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QT n. 4, 26 febbraio 2005 Cover story

Rovereto: la crisi del centrosinistra

Come l’improbabile sindaco Maffei tiene in scacco l’alleanza. E come la sinistra non riesce più a convincere. La partitocrazia cerca di uscire dall’impasse: se poi, magari, riuscisse anche a trovare un sindaco adeguato...

Del contrasto tra QT e il sindaco di Rovereto Maffei, riferiamo nella scheda Maffei & Boldrini v/s Questotrentino. Qui passiamo alle conclusioni politiche: un sindaco siffatto non è all’altezza di governare una città. Un "mediocre" come lo abbiamo definito, con complessi verso chi è più dotato o istruito, incapace di controllare le proprie reazioni emotive, dalle quali anzi si fa guidare: non è pensabile che un personaggio del genere possa essere a capo di una città che per di più attraversa una crisi di identità.

Il sindaco di Rovereto, Roberto Maffei.

Su questo giudizio a Rovereto concordano tutti gli osservatori. A Trento è ancor peggio: oltrepassato il confine dei Murazzi, Maffei perde le sue poche sicurezze. Nelle riunioni in Provincia delega tutto al presidente Dellai quando questi è presente; in caso contrario se ne sta zitto, intimorito dalla presenza dei dirigenti provinciali. In tale situazione sono andate avanti solo le politiche già impostate (sostanzialmente, lo sbarco a Rovereto dell’Università); non ha trovato supporto l’intuizione di fare di Rovereto, grazie al Mart e ai Festival, una città attrezzata per il turismo culturale; non si è dato sviluppo alle collaborazioni con Trento città, per fare dei due centri un’unica integrata area metropolitana (Trento-Rovereto, finalmente estinta la politica del campanile?). E nemmeno nei rapporti con gli altri centri della Vallagarina si sono fatti passi significativi.

Un capo inadeguato, e per di più sospettoso (quando non ostile e rancoroso) verso i collaboratori più brillanti, non può portare che a risultati scadenti. E allora come mai ora Maffei è ricandidato? E come mai il centro-sinistra si dilania attorno alla sua candidatura?

Il punto di partenza è un triste assioma della partitocrazia, la quale non valuta, se non in seconda istanza, capacità e risultati di un amministratore; prioritari sono le convenienze e i rapporti di forza al proprio interno. Maffei, sindaco scadente, andrebbe tuttavia bene ai partiti del centrosinistra se li avesse accontentati; invece si è pesantemamente scontrato con una parte della sua coalizione, la sinistra, e per questo viene messo in discussione. Dunque la questione si sposta sui rapporti di forza tra i partiti.

E qui il discorso si apre sulla sinistra roveretana; che ha grandi, indubbi meriti. Sostanzialmente quello di aver individuato una nuova identità per la città e di averla coerentemente perseguita; una città che, in linea con la tradizione di Atene del Trentino si configurasse come polo della cultura, dell’istruzione, del turismo ad essa legato da una parte; e dell’innovazione dall’altra, con un collegamento con la secolare realtà industriale. Sul primo fronte le giunte di centrosinistra hanno raggiunto risultati significativi: l’Università, il Mart, il boom della Biblioteca civica, il consolidamento dei Festival. A ciò va aggiunto il rapporto paritario con Trento, perseguito soprattutto dal sindaco Ballardini, che, a differenza di Maffei, con il capoluogo sapeva tessere rapporti costruttivi, e ribaltava con i fatti (l’unificazione dei patrimoni delle due città per dar vita a realtà di dimensioni adeguate, come il Mart e Trentino Servizi) l’annosa querula conflittualità tra i due centri.

Spirato il mandato, Ballardini non si ricandidava. Grazie alle logiche spartitorie dell’alleanza, s’imponeva un sindaco della Margherita e i Ds, primo partito, pretendevano di nominarlo loro. E imponevano alla Margherita l’uomo più debole: appunto Roberto Maffei, con l’idea di continuare a governare per interposta persona.

Solo che Maffei non ci stava, alla sua maniera, da persona oscurata da partner ingombranti: con pubblici sgarbi, in primis all’ex-sindaco Ballardini, per arrivare al licenziamento in tronco, mai motivato, degli assessori Rasera e Ruffini.

Di qui la guerriglia continua tra il sindaco e il maggior partito della sua coalizione.

Beh, si dirà, non dovrebbe esserci storia: da una parte c’è Maffei, dall’altra la sinistra; l’uno è greve, gli altri sono bravi e intelligenti... Calma. Anche la sinistra ha i suoi problemi.

I Ds (e l’aggregazione più ampia, denominata Rovereto Insieme) sono egemonizzati da un gruppo di intellettuali, amici dai tempi del liceo, quando non parenti: Fabrizio Rasera, Diego Leoni, Mario Cossali, Sandra Dorigotti, Gigi Fait, Camillo Zadra, ecc. E’ l’intellighentzia roveretana, di indiscutibile livello e capacità. Che però ha due difetti, in politica esiziali: agire come gruppo chiuso, impermeabile; e mostrare, consapevolmente o meno, un atteggiamento sprezzante verso coloro che non ritengono al loro livello.

Su questa chiusura a riccio, sugli atteggiamenti di supponenza sono infiniti gli episodi che si raccontano. "Ad uno ad uno non posso non stimarli, sono persone validissime - ci dice un interlocutore - Però agiscono da lobby oligarchica, sono permalosi verso chi li critica, né riconoscono errori e responsabilità".

L'ex-sindaco, Bruno Ballardini.

Se a ciò aggiungiamo un grosso interrogativo sul loro operato (il Piano Regolatore dell’assessore Bruschetti) su cui quanto prima intendiamo aprire un dibattito, e che in ogni caso in città è percepito come un’operazione di supporto alla speculazione, è chiaro che anche la sinistra non naviga in ottime acque. E difatti si è sfarinata: Rovereto Insieme si è disintegrata, sono rimasti solo i Ds o poco più. E quando questi, in funzione anti-Maffei, hanno lanciato la ricandidatura a sindaco di Bruno Ballardini, si sono trovati isolati: Rifondazione va per conto suo, i Socialisti non si sa, altri sono attratti dal candidato "civico", l’ex-Dc Guglielmo Valduga...

Ecco quindi che la Margherita da una parte con Maffei, e i Ds dall’altra con Ballardini, non sono due forze, ma due debolezze contrapposte. A questo punto del problema, irrisolvibile a Rovereto, vengono investiti i partiti provinciali. E qui i discorsi sulla città, su ciò che è bene per Rovereto, si sono persi del tutto.

Iniziamo dalla Margherita, che conosce benissimo l’inadeguatezza di Maffei. Ma che teme la sua minaccia: correre in ogni caso, anche da solo con una propria lista civica, potendo contare sull’appoggio dei Verdi (che nella partita fanno propri, personalissimi giochi) e su una frazione dell’elettorato, marginale ma non irrilevante, che apprezza la bonomia popolana di un sindaco alla mano.

Insomma, la Margherita, se si trovasse contro una lista ostile di Maffei, teme di perdere anche il 10% dei voti. "Ma Maffei ce l’avete imposto voi - hanno detto a muso duro ai Ds - Adesso non vi va più bene, e il conto dovremmo pagarlo noi?". Il discorso non è infondato e sui Ds trentini ha fatto presa.

Anche perché a Trento il gruppo roveretano non è amato. In molti si attendevano grandi cose da questo pool di intelligenze riversatosi in politica; ma di fatto si è occupato solo del recinto roveretano, astenendosi dal dibattito provinciale, o intervenendovi - ai congressi ad esempio - solo per sostenere chi garantiva loro più autonomia. "E’ un gruppo di potere" - è stata la conclusione (amara per gli idealisti, soddisfatta per i cinici) in via Suffragio. E come gruppo di potere vanno considerati in funzione dei risultati: e ultimamente i risultati sono magri.

Da qui l’idea della dirigenza diessina di centrare con un colpo solo due obiettivi: fare un piacere alla Margherita, cioè a Dellai; e liberarsi degli intellettuali roveretani, ormai ingombranti, per arrivare a un partito rinnovato.

Da qui l’idea, a costo anche di una scissione, di schierare il simbolo dei Ds a fianco di Maffei.

L’idea però è rimasta tale. L’impresentabilità del sindaco (almeno per la sinistra) è tale, che nessuno si presta all’operazione. Quando il segretario provinciale Remo Andreolli dichiara che "Bruno Ballardini non è stato candidato dai Ds" si trova contraddetto, sui giornali, dal segretario roveretano Curia "Ballardini è il candidato sindaco dei Ds".

Il segretario provinciale dei Ds, Remo Andreolli.

"Quello che io chiedo - ci dice Andreolli - è che si lavori per un centro-sinistra unito. Da una parte venga tolta l’autocandidatura di Maffei, dall’altra i veti e le pregiudiziali. E a quel punto sia il tavolo della coalizione ad esprimere il candidato".

Su questo punto, mentre stiamo scrivendo, sembra che convergano Ds e Margherita. Maffei sembra incerto, teme di rimanere fregato, senza più la possibilità di farsi la sua lista.

Ma la valutazione negativa dell’operato del sindaco da parte di una forza politica, è una pregiudiziale, o un giudizio politico? "E’ un giudizio politico, che va portato al tavolo della coalizione, dove andranno fatte scelte unitarie" - ci risponde Andreolli.

Mah. Alla fine, qualcuno ragionerà sul fatto che bisogna dare a Rovereto un sindaco adeguato? Intanto registriamo con soddisfazione che i Ds roveretani hanno dato il via a partecipate assemblee programmatiche, iniziando (meglio tardi che mai) dal corposo e delicato problema del (proprio) Piano Regolatore.