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400 anni di storia industriale

La via Ronchi di Rovereto: dalla cartiera Givanni (secolo XVII) allo smantellamento dell’ex Cofler

L’area di Rovereto che si stende a nord del cimitero di S.Maria - oltre via Ronchi - si presenta oggi come una distesa di macerie; nel corso dell’inverno infatti sono stati demoliti gli edifici di una storica fabbrica roveretana, l’ex-Cofler. Fondata da Augusto Cofler dopo la Grande Guerra - nel 1925 - aveva iniziato con la produzione di punte da lavoro, ed è diventata, nel corso della sua quasi secolare storia, un marchio di qualità dell’utensileria di precisione. Naturalmente oggi fa parte di un gruppo internazionale (lo svedese Sandvik), ed il vecchio Cofler è scomparso anche dal nome, che adesso suona Master Tools-Dormer, mentre lo stabilimento si è trasferito, con i suoi 200 dipendenti, in zona industriale. Gli edifici abbandonati di via Ronchi hanno fatto per qualche anno da rifugio a disperati senza fissa dimora, e c’è stato anche qualche incendio. Dalle demolizioni dovrebbero ora sorgere una RSA, un centro-servizi, e tre palazzine residenziali.

Ex filatoi e filande del Borgo S. Tommaso

Cambia così volto e ruolo una parte della città, che diventa zona residenziale, come già è tutto il resto dell’area di via Benacense, dopo essere stata un’antica zona industriale. La zona di via Ronchi infatti, insieme alla sottostante zona di via Maioliche, è stata sede di attività produttive-industriali fin dal XVII secolo. Con il trasferimento in zona industriale dell’ultima impresa rimasta, la Master Tools appunto, si chiude quindi una storia produttiva che durava da oltre 400 anni, ed è stata costitutiva dell’identità industriale di Rovereto.

La prima vera zona industriale di Rovereto - nel Seicento - è stata quella, sulla sinistra orografica del Leno, oggi chiamata S.Maria, ma allora Borgo S.Tommaso, che faceva parte della Comunità e della Pieve di Lizzana. Per la verità le prime attività paleo-industriali si impiantano, nel sec. XVI, nella Rovereto vera e propria, e negli ultimi decenni del Cinquecento troviamo già ‘moderni’ filatoi ad acqua sulle rogge della destra-Leno, lungo le quali si sviluppa la città moderna, ‘bassa’ (cioè che sta sotto il nucleo medioevale e veneziano del castello e di S.Marco).

Ma è nel Seicento che inizia lo sviluppo vero e proprio di una significativa attività serica in funzione del mercato internazionale, diretta soprattutto in centro-Europa, attraverso lo snodo delle fiere di Bolzano. L’arte della seta è il volano, ma intorno si sviluppa un paleo-distretto, con tutto quello che serve: filande, filatoi e tintorie, ma anche marangoni (carpentieri) per costruire i filatoi, fabbri, garbari (conciapelli), molini e pistorie (forni), cartiere, e - dulcis in fundo - osterie.

La roggia Paiari si infila sotto le case del Borgo S. Tommaso

L’attività si distribuisce per tutta l’area di Rovereto, ma il vero cuore del paleo-distretto roveretano della seta è proprio Borgo S.Tommaso, un ammasso di edifici produttivi sorti sulla riva sinistra del fiume e lungo la Roggia Pajari (che esce dal Leno a sinistra, dirigendosi verso sud-ovest) intorno e dentro i quali si ammassavano gli abitanti. Un quartiere popolare e industrioso, mentre i palazzi della aristocrazia commerciale della città - dei Pizzini, Todeschi, Rosmini - stavano altrove, al di là del Ponte Forbato, in destra-Leno.

Ma nel corso del Settecento anche il Borgo S.Tommaso comincia ad imborghesirsi, le case delle famiglie arricchitesi si fanno il maquillage trasformandosi in palazzi, e negli ultimi decenni la ‘via imperiale’ che sale da Verona e - prima di entrare in Rovereto dal Ponte Forbato - attraversa il Borgo, già presenta un aspetto rispettabile, con facciate classicheggianti, fontane, cappelle gentilizie. Già dal Seicento così l’attività industriale - quella considerata meno pregiata, non legata alla seta - ha iniziato ad allungarsi sempre lungo la Roggia Pajari ma più verso ovest, appunto nella zona delle Majoliche ed ai Ronchi.

Chiesa di S. Maria, inizio del vecchio Borgo S. Tommaso

Nel 1692 - mettendosi al servizio del rinnovamento edilizio roveretano che corona ormai più d’un secolo di buoni affari - un “maestro di maioliche” lombardo, Francesco Finali, avvia una fabbrica sotto la chiesa di S.Maria, nella località che dalla sua attività prenderà il nome. Mentre ancor più ad ovest, ai Ronchi (di Lizzana) si insedia poco prima, nel 1689, la famiglia di piccoli imprenditori Givanni, a Rovereto già da un paio di generazioni, ma originaria probabilmente dell’alto-veronese, spostatasi a nord (ad Ala prima di arrivare a Rovereto) per approfittare del boom lagarino della seta, business di cui probabilmente già si occupavano nel veronese. Grazie ad una permuta, un Giuseppe Givanni pistore si installa in uno “stabile con pradi, campi, casa, Molini ed altri edificij, in quella esistenti con giare e pascoli à quelli spetanti e pertinenti con le sue raggioni d’acqua”, nella Pieve di Lizzana “in contrada alli Ronchi”, ed in questo insieme di terreni ed edifici ad uso anche produttivo posti sulla Roggia Pajari fonda la prima cartiera operante a Rovereto, chiamando a gestirla un esperto cartaio di Toscolano, Bortolo Archetti, che sposerà una sua figlia.

Inizierà a lavorare alla cartiera Givanni anche Giuseppe Fedrigoni, che poi, dopo il 1724, se ne costruirà una propria lungo il Leno, sotto l’Eremo di San Colombano, e sarà l’inizio di un’altra fortunata avventura imprenditoriale roveretana, che nel secolo XIX si sposterà a Verona, per dar vita ad un gruppo internazionale.

Via S. Maria

La produzione cartaria di Rovereto non si rivolge al solo mercato locale; ne sanno qualcosa i “Capi delle cartiere della Riviera di Salò” - dominatori del mercato nel principale centro editoriale della prima età moderna, Venezia - che si lamentano nel 1727, in un Memoriale per i Savii alla Mercanzia della Repubblica di Venezia, degli effetti della “introduzione della carta trentina, che fabricandosi in cinque cartiere in Riva e due a Roveredo [evidentemente Givanni e Fedrigoni] viene con notabilissimo pregiudizio di queste cartiere a smaltirsi in questo Ser.mo Stato”.

È l’inizio della nostra area industriale. Al tempo della Grande Guerra sul posto vien fatta saltare dai militari una grande conceria, di proprietà di Pietro Cofler. E nel dopoguerra - come abbiamo visto all’inizio - arriva Antonio Cofler con la sua officina meccanica.

400 anni di storia industriale: imprenditori e maestranze, cicli di sviluppo e crisi economiche, vite: di uomini e di cose. Adesso la città residenziale si espande, si prende anche la zona dei Ronchi. Per fortuna le attività produttive si sono spostate solo di qualche km, non hanno delocalizzato.

* * *

La storia dell’insediamento Givanni ai Ronchi è raccontata nel mio articolo contenuto su n.2 del 2013 della rivista “Studi Trentini. Storia”, a cui rimando per i riferimenti archivistici necessari.

Cancellata della ex Cofler

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