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QT n. 16, 2 ottobre 2004 Speciale QT

La scuola nella società

Sfogliando la collezione di QT: storie di aule e di città, di successi e di fallimenti, di giorni grigi e di giorni splendenti.

E’ un vecchio insegnante il destinato a sfogliare le annate di Questotrentino, a scovare, nella catasta, le pagine dedicate alla scuola. Che si rivelano, numero dopo numero, l’album di una vita, con le loro storie d’aula e di città. Storie di relazioni, appassionate e arrabbiate, a confronto con i giovani, gli insegnanti, i dirigenti, gli assessori, i ministri. Storie d’amore e di conflitti, di successi e di fallimenti. Di giorni grigi e di giorni splendenti.

La scuola è il luogo in cui piccoli e grandi lavorano insieme, perché sia trasmessa la cultura che l’umanità ha elaborato nel tempo. Trasmessa, e rinnovata, per fronteggiare i problemi che cambiano. Cultura che è fatta di tecniche, di saperi, di regole, di valori.

Incomincio a sfogliare QT il giorno in cui Romano Prodi (la Repubblica, 1° settembre) richiama la nostra attenzione "sulla sfida decisiva e mortale" che il Paese ha davanti "per far fronte alla trasformazione straordinaria che il mondo sta vivendo". E fra le risorse da mobilitare, "per diminuire il tasso di paura che il Paese nutre verso il futuro", Prodi cita in primo luogo la scuola: vinceremo la paura se sapremo impegnarci in un "grande sforzo comune".

QT sa, da sempre, chi vi scrive e lo legge, l’importanza delle relazioni nell’aula, del lavoro quotidiano nascosto E sa che la scuola è collocata nella città, dove i cittadini eleggono i governanti, gli insegnanti si riuniscono in sindacati e associazioni, gli studenti e i genitori formano e sciolgono gruppi. Di questa doppia realtà, della sua evoluzione, delle crisi e delle riprese, Questotrentino è stato in questi anni un piccolo specchio, un promotore di cambiamento, un fustigatore. Anche con sbandamenti, eccessi, contraddizioni.

Il primo articolo che ripubblichiamo, del 1981, racconta una storia, in un’aula, di "repressione": di insegnanti che non capiscono i loro studenti. L’ultimo, del 2001, è la storia di un’autogestione: di giovani che contestano la scuola pensata dal ministro Letizia Moratti.

Ma la lettura dei fascicoli polverosi e ingialliti la devo interrompere presto. Da Beslan, da una scuola della Russia, ci sorprende un evento che tutti ci tramortisce, cittadini europei, e del mondo. Lì sono uccisi, o segnati per sempre, bambini, genitori, insegnanti. (Anche terroristi, e soldati). Dei "combattenti", per deviare il mondo nella direzione da essi pretesa, scelgono come campo di battaglia una scuola, il giorno in cui riprende l’attività festeggiando con dolci e con fiori. I terroristi hanno capito che la scuola interviene sul mondo, lo ascolta, lo orienta, lo commuove. Essi hanno pensato di usarla con le bombe e con il fucile, noi ci affidiamo al quaderno a alla penna, ai colori, ai dolci, ai fiori.

Alle candele, anche. Riesco a riprendere la lettura di Questotrentino solo dopo la fiaccolata, che ridà a tutti speranza. Ho visto bambini, insegnanti, genitori, pronti a riprendere a scuola il lavoro, in Trentino, con lo sguardo rivolto sul mondo. Se un giornale come QT sopravvive per venticinque anni, vuol dire che la fiducia nel cambiamento ha continuato, e continua, in qualche modo a spirare. In forme diverse, perché sono lunghi gli anni, e i contesti sono mutati più volte. Da Franca Falcucci a Letizia Moratti, da Claudia Piccoli a Tiziano Salvaterra.

Arriva dunque fino all’anno di nascita della testata a spirare l’onda lunga del ’68, il movimento che chiedeva alla scuola di cambiare, radicalmente, metodi e contenuti? Il "fatidico ’68 " fa capolino, di traverso, già nel primo articolo del numero 0 ("Blocco degli scrutini: è l’unica soluzione?") dedicato da Fabrizio Rasera agli insegnanti. Nel 1980 sono nati da poco, gridano, bloccano gli scrutini, i Comitati per il recupero dell’anzianità pregressa. Ad essi aderisce quella parte di categoria che, entrata nella scuola, appunto, prima del fatidico anno, "si riconosce in un’immagine tradizionale del ruolo e della dignità del docente, messa in discussione dalla travagliata storia dello scorso decennio (la dilatazione della scolarità di massa; gli indubbi processi di dequalificazione; la politicizzazione della vita della scuola e l’aumento della conflittualità non solo con studenti e dirigenti, ma nell’impatto con la nuova generazione di docenti; la nascita di un nuovo sindacalismo confederale spesso vivace alla base ma negli ultimi anni soprattutto potente nelle trattative di vertice; la promessa - o minaccia - di riforme sempre imminenti e mai realizzate".

Quelli dei Comitati sono gli insegnanti rivolti con la mente al passato, mossi da uno spirito di rivalsa contro tutto e tutti, "contro la bestia nera dell’ugualitarismo".

E’ la tensione all’eguaglianza la ricerca che guiderà QT: sul "come" il dibattito sarà, naturalmente, infinito. A me, tanto per dire, succederà di polemizzare, in anni lontani, con Carlo De Carli e Luciano Bortolotti. E di dissentire dal direttore Ettore Paris quando, dall’ultima inchiesta fra gli studenti ("Il Liceo, cosa mi ha dato?", n.18 del 2003), ricava un elogio del liceo, così com’è.

Il primo articolo preannuncia dunque i temi, e le linee guida, degli anni futuri: raccontare, attraverso la denuncia, l’analisi, l’inchiesta, "l’azione complessiva per cambiare la scuola e la società". I temi del diritto allo studio, delle riforme, della contrattazione sindacale, della centralità della scuola pubblica, laica e pluralistica, del finanziamento alle scuole private, saranno fondamentali. E con essi l’attenzione agli studenti, fra movimento e riflusso. Ci sono articoli sull’asilo nido e sull’università, sulla formazione professionale e sull’educazione degli adulti, sul tempo pieno e sull’handicap, sugli alunni stranieri e sulle baby pensioni, sulle scuole musicali e sulla professionalità degli insegnanti.

Talvolta i problemi si affacciano attraverso figure di insegnanti, e la recensione delle loro opere. Ci sono pagine dedicate a don Milani, a Freinet, a Bruner, ma anche a Umberto Tomazzoni, a Ubalda Girella, a Rosanna Carrozzini, a Giovanni Gozzer.

Le denunce, spesso nelle pagine delle lettere, vanno da Meano a Pergine, da Mezzolombardo a Vermiglio, da Avio a Coredo, da Ala a Tione. C’è il tetto che cade, e c’è il direttore che perseguita gli insegnanti che fanno educazione sessuale. Del 1982 è la polemica scoppiata nella scuola media di Borgo, in cui genitori e insegnanti si scontrano sui rapporti fra scuola e famiglia, sulla libertà d’insegnamento, sui libri di testo, sulla laicità dello Stato.

Il rapporto fra lo Stato e la Provincia occupa un posto particolare: le norme d’attuazione e la provincializzazione sono per anni cavalli di battaglia. Nel 1989, dopo un articolo di Fabrizio Rasera, nel dibattito intervengono Rosanna Carrozzini, Serena Tiella, Giorgio Grigolli, Alberto Ferrandi, Roberto Devigili, Rossano Recchia, Elvira Zuin, Giorgio Rigo, Donatella Boschetti, Fabiano Lorandi, Sandra Sandri, Ettore Pifferi. Il dibattito suscitato dal Protocollo firmato nel 2002 fra Letizia Moratti e Lorenzo Dellai è solo l’ultima tappa di questa storia.

L’insegnamento della religione è un altro tema molto discusso. In occasione della revisione del Concordato fra lo Stato e la Chiesa, QT si impegna perché anche ai trentini sia garantito il diritto (contestato dalla Curia e dalla Democrazia cristiana, in nome di "consolidate tradizioni" e dell’autonomia speciale) a scegliere se avvalersi o meno dell’insegnamento confessionale della religione cattolica.

Anzi, convinto dell’insoddisfacente soluzione data al problema, il giornale dà ampio spazio alla proposta di un gruppo di intellettuali, laici e cattolici, che, proprio in nome dell’autonomia speciale, suggeriscono di sperimentare, in Trentino, un insegnamento di "cultura religiosa" per tutti, scientifico, laico, obbligatorio.

Se fossimo riusciti in quell’impresa, forse ci troveremmo oggi più maturi a ragionare di Corano e di Islam, di Ebraismo e di ateismo, e non ci troveremmo imbarazzati di fronte alla pretesa di alcuni di esporre il crocifisso come prova di identità occidentale.

Ci sono pagine dedicate alle denunce. E ci sono pagine dedicate a ciò che nella scuola funziona, alle sperimentazioni che coinvolgono i musei, gli enti locali, le istituzioni culturali. Cito, fra cento, "Velaverde", un’esperienza di educazione ambientale condotta dalla scuola media "Bronzetti" di Trento in collaborazione con il Museo di Scienze naturali; una ricerca sul razzismo fatta dagli studenti dell’Istituto magistrale "Rosmini"; "Il fucile di latta", un volume sulla grande guerra stampato dal Laboratorio di didattica del Museo storico; le ricerche alimentari sull’acqua e sulla carne degli studenti di chimica dell’Iti "Buonarroti"; il video "Noi…l’ambiente…e il nostro futuro" preparato da trenta classi della Val Lagarina. Fino alla rubrica, di successo, tenuta a lungo da Quinto Antonelli: "Dal blocco-notes di un maestro di campagna".

La scuola, nelle pagine di Questotrentino, non è un’isola, fa parte del continente. E’ premuta da antinomie, cioè da esigenze ugualmente legittime, ma contraddittorie: la realizzazione dell’individuo rispetto alla conservazione di una cultura, l’inserimento nel sistema produttivo e l’educazione alla creatività, la centralità dei talenti e la necessità di fornire a tutti gli strumenti di base, lo sviluppo del pensiero e la risposta all’emozione, il valore delle identità particolari e la tensione all’universalismo.

La grande domanda che la società moderna ci pone è se, per rispondere alle costrizioni sociali, un individuo deve svilupparsi in un’unica direzione, o se può svilupparsi in più direzioni. Attorno ad essa si arrabattano ogni giorno nell’aula insegnanti e studenti, e nella città chi è chiamato a governare.

Sulla domanda, e sulle risposte, nessuno dovrebbe restare indifferente. Per questo nei confronti di chi scrive di scuola i cittadini pensanti sono molto esigenti. Ne va del futuro dei bambini, e del mondo.