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QT n. 4, 25 febbraio 2006 Servizi

La fatica di vivere

Il disagio psichico nelle valli alpine.

Il tema del disagio psichico nelle valli di montagna è spesso rimosso, o meglio, addirittura l’argomento e le tante situazioni vengono dimenticate. Provate a parlare con qualche amministratore pubblico: "Da noi il problema non esiste, qui si sta bene, qualche strambo c’è, ma perché o beve o non ha voglia di lavorare".

Questa percezione, nel Trentino, viene forse accentuata dalla assenza, presso i nostri sindaci, di una responsabilità diretta in materia: la sanità infatti è tema di competenza provinciale, un motivo in più per non discuterne.

Ma in valle di Fiemme e di Fassa si muove qualcosa di importante. La storia non è recente, visto che da oltre un decennio i parenti di malati in cura presso il Servizio di Igiene mentale sono organizzati in associazione; la novità degli ultimi tempi consiste nel fatto che questi temi stanno uscendo dal ristretto ambito di medici, malati e parenti.

L’équipe medica guidata dal dott. Giancarlo Pera insiste, tenace, nel pesentare annualmente un bilancio sociale del Servizio. Ci sono dati che preoccupano, con una percentuale di pazienti più alta della media nazionale e della provincia, quindi un disagio sociale forte, nascosto, ma che sta assumendo dimensioni da non sottovalutare. Sarà importante riuscire a descrivere questo disagio, comprendere quali settori di popolazione colpisca.

E’ tutto dovuto alla chiusura, ai confini che i monti demarcano con tanta imponenza? Oppure bisogna guardare più a fondo? Analizzare la qualità del lavoro, cosa significhi un’occupazione stagionale nell’economia turistica, l’assenza di sbocchi, di possibilità di investire in percorsi formativi?

Oppure, le tante famiglie impegnate nelle stagioni turistiche non riescono a comprendere, a costruire dialogo verso le forme di sofferenza che si inseriscono e crescono fra i famigliari?

Sono argomenti poco studiati, ma che meritano di trovare approfondimento. Da quanto emerge, dalle testimonianze dirette dei pazienti, ci si accorge che anche all’interno di famiglie benestanti c’è qualcosa di importante che non funziona, che il disagio nasce e si inasprisce anche in situazioni di benessere economico e quindi non colpisce solo i tradizionali emarginati, quelli che nella scorciatoia del linguaggio dei politici vengono definiti "senza voglia di lavorare, matti, alla fine i più furbi".

I dati riferiti al bilancio sociale del 2005 parlano di un aumento delle prestazioni erogate dal servizio, di una drastica diminuzione dei ricoveri, di un centro che supera il concetto di cura e nonostante la ristrettezza degli spazi investe in accoglienza, nel dialogo, anche nella condivisione delle sofferenze.

L’attività del centro delle valli dell’Avisio non si ferma però a questi aspetti. La dinamicità del personale sta costruendo percorsi di inserimento sociale effettivo, sta investendo in progetti di nuovi lavori, di costituzione di cooperative di servizi e lavoro.

Ma perché tutto questo divenga realtà è necessaria la collaborazione e l’interazione fra gli enti pubblici. E’ necessario trovare amministrazioni comunali che abbiano coraggio e aiutino nella ricerca di spazi e occasioni di lavoro, occorre che l’ente pubblico (ancora la Provincia) costruisca sinergie fra i servizi socio-assistenziali e quelli sanitari, è fondamentale coinvolgere il mondo sindacale e il tessuto sociale della valle.

Anche questi percorsi, pur fra mille fatiche, stanno prendendo forma. La dimostrazione è stata offerta dalla presenza alla giornata d lavoro di diversi amministratori pubblici, di primari dell’Ospedale e di medici del territorio. E’ una rete di competenze diverse che si sta strutturando all’interno di associazioni e di cooperative, sono momenti di solidarietà e scambi culturali che incontrano e al contempo sfidano i cittadini, anche i tanti che non vogliono vedere, chi si rinchiude in casa e si accontenta della partita di calcio o del buon film serale.

Ora è necessario che a credere in questi percorsi sia la Provincia, ed in modo particolare l’intera Azienda Sanitaria. Alcuni segnali positivi stanno arrivando, ma si raccolgono anche sofferenze e ritardi, a volte esplicito fastidio. A Trento - accade troppo spesso - si soffre il protagonismo, l’innovazione che nasce dalla periferia. Si vorrebbe standardizzare ogni percorso, ogni iniziativa. Ma chi può riuscire a fare del disagio mentale un insieme di statistiche, ad uniformare comportamenti e cure, attenzioni? Pensiamo che sull’argomento la burocrazia debba rimanere il più possibile marginale, che almeno in questo settore della sanità al centro dell’attenzione ritorni protagonista la figura del paziente, la sofferenza dei parenti; che si abbia il coraggio di entrare nel territorio per approfondire l’analisi sulla qualità della vita nelle vallate turistiche. La presenza degli amministratori pubblici alla giornata di lavoro anticipava questa esigenza. Ora è necessario che venga raccolta.