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QT n. 7, 6 aprile 2007 Servizi

Dellai e la Margherita 2: geniale o ripetitivo?

La “lista dei volonterosi”: una Margherita 2 con gli stessi ingredienti della Margherita 1. E intorno è tutto diverso...

“Di sicuro si inventerà qualcosa". Era questo il leit motiv del mondo politico fino ad alcune settimane fa: Dellai, lo stratega, quello che vede in avanti, il grande prestigiatore, il politico dalle mosse inaspettate e vincent, avrà un’alzata di genio, farà una proposta innovativa che spiazzerà tutti, e che lo farà uscire dall’angolo in cui sembra essersi cacciato, a capo di una Giunta in crisi di consensi, detronizzato perfino nel suo partito, la Margherita.

Lorenzo Dellai

Alfine l’invenzione è arrivata. Con un’intervista prima del delfino Luca Zeni, poi dello stesso Presidente, più una serie di indiscrezioni fatte filtrare, si delinea la proposta: una "lista dei volonterosi", capeggiata dallo stesso Dellai, aperta verso il centro-destra, con la missione di agglutinare il consenso nelle valli, e quindi aggiuntiva a DS e Margherita (o Partito Democratico) confinati nelle città. Il giorno dopo, ad avvalorare e rilanciare, interviene Mario Malossini (che, oltre che ex-presidente, è anche coordinatore regionale di Forza Italia): "Le sue parole sono musica per le mie orecchie".

Questi, sommariamente, i fatti. Che qui cerchiamo di interpretare, anche alla luce degli avvenimenti successivi. La "lista dei volonterosi" di Dellai ci pare qualificarsi come una sorta di Margherita 2 (o forse 3, in mezzo c’era stata la non brillantissima "Casa dei Trentini"). Analoghi, infatti, sono almeno tre dati di fondo. Uno, la caratterizzazione valligiana, al pari della Margherita 1, che era risultata il partito dei sindaci, anzi di più; viene infatti ipotizzata una lista orientata soprattutto verso le valli, in aggiunta, o meglio, in competizione, con i DS-Margherita, più cittadini. Due, l’apertura alla società civile, il superamento dei partiti tradizionali; con proposte di candidature eccellenti, a iniziare dai Lunelli delle cantine Ferrari, anche qui come nella Margherita . Tre, la ricerca del centro, inteso soprattutto come aggregazione dei notabili, anche i più discussi. Di qui la convergenza, evidentemente concordata, con Malossini (che è pur sempre responsabile di corruzione e ricettazione), proprio come con la Margherita del ’98, quando Dellai diceva ai suoi: "La mia persona garantisce la sinistra, tutto il resto deve essere rivolto a destra" ed imbarcava gente come Amistadi e Grandi (pochi mesi prima dello scandalo dei dollari in Russia), e stringeva un patto di ferro con Tretter (pochi giorni prima della galera per furto di orologi).

Ma a parte l’estetica (o meglio, l’etica, argomento che poi infatti tornerà, e pesantemente) la Margherita 1, se non altro sul piano elettorale, ha funzionato. Perché mai non dovrebbe funzionare la Margherita 2?

Così hanno pensato in diversi, oltre a Malossini. A sinistra, oltre ai consiglieri ormai ex, senza più partito né speranze di rielezione (Barbacovi e Parolari), sono prontamente scattati sull’attenti il sindaco Pacher e la vicepresidente Cogo. Nella Margherita vari esponenti, soprattutto assessori, si dicono pronti a seguire Dellai. Sulla stampa, oltre a un titolo de L’Adige che si rivelerà sballato ("Grande fuga dal Partito Democratico – Margherita, i big con Dellai"), si registra un ossequioso editoriale del neo vice-direttore del Trentino ("Uno scatto da finisseur"), di cui parliamo nel box a lato.

La storia però non si ripete, la Margherita 2 non decolla. Anzitutto registra un’aperta, crescente ostilità dell’establishment politico. Il centro-destra sconfessa Malossini ("Chi va con Dellai è fuori" - intima da Bolzano la coordinatrice Biancofiore); ed anzi crede di scorgere nella proposta un ulteriore sintomo di debolezza del Presidente, da incalzare ulteriormente: "Siamo impegnati a costruire un’alternativa a Dellai, non può esserci dialogo" - ci conferma il forzista Ettore Zampiccoli. Ma anche l’establishment margheritino non è da meno: "C’è chi, a forza di andare avanti, si trova solo" - ironizza il senatore Betta. E anche gli interlocutori autonomisti si defilano.

Forse non c’è da meravigliarsi: in fin dei conti la destra, il PATT, ma anche i notabili margheritini, del progetto dellaiano sono concorrenti. Ma parallelamente non si registrano adesioni significative, la stampa diventa molto prudente, le valli rimangono fredde.

In effetti la Margherita 2 più che un sequel, sembra una cosa fuori luogo. Rispetto al ’98 è cambiata una cosa fondamentale: Dellai non è più il volto nuovo della politica, il sindaco di Trento che si candida a rinnovare la scena provinciale; è il governatore, che dopo dieci anni non può mettersi a parlare di "nuova stagione", di "mobilitare la società"; deve prima di tutto presentare un bilancio di quello che ha fatto. A dire il vero, nel proporre i "volonterosi", Dellai pone un argomento vero: "Non siamo riusciti a far capire l’urgenza delle riforme". Giusto, il nostro è stato il coraggioso presidente delle tante leggi di riforma, risultate però fallimentari (turismo), impopolari (Itea) incomprese (ricerca) o comunque osteggiate (scuola e urbanistica) o fortemente contrastate e prevedibilmente destinate al fallimento (decentramento). Ma una delle cause di questi esiti, anzi la principale, è proprio il localismo come cultura e il feudalesimo di valle come referente politico; tutte cose congenite alla Margherita 1e che si vorrebbero accentuare nella Margherita 2 (addirittura istituzionalizzando, attraverso partiti concorrenti e contrapposti, le differenze città\valli).

Al congresso di Trento dei DS, di fronte ai soliti notabili che, alla perpetua ricerca del minor attrito col potente alleato, teorizzavano che se e come Dellai fa la sua lista sono affari suoi, o addirittura, più la fa sbilanciata a destra meglio è, così la coalizione prende più voti, la consigliera comunale Sara Ferrari ricordava: "Sì, ma quando poi dobbiamo fare i conti con gli Amistadi, finiamo con l’approvare leggi che ci fanno vergognare".

Il segretario della Margherita, Giorgio Lunelli.

Insomma, qual è il senso di una Margherita 2 confezionata con gli stessi ingredienti della prima versione? Anche perché la Margherita 1 tuttora esiste, e non ci sta ad essere rottamata.

I partiti non sono cose astratte, sono fatti di persone e di interessi: i notabili della Margherita, il senatore Betta e l’assessore Grisenti in primis, si sono impadroniti della macchina del partito, hanno (Grisenti) girato il Trentino in lungo e in largo costruendosi clientele, tessere e consensi, si sono poi ribellati al Dellai padre-padrone e lo hanno sconfitto al congresso; e ora non hanno intenzione di farsi mettere in disparte per fare largo a "una trovata da marketing elettorale".

Dellai si è trovato di fronte un muro. E così, il 3 aprile, rilascia un’altra intervista: "Non ho nessuna ambizione di promuovere una lista sponsorizzata da me".

Avevamo capito male.

“Lapertura al centro-destra di Malossini, Dellai l’ha fatta quando a livello nazionale l’Unione era in crisi: – ricorda Aida Ruffini dei DS – perdita di consensi nel paese, incombenti votazioni al Senato, avances dell’UDC per un grande centro. Ma in pochi giorni lo scenario è cambiato: votazioni favorevoli, i soldi del tesoretto, le liberalizzazioni di Bersani e per converso lo sfascio del centro-destra e gli autogol dell’estremismo della CEI. E anche l’idea di un centro trentino, sganciato dalle dinamiche nazionali, aveva un senso solo se il centro-sinistra nazionale andava a picco."

Ancora più deciso il commento del senatore Giorgio Tonini, diessino anch’egli: "A me qui sembrano tutti fuori dal mondo. A Roma si discute, si litiga, si soffre anche, ma il Partito Democratico lo si sta varando: a settembre-ottobre si darà il via alla Costituente. Qui invece c’è un’inerzia assoluta, non ci sono incontri, elaborazioni in comune DS-Margherita, al massimo si fanno interviste sui giornali. Se si va avanti così, a settembre mi metterò io per strada con un baracchino a raccogliere le adesioni alle primarie...".

Che c’entra il Partito Democratico con la lista Dellai? C’entra: nel senso che la seconda voleva – anche - essere una risposta a chi, nella Margherita, con la sinistra non ci vuole proprio andare. Evidentemente giungono al pettine i nodi di anni spesi non a fare sintesi, ma ad imporre veti, esclusioni, decisioni.

"Ora il PD lo si farà, e molto probabilmente si dovrà farlo bene – prosegue Tonini – La scissione di Mussi impone di fare una cosa partecipata, altrimenti ha ragione lui, si tratta di un accordo tra oligarchie. Per questo prevedo una forte apertura: i membri per la Costituente eletti attraverso primarie, un processo che facilmente avrà una forte e salutare connotazione anti-oligarchica. E a Trento cosa facciamo? Ci balocchiamo con i DS e la Margherita che saranno due cadaveri? Da Dellai mi aspettavo che prendesse in mano lui il PD, dandogli una connotazione territoriale. Se poi c’è proprio bisogno di una Lista Melinda di appoggio, la si fa; ma non può essere lì il cuore dell’alleanza".

Insomma, l’alternativa potrebbe essere il Partito Democratico? Inteso come soggetto con forte legittimazione e coinvolgimento popolare?

Di sicuro Dellai non sta lavorando in quella direzione. "Perché non è una creatura sua, e lui ama inventare, non accodarsi" dicono i maligni. Ed il notabilato diessino e margheritino è strutturalmente avverso alle novità, soprattutto a quelle che possono mettere a rischio le careghe. Siamo costretti a sperare che – come prefigura Tonini - venga da Roma l’impulso a cambiare. Molto meglio quello che la centralità della Lista Melinda.

 L’imprudente panegirico

“Chapeau, monsieur Dellai – inizia l’articolo – Tanto di cappello a lei e all’istinto che le ha consentito, negli anni, di fare del Trentino un laboratorio", ecc. ecc. E poi ancora: "Fiutando segnali di debolezza, l’animale politico che abita a piazza Dante ha risfoderato gli artigli e piazzato la zampata...". E via così, con sperticati elogi alla trovata dellaiana della "lista dei volonterosi", poi naufragata in dieci giorni. Ma chi è che scrive? Uno dei tanti lecchini in cerca di qualche favore? Un aspirante a uno dei (ricchi) seggi nel prossimo Consiglio provinciale?

No, a vergare tali ed altri immaginifici encomi (pomposamente intitolati "L’analisi") è il nuovo vicedirettore del Trentino, Andrea Iannuzzi. Un bravo ragazzo, ci dicono, serio, preparato. Paracadutato in Trentino dal vicino Veneto, a farsi le ossa. Noi gli facciamo i nostri migliori auguri. Ma intanto chiediamo alla redazione: non sarebbe meglio che informassero il nuovo capo della situazione locale, e gli suggerissero di astenersi dall’esternare pubblici entusiasmi per cose che non ha ancora compreso?