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Cronache marziane

Il presidente dell’INPS Boeri butta lì la proposta di applicare il metodo contributivo ai vitalizi degli ex parlamentari: sarebbe, a conti fatti, un risparmio annuo di 76 milioni di euro. Bello, e impossibile, probabilmente. L’Adige sta al gioco, rilevando che, a livello provinciale, sarebbero 300.000 euro in meno. E chiede cosa ne pensino alcuni ex trentini.

Sandro Schmid (“Devo ancora approfondire”) e Ivo Tarolli (“Non sono al corrente, sono fuori sede”) scansano la domanda, mentre favorevoli, con varie sfumature, si dicono Lucia Fronza Crepaz, Luciano Azzolini e Marco Boato, che poi aggiunge con franchezza: “Se dicessi di essere entusiasta, la gente non mi crederebbe

Renzo Gubert

Facile mostrarsi generosi – si dirà – sapendo che non se ne farà nulla. E invece no. Sul piano nazionale c’è subito l’indignazione di un antico democristiano, Gerardo Bianco, che nella sua veste di presidente dell’Associazione Nazionale ex Parlamentari accusa: “Boeri intraprende una battaglia rivolta a squalificare tutta la sfera politica. Farebbe bene ad occuparsi dell’Inps evitando una vera e propria invasione di campo dal punto di vista del rispetto dei valori istituzionali”.

Ma anche in Trentino c’è chi protesta: “Boeri – tuona Renzo Gubert - faccia tornare i conti con gli stipendi dei manager e dei dirigenti provinciali, che prendono tanto quanto un parlamentare, cifre iperboliche. Come si fa a cambiare le carte in tavola? Io ho fatto dei mutui, per ristrutturare il maso: se mi dovessero tagliare il vitalizio del 40%, cosa dovrei fare? Vorrei sottolineare che non si tratta di una pensione, ma di un elemento della libertà parlamentare, che permette di votare senza essere costretti a fare dei favori. Il vitalizio è una misura di garanzia e di libertà”.

Prevedibile la reazione scandalizzata – su carta e sul web – di tanti cittadini che non godono né di vitalizi da ex onorevoli né di una seconda pensione da ex docenti universitari. C’è chi fa notare una disparità di trattamento dei comuni cittadini rispetto ai politici: “Sono dipendente pubblico e quando ho firmato il contratto con lo Stato vi era scritto che sarei potuto andare in pensione dopo 19 anni e 6 mesi di lavoro, mentre ora devo lavorare 20 anni in più. In questo caso il ‘pacta sunt servanda’ non vale?”; ma soprattutto si fa dell’ironia: “Questi signori ci hanno sempre preso per il culo quando erano al lavoro e lo continuano a fare anche da pensionati”.

Gubert però non si intimidisce e rilancia: dopo l’infelice argomento del mutuo da pagare, ribatte ai detrattori con un ardito ragionamento contabile: i vitalizi “sono pagati dalle Camere e sono soggetti a Irpef e ad addizionale regionale Irpef, che nel mio caso aumentano le risorse del Trentino”. Insomma, l’erogazione dei vitalizi farà risparmiare Roma, ma arricchisce la nostra provincia. Tagliarli è dunque sbagliato, oltre che ingiusto.

Ora viene da chiedersi: che bisogno aveva Gubert di esibirsi in questi contorsionismi dialettici che lo espongono al dileggio universale? In campo non ci sono tematiche e valori tali da costringere la sua coscienza di cattolico a rischiare il martirio. Sembra quasi che il Nostro sia un marziano che non si renda conto del mondo in cui vive; e lo diciamo perché non è la prima volta che si comporta in tal modo.

L’anno scorso polemizzò addirittura col Papa – lui! -, quando questi, richiamando alla paternità responsabile, deplorò che “alcuni credono che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come i conigli”; e si propose come modello, in quanto, “primogenito di una famiglia di 10 figli, ho sposato l’ultima di una famiglia di sette figli e insieme abbiamo avuto nove figli”. Cosa commendevole, ma evidentemente improponibile al giorno d’oggi.

E ancor prima, commentando la foto di due coppie gay che si baciavano, sentì il dovere di esprimere la propria contrarietà con parole gratuitamente offensive, che – a parte forse Carlo Giovanardi – nessun omofobo, nemmeno un leghista, avrebbe utilizzato: “Quando vedo due persone omosessuali che si scambiano effusioni non posso annullare il sentimento di ripugnanza che nasce in me”.

In conclusione, pur nella totale difformità di vedute, dobbiamo però dire che di Gubert apprezziamo la franchezza suicida e soprattutto compatiamo la sofferenza con cui, indubbiamente, deve vivere in questo mondo a lui così dolorosamente alieno.