Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Disagio giovanile

Le strategie per prevenire un fenomeno allarmante.

Francesca Balboni

Baby gangs, abuso di droghe e di alcolici, anoressia, bulimia, suicidio e, più recentemente, sette sataniche: il disagio giovanile è uno degli argomenti più scottanti che i mass media riportano quasi quotidianamente all’attenzione del pubblico.

Quali le cause? Difficile stabilirlo. Se si mira a trovare un capro espiatorio su cui agire, una ricetta che possa andare bene per tutti, si corre il rischio di banalizzare il fenomeno, di non considerare contesti e persone. Le cause sono molte e forse nessuna, presa in maniera isolata, è in grado di spiegare cosa si nasconda dietro comportamenti autodistruttivi, aggressivi e poco rispettosi per se stessi e per gli altri. E’ per questo che in anni recenti si è affermato il concetto di prevenzione psico-sociale.

Questo approccio prende spunto dalla considerazione che l’identità di ciascuno di noi non si forma semplicemente rielaborando informazioni ed esperienze sociali, ma si costruisce nell’interazione quotidiana con soggetti e contesti.

Nel concetto di prevenzione psico-sociale ognuno di noi è protagonista della propria esistenza, soggetto in grado di prevenire i rischi, ma anche di attuare risorse e potenzialità inaspettate.

Come si realizza e a chi si rivolge la prevenzione psico-sociale? In molti progetti internazionali gli interventi si sono concentrati su contesti svantaggiati dal punto di vista economico, sociale e culturale. Quartieri degradati come i tipici slums americani, ritratti da una parte della cinematografia, con elementi tra il mito e la realtà, possono darcene un’idea. Se pensiamo però che il disagio possa nascere solo dove c’è povertà, disinformazione, emarginazione, siamo sulla strada sbagliata. Anche in realtà apparentemente meno problematiche e benestanti esistono e si manifestano forme di disagio giovanile.

L’esperienza italiana in materia di prevenzione psico-sociale è ancora limitata, mentre all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, questo approccio è ormai consolidato.Molti progetti internazionali come l’Abecedarian Project o il Nurse Family Partnership si svolgono tra il periodo pre-natale e i primi anni di vita, perché questi sono tra i periodi più importanti per determinare un ambiente di crescita e sviluppo sereno e stimolante. I programmi in questa fase propongono interventi sul bambino e sulla famiglia tramite corsi di informazione e formazione per i genitori e centri specializzati, disponibili 24 ore su 24, per consulenze mediche e psicologiche.

Altri programmi come il Fast Track Project si focalizzano su un periodo molto lungo, prevedendo interventi durante l’infanzia, ma anche in età pre-adolescenziale ed adolescenziale, lavorando sull’ambito familiare, scolastico, sulle relazioni amicali e sulle risorse della comunità. Le attività prevedono lavori in gruppo, incontri tra famiglia, scuola e servizi, potenziamento delle capacità di apprendimento dei giovani, sviluppo di abilità relazionali e sociali.

Un’attività utilizzata soprattutto nelle fasce di età tra gli 11 e i 18 anni è la Peer Education. Essa consiste letteralmente nell’educazione da parte dei pari, cioè amici e conoscenti, riconoscendo l’importanza dei gruppi extra-familiari ed extra-scolastici nella formazione del bambino.

L’educatore di strada è un’altra delle attività più utilizzate nei recenti interventi su bambini/giovani devianti e disagiati. Questo tipo di intervento permette di entrare a diretto contatto con il mondo di appartenenza del giovane, comprendendone schemi, meccanismi e facilitando il contatto dei ragazzi con adulti dalla valenza positiva. In tutti questi interventi l’obiettivo principale è quello di cercare di sviluppare e promuovere le risorse di ogni individuo e del suo contesto, permettendogli di provare concretamente che, in qualsiasi condizione, un’alternativa esiste ed è possibile.

I risultati dei progetti internazionali, nonostante le difficoltà e i casi particolarmente difficili, hanno dato risultati positivi. Una consistente parte dei bambini e dei ragazzi che vi hanno preso parte hanno migliorato le loro capacità di relazionarsi con la famiglia e con il mondo esterno, hanno trasformato il loro stile di vita ed appreso una progettualità del futuro e per il futuro.

Ciò che appare fondamentale è la creazione di una rete in cui "giovane e dintorni" possano trovare assistenza, consulenza, sostegno e stimolo. La creazione di una comunità consapevole del problema, consapevole dei propri limiti e risorse, al di là dei luoghi comuni, è sicuramente uno degli aspetti più importanti per la prevenzione del disagio giovanile