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Creatività spartitoria

Riassumiamo per i distratti. Avendo Paolo Duiella concluso il suo mandato di presidente dell’Autobrennero, occorre trovargli un successore. Senza dir niente a nessuno, il governatore Rossi fa il nome di Andrea Girardi, già commissario alla Cantina LaVis e uomo di area PATT. Ma il PD, solitamente cedevole su ogni sorta di tematiche, sul destino di questa poltrona non intende piegarsi, giacché per quell’incarico ha pronto un suo nome: l’avvocato Luigi Olivieri, il cui cursus honorum ha fin qui attraversato quasi tutte le istituzioni rappresentative, dal Comune alla Camera dei Deputati, alla Comunità di Valle (gli manca solo il Consiglio Provinciale, dove pure ha cercato di entrare nel 2013, risultando però il primo dei non eletti).

Il contrasto fra le due ipotesi produce – citiamo l’Adige – “due settimane di alta tensione nella maggioranza, con le dimissioni minacciate dal governatore e il rischio di una crisi di governo”. Che il contrasto fra i due nomi sottintenda due diverse strategie di gestione dell’A22 non risulta da nessuna dichiarazione: dunque, pura questione di mettere il proprio cappello su un centro di potere.

Ma i contendenti, politici sopraffini, escogitano un marchingegno, accordandosi di dividere a metà mandato e compenso per i due candidati. A ciascuno dei due andranno quindi un anno e mezzo di presidenza (nonché 219.000 euro), e tutti contenti.

Difendere una tale soluzione quanto meno anomala non è facile e difatti le giustificazioni addotte appaiono inconsistenti e soprattutto non affrontano il vizio della faccenda: “Le competenze delle persone nominate sono fuori discussione. Sono state indicate persone preparate e stimate” – balbetta Ugo Rossi, mentre il democratico Nicoletti, sponsor di Olivieri non fa miglior figura: “Abbiamo proposto una figura che avesse competenze professionali ma anche politiche, di rapporti con le istituzioni nazionali”. Ma all’interno stesso del PD c’è malumore ed Elisabetta Bozzarelli, una della candidate alla segreteria del partito, denuncia: “Prima gli interessi dei singoli e gli equilibri tra i partiti, poi la società. La più classica delle spartizioni... Come arginare la sfiducia se si agisce esattamente nel modo che i cittadini contestano?”. Quanto ai beneficiari dell’accordo, registriamo la voce di Olivieri, che proclama il proprio “diritto” a ricoprire quell’incarico: “Sono contrario a pensare che chi ha fatto politica ed ha professionalità debba stare fuori solo per questo. Anzi, in questo caso... si tratta anche di un valore aggiunto”.

Ma fra gli osservatori “indipendenti” è un coro di proteste, a cominciare dai pur pacati rilievi dell’ex presidente Duiella, che – al di là dell’aspetto etico della faccenda – rileva le controindicazioni della soluzione adottata: “La staffetta è una cosa negativa. Quando si deve fare ricorso massiccio al mercato di capitali, uno degli elementi su cui il sistema bancario basa il proprio giudizio è quello della governance. E se questa è consolidata con un presidente stabile si viene considerati meglio”.

Senza tener conto, come fanno altri commentatori, dei molti appuntamenti impegnativi che la società dovrà affrontare nei prossimi mesi: dal rinnovo della concessione alla trasformazione dell’A22 in società totalmente pubblica, all’investimento miliardario per il tunnel del Brennero.

Le bordate più micidiali (che sottoscriviamo in pieno) provengono però dal direttore dell’Adige Pierangelo Giovanetti, che parla di “dimostrazione plastica del vuoto di visione della politica”, di “trucchetti da tramaccioni di quarta categoria”, di “sgorbio abortito, preteso o proposto per tacitare il PD in bulimia di poltrone e di ruolo”, di “soluzioni che neanche nella Prima Repubblica, dove tutto era lottizzato, si sarebbe immaginato di escogitare”. Quanto ai geni ideatori del marchingegno, “il PD non farà molta strada se pensa di controbilanciare la linea del governatore tirando fuori il primo dei non eletti alle elezioni provinciali come asso nella manica”, mentre Rossi “non andrà da nessuna parte se crede di risolvere i problemi moltiplicando le poltrone e le indennità”.

Che altro aggiungere? Visto che è stata evocata la Prima Repubblica, bisogna ribadire quanto scritto da Giovanetti: che una siffatta spartizione della stessa torta nemmeno allora nessuno osò mai metterla in pratica; magari perché, con una maggioranza composta da 5 forze politiche (il famoso Pentapartito) un incarico della durata di tre anni avrebbero dovuto spezzettarlo in 5 turni di 7 mesi e 6 giorni a testa. Ridicolo; ma anche due sole fette da un anno e mezzo sono decisamente invereconde.

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