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Maso Franch: il tecnico dice di no? Basta sostituirlo!

Il caso del Comitato Agricolo: per dieci anni dice sempre sì a tutto; quando infine il prof. Daidola, docente di Studi Aziendali, si ribella...

Sono francamente rimasto stupito dall’arroganza dei politici, che quanto più hanno la coda di paglia, tanto più diventano aggressivi" - ci dice il prof. Giorgio Daidola.

Il prof. Giorgio Daidola.

La sua vicenda in effetti ha suscitato scalpore: docente di Studi Aziendali alla nostra facoltà di Economia, il professore si è rumorosamente dimesso dal Comitato Tecnico per il Settore Agricolo. Motivo? L’inutilità del Comitato, visto che si limita ad approvare supinamente i progetti proposti: anche quando sono, a parere di Daidola, fuori dalla realtà economica, e seguono invece logiche elettoralistiche.

La cosa è stata ampiamente trattata sui quotidiani. La riprendiamo, pubblicando di seguito la lettera di dimissioni, mai apparsa nella sua integrità: di agile lettura e densa di dati e argomentazioni.

Il rendering del progettato "maso turistico rurale".

Con la presente comunico le mie dimissioni da membro del Comitato Tecnico per il Settore Agricolo, quale esperto di economia d’azienda. Il motivo delle mie dimissioni è dato innanzitutto dall’inutilità sempre più evidente del Comitato stesso nonché del mio ruolo al suo interno, consistente in una valutazione economica dei progetti e delle aziende che li presentano.

I progetti presentati al Comitato, in particolare quelli importanti, sono infatti destinati, salvo piccoli insignificanti ritocchi, a raccogliere il parere favorevole della maggioranza dei presenti, formata da funzionari provinciali che non hanno alcun interesse ad andar contro decisioni in sostanza già prese sul finanziamento dei progetti stessi. Questa affermazione è suffragata dalla mia partecipazione ai lavori del Comitato per quasi 10 anni: l’impressione che ho maturato è quella di un’iniziativa che risulta essere, e sempre di più, un inutile orpello burocratico, un passaggio formale che rappresenta una perdita di tempo per tutti i membri del Comitato, con l’unico risultato di ritardare al massimo di qualche mese lo scontato ‘parere favorevole’.

Il motivo delle mie dimissioni non è però solo questo. Seguendo la prassi sopra delineata nell’approvazione delle iniziative da finanziare, viene infatti dato parere favorevole a progetti che non solo non garantiscono un minimo di redditività, ma che costituiscono anzi degli evidenti sperperi del denaro pubblico, per realizzare iniziative demagogiche che spesso smentiscono le stesse linee di politica economica provinciale.

Ne è un esempio l’ultima delibera della Commissione, presa con la solita maggioranza di funzionari, martedì 11 marzo scorso, relativamente al Progetto di costruzione di un maso turistico rurale in Valle di Cembra, Maso Franch, da parte della cantina La Vis, forte di ben 1200 soci: un parco elettori ovviamente da non trascurare. Per il sottoscritto è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il bicchiere, dopo aver sperato invano, per anni, in un Comitato in grado di svolgere una valida funzione consultiva e di stimolare le aziende a presentare seri e documentati progetti.

L’iniziativa in oggetto prevede una spesa ammessa di euro 4.600.000 per costruire un albergo di standard molto elevati in Valle di Cembra. I budget economici presentati dalla azienda richiedente si basano infatti su prezzi di 185 euro per camera e di 36 euro per coperto: un’iniziativa quindi riservata ad una fascia di clientela molto ristretta, che normalmente sceglie altre mete. Le percentuali di utilizzo previste per le strutture disponibili del nuovo hotel risultano invece molto elevate, pari al 50% per 365 l’anno per le camere e pari al 57 % per 310 giorni per il ristorante: da notare che tali percentuali non trovano riscontro nei dati statistici relativi alla ricettività alberghiera in Trentino, che non superano un utilizzo del 28-30% dei posti letto disponibili in alberghi, tenuto conto delle grandi stazioni turistiche. Ancor peggio, queste previsioni, frutto del più fantasioso ottimismo, sono oggetto di ingiustificate e vertiginose percentuali di aumento negli anni successivi al 2004.

Le mie proiezioni prudenziali, presentate in forma scritta al Comitato, basate su stime di fatturato più realistiche, conducono ad una redditività cronicamente negativa per un’iniziativa come questa. Inoltre il progetto, definito di turismo rurale unicamente per la sua ubicazione, non è riconducibile ad uno sviluppo turistico fondato sulla partecipazione diretta della popolazione locale, sulla cultura, sulle arti e sui mestieri locali, così come dovrebbe essere per una valle ancora poco turistica come la Valle di Cembra, e come viene confermato dalle tendenze in atto (cfr. opere e convegni recenti, Atto di indirizzo sul turismo in Trentino, Piano di sviluppo rurale 2000-2006, misura 12).

Ma c’è di più. Il contributo provinciale verrà elargito appunto sulla base del Piano di sviluppo rurale della PAT sopra citato, misura 12, ‘Rinnovamento e miglioramento dei villaggi, protezione e tutela del patrimonio rurale’, sottomisura 12.1 Agriturismo collettivo. Nel testo del Piano si legge, a pag.221, che tale provvedimento si pone degli obiettivi di sviluppo di "quel particolare segmento di domanda turistica, il cosiddetto ‘turismo soft’ (agriturismo, equiturismo e altro) che fa leva sia su risorse naturali e paesaggistiche, sia su risorse antropiche". Non si vede come un’iniziativa da 185 euro per notte e per camera, con centro di relax e altre amenità connesse, che per di più non sembra in grado di coinvolgere le "risorse antropiche" del luogo (l’intendimento è infatti quello di reclutare cuochi, maitres, barman, per un totale di ben 15 dipendenti fissi, fuori dalla valle, per garantirsi veri professionisti), possa essere fatta rientrare in tale segmento di "turismo soft".

Ma non basta. Il contributo pari al 40% della spesa ammessa, per un importo quindi di 1.840.000 euro, sarà concesso - cito sempre la norma della misura 12 - ai fini della "sistemazione e adeguamento di fabbricati, nel rispetto delle caratteristiche delle costruzioni tradizionali". Nel caso in esame la sistemazione riguarda il vecchio Maso Franch e rappresenta solo il 25% della cubatura totale del progetto, mentre l’adeguamento, pari al 75 % dei metri cubi, rappresenta nuovo fabbricato.

Tralascio, perché non di mia competenza, un giudizio sul gusto e sul "rispetto delle caratteristiche delle costruzioni tradizionali" richiesto dalla normativa per tale adeguamento, anche se come cittadino non posso che provare indignazione per l’operato delle Commissioni edilizie e paesaggistiche che hanno rilasciato le necessarie autorizzazioni. Non posso invece tacere la mia difficoltà a considerare "adeguamento" una nuova costruzione che rappresenta i 3/4 di quella complessiva. Dubbio legittimo, tant’è che non era solo mio ma anche degli altri membri della Commissione, Presidente compreso. Ci ha pensato con solerzia e puntualità a dirimerlo la Giunta Provinciale, in data 31 gennaio scorso (Reg. delib: n.182, Prot.n.5/Pfe), con un’interpretazione (all’unanimità degli assessori presenti) del termine "adeguamento" della norma suddetta: esso deve intendersi senza alcun limite, del tutto indipendente dalle dimensioni dei fabbricati originari. Come dire che si può trasformare un capitello in un grande albergo, e fruire del contributo sull’intero costo dell’opera. Interpretazioni del genere, che sembrano confezionate ad hoc per permettere di elargire senza ulteriori indugi il contributo a questa iniziativa, si commentano da sole.

Concludo affermando che la più nefasta conseguenza della concessione di contributi in casi del genere è quella di sviluppare un’imprenditoria il cui successo in termini economici è unicamente basato su di un costo del capitale di gran lunga inferiore a quello di mercato, grazie alle continue iniezioni di pubblico denaro a titolo gratuito. Si tratta di un’imprenditoria spavalda, che può permettersi addirittura di consumare risorse finanziarie in iniziative come questa, in funzione di finalità squisitamente politiche.

Se si vuole evitare che questa prassi purtroppo diffusa continui, una delle cose da fare è procedere urgentemente e coraggiosamente ad una riforma radicale nella struttura e nel modo di operare di comitati come quello tecnico per il Settore Agricolo, vincolando le decisioni ai risultati di serie analisi economico-finanziarie delle iniziative, attraverso tecniche e modelli uniformi e collaudati".

Giorgio Daidola, Università degli Studi di Trento

Abbiamo cercato un parere della Cantina La Vis, entità economica e sociale di grande importanza, per sentire l’altra campana: "Non è una polemica che ci riguarda, né intendiamo entrarci" - ci è stato risposto.

Per noi si pongono tre ordini di problemi. Il primo è quello dei progetti (fallimentari) che vengono presentati solo per avere contributi. E’ una deriva che muta il segno del contributo: da intervento che permette il decollo di iniziative virtuose, a foraggio di cose strampalate, che magari hanno altre finalità. E in effetti un albergo a 4 stelle in val di Cembra, con stanze a 185 euro, che dovrebbe essere sempre quasi pieno, sembra una favola anche a noi. "Che senso ha una cosa del genere? Solo stupire i soci attraverso la grandiosità delle realizzazioni - afferma Daidola - Lo abbiamo già visto a Mezzacorona con la Città del Vino: ma sono realizzazioni possibili solo grazie ai contributi pubblici."

Il secondo aspetto è la disinvoltura con cui la Giunta provinciale fa strame delle sue stesse deliberazioni. Qui siamo in presenza di una "ristrutturazione" che prevede un ampliamento del 75% del vecchio maso: per far rientrare una cosa del genere nella normativa di legge, la Giunta provinciale, con apposita delibera, ha stabilito che l’adeguamento di un edificio preesistente non implica alcun limite all’entità del nuovo. Contro ogni logica. "Con questo hanno voluto dire una cosa: facciamo quel che vogliamo".

Infine il discorso degli organi tecnici, che su queste cose dovrebbero vigilare, fornendo pareri sulle congruità economiche e normative. "Sono da dieci anni in questo Comitato. E non c’è mai stato uno, dico uno, parere contrario, se non il mio. Ma allora a cosa serve il Comitato? E a che serve la mia presenza, se non per imbellettare decisioni già prese, indipendentemente dalle valutazioni tecniche?"

Vale la pena ricordare il caso Jumela: quando l’organo tecnico espresse parere negativo, non conforme alle aspettative politiche, venne aggirato. E così oggi Daidola: verrà sostituito, dopo alcune parole di sprezzante congedo dell’assessore competente (Pallaoro).

Questa è l’attuale Giunta provinciale: ciò che conta è il contributo, e la graziosa potestà del politico di concederlo. Anche in spregio a considerazioni tecnico-economiche? Certo, anzi, meglio: così rifulge di più la decisività dell’intervento del principe e dei suoi vassalli.