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PD: telenovela a una svolta?

L’uggiosa storia del Partito Democratico Autonomista Territoriale Trentino, tra coloro che lo vogliono, quelli che no, quelli che fanno finta.

Ciontinua la telenovela sul Partito Democratico trentino. Oramai farsesca. Perchè in questi giorni si sta afflosciando l’ultimo paravento dietro cui si nascondeva la fazione anti-PD: il moloch del partito nazionale e centralista, con Trento ridotta a scattare sull’attenti agli ordini romani. "E’ maggioritaria nella Commissione Statuto l’idea di un partito federato; in cui le articolazioni regionali godono di ampia autonomia. E questo non solo per il Trentino, ma per tutti" ci dice Luca Zeni, della Margherita, eletto nell’assemblea costituente del nuovo partito.

Luca Zeni con il segretario Giorgio Lunelli al congresso della Margherita.

Difatti il PD rogne ne ha diverse (basti pensare al tema della laicità, con l’evidente imbarazzo ad arginare le sempre più invadenti pretese del Vaticano e dei suoi pasdaran); ma sul discorso dell’articolazione territoriale, stanno agendo positivamente sindaci e governatori del nord – Chiamparino, Cacciari, Bressa, Illy – che rivendicano un’organizzazione federale, indispensabile innanzitutto per riconquistare il voto settentrionale, e – quel che più conta – per declinare nello specifico delle particolarità locali le politiche nazionali. Questa soluzione – il partito federato in tutta Italia, e non il partito autonomo, peculiarità del solo Trentino – è poi la migliore anche per lo stesso Trentino: che a forza di rivendicare trattamenti particolari in nome di misteriose particolarissime specificità, ha ormai stufato tutti. Ad abusare dell’Autonomia, la si delegittima.

Ma a questo punto, appurato che il PD non è centralista, perchè non si fa anche in Trentino?

All’ultima riunione, il segretario della Margherita Giorgio Lunelli e il capogruppo Giorgio Casagrande hanno finalmente risposto con franchezza: "Perchè non riusciamo a portare nel nuovo partito tutti i voti".

Ed ecco quindi la necessità di andare alle elezioni del 2008 con (almeno) due liste. Che poi rischiano di essere – e di apparire - i soliti Ds e Margherita, riverniciati.

Questa impostazione appare datata, ingessata. Con i Ds reduci da un’esperienza di governo poco esaltante (e che rischiano di ripresentare come candidati "forti" – perchè forti nel partito – proprio i responsabili dell’insuccesso governativo, cioè la vicepresidente Margherita Cogo e il segretario-assessore alla sanità Remo Andreolli). E con la Margherita che ha ormai elevato a ragion d’essere il concetto di "territorialità" spinto all’estremo, con una conseguente frammentazione dei poteri, delle rappresentanze, degli interessi: ormai non è tanto il partito del governatore Dellai, che difatti ha perso l’ultimo congresso, ma la somma dei tanti boss e amministratori di valle e di paese. Il che ha portato a mettere al primo posto la clientela (la "magnadora") e in soffitta la politica.

Giorgio Viganò, dell'ala sociale della Margherita.

"E’ una dinamica reale, un processo di sminuzzamento dei poteri che va avanti a cascata, dalla provincia rispetto alla dimensione nazionale e poi giù giù, fino alle rivendicazioni dei singoli – ci dice Giorgio Viganò, consigliere provinciale dell’"ala sociale" della Margherita – E’ il discorso del Censis di De Rita, la "mucillaggine sociale" in cui si è trasformata l’Italia. Vi va contrapposto il discorso del cardinal Tettamanzi sul "bene comune". Se si pensa di speculare sulle particolarità, non si va da nessuna parte."

In questa situazione, a salvare il centro-sinistra può venire la tradizionale insipienza del centro-destra. Che difatti ha dato una grossa mano, con i continui e indecorosi tentativi di inciucio del suo improbabile leader Mario Malossini, sempre proteso a un accordo, anche personale, con Lorenzo Dellai. Ma il tempo di Malossini ormai sta tramontando (meglio tardi che mai) anche nello squinternato centro-destra trentino: e il profilarsi di una nuova leadership, nell’accoppiata dei quarantenni Walter Viola e Marcello Carli, può rendere l’alternativa credibile.

Di qui la necessità per il centro-sinistra di darsi anch’esso una mossa. In che direzione?

La lista della Margherita, opportunamente riverniciata da qualche trovata di Lorenzo Dellai (ma si è visto che esistono limiti anche agli effetti speciali) sarà basata sull’appeal del leader più quello dei contributi: ricetta collaudata, anche troppo.

Più in affanno i Ds. Che non esistono più a livello nazionale, e sono costretti a reinventarsi a livello locale. E si trovano di fronte a un bivio: se imboccano la strada usuale (lista specchietto, per far eleggere i soliti noti, a iniziare da Andreolli e Cogo) non vanno da nessuna parte. Facilmente si troveranno a dover competere con una terza lista, con Giovanni Kessler, l’associazione per il Partito democratico e magari qualcuno della Margherita, a iniziare dall’ala sociale.

Dovrebbero quindi battere strade nuove. Sui contenuti (alternativa, pur all’interno del centro-sinistra, al territorialismo senza fututo della Margherita); sulle persone (in disparte chi ha già collezionato due mandati, cioè Andreolli, Cogo, Pinter; leadership al sindaco Pacher, che noi non apprezziamo ma gode di grandi, diffuse simpatie); e sulla capacità di mettersi in discussione attraendo forze e volti nuovi, dalla Margherita, dall’Associazione per il PD, dal vagheggiato popolo delle primarie.

L’uggiosa telenovela sul Partito Democratico Autonomista Territoriale Trentino, saprà presentarci qualche gradita sorpresa?