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Il coniglio di Dellai

Lorenzo Dellai, presidente di una giunta provinciale in calo di consensi, lancia ipotesi di nuove scatole politiche: e riesce a spostare il dibattito dalle cose da fare alle formule del politichese.

E’ stata l’intervista con gli sci ai piedi, in cui Lorenzo Dellai, sulle piste del Cermis, ha aperto al Partito Democratico, la notizia politica di queste ultime settimane. Non amiamo seguire le schermaglie della tattica politica; eppure il fatto ci presta il destro per un ragionamento più ampio.

L’on. Giovanni Kessler

Il punto vero è il governo dell’attuale Giunta Provinciale. Che, come peraltro sottolineato da varie fonti, tra cui, recentemente alcuni editoriali de L’Adige, può presentare un bilancio decisamente insoddisfacente. E attenzione, non perché non siano stati presi provvedimenti, perché si sia preferito rimandare, ma perché la sua attività non ha generato consenso. Dellai non è stato certo con le mani in mano, ha portato a casa una serie consistente di riforme - quella istituzionale, della scuola, della ricerca, dell’Itea – tutte però criticate quando non fortemente contrastate. Ora, molto spesso le riforme vere ledono interessi costituiti e quindi suscitano contrasti, però aprono nuove prospettive: invece nessuna delle riforme della Giunta Dellai ha saputo suscitare consensi, bensì solo preoccupazioni e allarmi. E’ solo questione di “cattiva comunicazione”?

A questo aggiungiamo che la normale attività amministrativa ha sì ampiamente accontentato i referenti sociali più vicini, dagli imprenditori edili ai cacciatori, ma ha anche mostrato inopinati sbandamenti su un fronte tradizionalmente presidiato dal centro-sinistra, lo stato sociale: le vicende della sanità e degli asili-nido (seguite peraltro ai calci in bocca agli inquilini Itea) sono emblematiche (ne parliamo in questo numero rispettivamente in La sanità trentina del dopo-Favaretti e No agli asili nido: le donne stiano a casa!). Non a caso lo stesso presidente, sulla Sanità si è sentito in dovere di intervenire ripetutamente (e confusamente).

Ovviamente non tutto è da buttare: la scelta della Giunta a favore di ricerca e istruzione si è dimostrata lungimirante. Più in generale, tirando le somme possiamo dire che Dellai è riuscito a proporre un modello di sviluppo convincente: ma solo per le città, per l’asta dell’Adige. Invece alle pur ricche valli, non si è stati capaci di offrire prospettive. E i risultati elettorali sono stati conseguenti.

La risposta di Dellai è stata molto, troppo parziale. Del problema di fondo – una politica che non dà futuro alle periferie, perché condizionata dai rapporti con obsoleti potentati locali – ha colto l’aspetto più superficiale, la “magnadora”. Una mera questione di stile nel relazionarsi con le clientele di valle. Al diretto responsabile, l’ingombrante assessore Grisenti imputa l’arroganza dei modi, non l’arretratezza della politica. Su questo tema Dellai ha imposta il congresso del suo partito, la Margherita; e lo ha perso.

Questa crisi nasce quindi da una strategia di governo inadeguata, e da un vuoto di idee alternative. Ne è la riprova lo stato confusionale del periodo seguente il congresso della Margherita. Con i vincitori, i padrini Betta e Grisenti e il neosegretario Lunelli, che non sanno che proporre; e comunque sono consapevoli di non avere un candidato presidente alternativo a Dellai. E quest’ultimo che brancica nel buio, con “intuizioni” politiciste le più svariate e anche sconclusionate: l’enfasi sul ridicolo “Titolo storico” per agganciare gli autonomisti (vedi Museo storico: più politica che storia?); l’inopinata conversione Teodem (Dellai, teodem per necessità?); le rutilanti proposte sulla Sanità (un’Authority per limitare il potere del Direttore dell’Asl).

Il capogruppo della Margherita Giorgio Casagranda

“Il problema vero è in effetti politico – concorda il senatore Giorgio Tonini dei Ds – La chiave per uno sviluppo di qualità è la sinergia tra cultura e impresa; noi invece, tra cultura e lavoro abbiamo una frattura, come esemplificato dalle dichiarazioni del consigliere Amistadi (della Margherita ndr): nelle valli si pensa che il lavoro sia un fatto manuale, e la cultura una frivolezza, propria delle città e del loro lavoro impiegatizio ed assistito. Ora la Giunta ha affrontato questo nodo, gli investimenti in istruzione e ricerca pongono il Trentino all’avanguardia in Italia. Però tale scelta (affidata non a caso a due assessori tecnici) non è diventata pensiero politico, non ha permeato il rapporto tra governo e società civile. Per cui ha finito con l’essere una delle dimensioni, non quella che dà senso all’insieme”.

Per Tonini quest’assenza di indirizzo politico è frutto dell’essenza stessa dei partiti di governo: “La Margherita ha avuto il grande merito storico di risparmiare al Trentino le esperienze che al Veneto hanno dato amministratori come Gentilini e Galan (rispettivamente sindaco di Treviso e governatore del Veneto, noti per l’estremismo delle loro posizioni ndr). Però, come dice lo stesso Dellai, è un partito fragilissimo, che si regge solo sul rapporto con i sindaci come leader delle comunità locali. E sui Ds non apro nemmeno la pagina. Invece c’è bisogno di un partito non come cricca per occupare il potere; ma come pensiero politico organizzato sul territorio. Come oggi succede al Pds in Toscana, come accade al Festival dell’Unità sulla Neve, dove ad Andalo si trovano in migliaia a discutere di politica, ma marchigiani ed emiliani; da noi non ci sono le sezioni che discutono della Finanziaria. E se non hai il rapporto politico con le periferie, poi ogni cosa si sfilaccia, e alla fine sei costretto alla magnadora, che è la fase terminale, il potere come ricatto, che al massimo può consentirti un ultimo giro”.

Ovviamente diverso è il parere dentro la Margherita. “Per le valli si è fatto molto, attraverso le leggi di riforma – ci dice Giorgio Casagranda, capogruppo in consiglio Provinciale – attraverso il Pup, come con le Comunità di Valle, ci sarà un decentramento delle decisioni. Così i territori, che saranno dotati di competenze, fondi, personale, potranno decidere e gestire il proprio sviluppo. E sarà anche eliminata alla radice ogni tentazione di magnadora, cioè di rapporto ricattatorio dal centro”.

Mauro Bondi (consigliere provinciale)

Come si vede un’analisi radicalmente diversa da quella di Tonini. Da una parte si dà un giudizio insufficiente del progetto e dell’organizzazione politica, nel rapporto con i territori; dall’altra invece si individua proprio nel rapporto ulteriormente decentrato un fattore di rilancio dell’iniziativa politica. Per Tonini “manca una visione d’insieme”; per Casagranda “è elitario pensare di calare progetti dall’alto; saranno le comunità locali, ora dotate dei mezzi opportuni, a elaborare i propri progetti”.

Se poi sentiamo Mauro Bondi, consigliere provinciale anch’egli dei Ds, il giudizio è ancora più drastico. “Dellai prende le distanze dalla magnadora per una mera questione di stile. In realtà il clientelismo è la cifra delle ultime decisioni della Giunta: basti pensare alla nomina al Tar di Alma Chiettini (funzionario del Consiglio Provinciale, ora giudice per nomina politica ndr); alla Fondazione Kessler di Alessandro Dalla Torre (già portaborse di Dellai, vedi “Un portaborse a capo della ricerca trentina? su QT n° 16 del 2005), come pure le ultime uscite sul Museo Storico. E, più in grande, la ventilata nomina di Silvano Grisenti alla presidenza dell’Autobrennero. Ma come? Si ritiene opportuno liberarsi di Grisenti per via del suo imbarazzante clientelismo, e lo si piazza in un posto dove potrà fare le stesse cose, ma moltiplicate per dieci?”

In questo contesto arriva l’uscita di Dellai. Che dice: “proporrò una qualche iniziativa trasversale, che non è un partito o una lista, ma che dovrà servire a costruire una coalizione…”. Il tutto nella (indeterminata) prospettiva del partito Democratico.

Giorgio Tonini (senatore)

L’uscita coglie l’unanime plauso degli esponenti della Margherita, anche del segretario Lunelli che due giorni prima aveva definito il Pd “un’esercitazione da salotti”. Dentro i Ds coglie anche il consenso di Tonini (“l’autorevolezza di Dellai dipende dalla sua capacità di proporre percorsi nuovi”). Ma il fiero dissenso di Bondi: “non è il Partito Democratico, ma un escamotage come la defunta Casa dei Trentini; per mettere assieme più liste attorno al suo nome. Nessuna novità”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Giovanni Kessler, già deputato dell’Ulivo, animatore dell’Associazione per il Partito Democratico: “Io vedo solo una soluzione seria: formare la lista del Partito Democratico per le elezioni del 2008. Il resto sono chiacchiere. O si fa un partito veramente nuovo, con la fase costituente gestita non dai partiti, ma attraverso le primarie, oppure si ripropone la solita federazione tra segreterie, che non interessa nessuno, e non servirà più di tanto neanche al candidato Dellai.”

A noi sembra che Dellai abbia ancora una volta estratto dal cappello a cilindro il coniglio che ha calamitato l’attenzione. Prima si parlava, anche attraverso documentate inchieste giornalistiche, degli obiettivi di governo, quelli (non) raggiunti e quelli da perseguire. Poi si è iniziato a discutere di formule, “iniziativa trasversale… nuova Casa dei Trentini… processo costituente…”

Per noi il tema è invece l’altro: come valutare l’operato della Giunta? Cosa può fare in questo anno e mezzo?

I temi veri rimangono quelli: quale sviluppo, quale welfare, quale rapporto centro\periferia.