi e bretelle. Non esiste più un popolo di cittadini, ma un mercato di automobilisti. Questa è la realtà, e da qui nasce il pregiudizio ideologico: ciò che è reale è razionale.

Questa realtà è dunque immutabile. Essa è l’immagine della modernità. E’ il segno dello sviluppo, è il meccanismo che genera profitto, è la base del prodotto interno lordo. Lordo appunto, ma non ha importanza.

La logica di questa realtà è perentoria: esige strade, costruiamole; esige benzina, quindi urge controllare i pozzi di petrolio, anche se con qualche "effetto collaterale". Il progresso ha sempre fatto vittime, è fatale! Voi che vi recate al lavoro in vettura, che trascorrete il week-end con la famiglia in montagna o al mare, pretendete nuove strade, e non lamentatevi se qualcuno fa la guerra per voi, per garantirvi il vostro benessere automobilistico. Questo è l’Occidente che amate, e questa realtà ha i suoi costi. Nevrosi da ingorghi stradali, ambiente naturale deturpato, atmosfera inquinata, stragi di vite umane tutte le sante feste, guerre preventive. Che volete che sia, al paragone con questi costi che già paghiamo alla civiltà dell’automobile, il modesto sfregio alla natura che sarà provocato dalla costruzione della Valdastico? Porterà nuovo traffico? Tanto, verrà egualmente anche senza la PiRuBi. Essa rientra perfettamente nella logica, nella razionalità di questa realtà.

Non vi pare che questa sia una costruzione ideologica? Cioè la conclusione di un approccio
mentale passivo dinnanzi ad una realtà così inquietante. Il frutto di un atteggiamento realistico miope, di una cultura che non riesce a concepire l’idea che la realtà possa essere mutata. Se questo fosse stato l’animus dell’uomo primitivo, oggi saremmo ancora nelle grotte a ripararci dalle belve. I potenti della terra hanno creato questa realtà e quindi assecondano l’ideologia del realismo inerte e succube interno alla sua logica, tanto da farla diventare senso comune. Chi la contrasta, come abbiamo visto, è qualificato con evidente tono di disprezzo come oppositore ideologico. Così come con un vago sorriso di compatimento si definiscono buonisti, terzomondisti, pacifisti o semplicemente idealisti coloro che tentano di resistere alla morsa micidiale dei meccanismi che governano il mondo.

Eppure abbiamo conosciuto un altro realismo, un realismo illuminato. Nella nostra storia troviamo Francesco Giuseppe, l’amministrazione dell’Imperial Regio governo che aveva attrezzato le nostre valli di lungimiranti linee ferroviarie, cioè di mezzi di trasporto collettivo sacrificate poi sull’altare dell’idolo della macchina sotto casa. Ma ancora oggi, se vi è in circolazione un realista, questo è poco lontano da noi: Luis Durnvalder. Dunque si può essere realisti anche opponendosi all’orgia della stradomania, volendo e sapendo dare alla realtà l’impronta della ragione umana.