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QT n. 1, gennaio 2011 Trentagiorni

Kessler: più che altro gaffe

Gianni Kessler

Gianni Kessler è stato dunque nominato direttore dell’OLAF, l’organismo dell’Unione europea anti corruzione: una struttura complessa e articolata di quasi 500 persone chiamata a monitorare sull’utilizzo delle risorse comunitarie, con possibilità di svolgere indagini e accertamenti anche sulla Commissione europea. Un incarico certamente prestigioso per lui e per il Trentino, la cui importanza non è stata adeguatamente rilevata dai giornali locali. Tutto è stato incentrato sulla questione delle dimissioni di Kessler sia da presidente del Consiglio provinciale sia da semplice consigliere del PD. In realtà Kessler ha inanellato una serie di scivoloni cominciati con una intervista all’odiato e ostile Adige nella quale si ventilava la possibilità di conciliare i due incarichi dividendosi fra Trento e Bruxelles. Non solo: in un crescendo di gaffes Kessler arrivava a dire che partecipare alle commissioni provinciali non è obbligatorio e sostanzialmente inutile, che i consiglieri provinciali non hanno molto lavoro e che devolverà in beneficenza parte degli stipendi cumulati. Un disastro per un politico intransigente sul divieto ai doppi incarichi e per un presidente che voleva rilanciare l’azione del Consiglio, spesso in contrapposizione con lo strapotere della Giunta.

Apriti cielo: l’intervista dà la stura a una campagna pesantissima dell’Adige volta a smascherare il “moralizzatore”, e soprattutto a una sollevazione interna al PD attraverso un profluvio di messaggi e-mail di molti dirigenti scandalizzati dal comportamento di Kessler.

I malevoli leggono nella vicenda una riprova dell’arroganza dell’uomo, della sua sfrenata ambizione; i benevoli pensano ai diffusi pregiudizi nei suoi confronti e sono sicuri che alla fine si dimetterà. Dal punto di vista politico si può dire che Kessler si è rivelato incapace di fare squadra intorno a sé preferendo una corsa solitaria. Che comunque lo ha portato a prese di posizione coraggiose, come nel caso delle acciaierie di Borgo. Una posizione scomoda che ha irritato molti nel partito; di qui un dibattito acceso e partecipato, mai visto su altre vicende molto più discutibili. Sparare su chi sta per andarsene rivela un’insofferenza di fondo contro una linea politica non abbastanza piegata su Dellai.