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QT n. 8, 23 aprile 2005 Monitor

Lo sconcertante Mustonen

Il giovane pianista finlandese affascina, strabilia, sconcerta, emoziona, annoia: grande talento e grandissima personalità.

E’ davvero difficile riuscire ad esprimere lucidi ed oggettivi commenti critici dopo aver assistito, martedì 12 aprile, al concerto del pianista Olli Mustonen presso la sala della Filarmonica di Trento, nella serata che ha segnato la restituzione alla città del palazzo di via Verdi completamente restaurato.

Olli Mustonen.

Il modo di suonare di Mustonen, o meglio il suo vivere profondamente l’arte dell’interpretazione pianistica, risulta così affascinante e ricco delle più varie sfaccettature, ma allo stesso tempo così controverso ed eclettico, da condurre l’ascoltatore attraverso tortuosi sentieri e vertigini inaudite, in cui si alternano piacevoli rivelazioni e forti stordimenti, ammirati sbigottimenti e attimi di pura noia.

Se da un lato si rimane soggiogati dal fascino delle idee e dalla profondità della lettura dei vari brani in programma, dall’altro non si riescono a comprendere non tanto le scelte interpretative (del resto così estremamente personali da non lasciare spazio a critiche obiettive) o le varie tecniche strumentali adottate per raggiungere il risultato prefissato, quanto il disordinato modo di dosare queste ultime all’interno di brani il cui pregio compositivo sta proprio nell’estrema organicità della distribuzione e delle caratteristiche struttive del materiale e, conseguentemente, nel chiaro e regolare andamento discorsivo.

Joan Sebastian Bach.

Chi scrive non vuole nel modo più assoluto riferirsi a problematiche filologiche o stilistiche (noto solamente come gli esiti prodotti da estreme bizzarrie interpretative si accostino beffardamente alla più pedante filologia), quanto all’approccio che un pianista-compositore come Mustonen ha verso brani quali le Invenzioni a 3 voci di Bach, la cui esecuzione integrale ha aperto la serata: si vede bene che il nostro offre una lettura estremamente contemporanea di Bach, ma sotto molti aspetti il suo modo di suonare le quindici piccole perle che costituiscono l’opera è risultato caricaturale, proprio perché il materiale, il modo di plasmarlo e infine lo scheletro stesso della musica bachiana nulla sanno delle allucinazioni, dei tormenti e dei violenti contrasti tanto cari alla poetica contemporanea.

Sono invece rinate sotto nuova luce le cinque Sonate di Domenico Scarlatti, le cui originalità ed estrosità hanno concesso meno spazio alla traboccante personalità del musicista, soprattutto nei brani rapidi e ritmicamente più serrati, il cui movimento incessante ha arginato l’oscillante trama ritmica che aveva annoiato in alcuni brani delle Invenzioni bachiane.

Musica congeniale al talento di Mustonen si è rivelata in massima parte essere quella novecentesca di Sergej Prokofiev, di cui il pianista ha regalato un’interpretazione della raccolta "Musica per la gioventù" che ha davvero lasciato il segno: emozionante, caleidoscopica negli effetti e nel colore, trasognata e travolgente, ma allo stesso tempo innocente e fanciullesca, questa piccola antologia di pezzi ha trovato un interprete che ha saputo renderla al meglio, elevandone l’intrinseco valore artistico.

Stesso dicasi dell’esecuzione della Sonata n.6 del medesimo autore, convincente, profonda e vitale, anche se a tratti, in particolare nei due tempi centrali, la capacità di sostenere l’ampia struttura dell’opera sembrava perdersi in attimi di smarrimento formale e interpretativo.

Calorosi applausi ed un breve bis hanno chiuso il concerto del pianista finlandese, che speriamo poter risentire presto nella nostra città, soprattutto per approfondire meglio la conoscenza della sua personalissima Anschauung, che egli ostenta con ammirevole coraggio ed onestà intellettuale.

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