Passi dolomitici: avviato un percorso virtuoso?
Dopo la chiusura estiva al traffico, sia pure molto parziale, di Passo Sella, c’è molto altro da fare
Si è conclusa la sperimentazione della chiusura di Passo Sella al traffico con mezzi a motore. Un’esperienza giudicata parziale da molti settori, in modo particolare dagli ambienti alpinistici e ambientalisti, in quanto inadeguata alla gravità del problema. Inadeguata perché ha interessato solo uno dei passi, il Sella, quello meno trafficato, perché ristretta ad un giorno alla settimana, i mercoledì di luglio e agosto, e perché la Regione Veneto ha declinato ogni offerta di confronto per allargare la sperimentazione all’intero giro dei passi.
A sostegno della iniziativa vi sono comunque valutazioni importanti. Si è iniziato un percorso nonostante il clima delle polemiche venisse esasperato da alcuni amministratori locali e da alcuni esercenti, questi ultimi nemmeno disposti ad ascoltare pareri diversi, e nonostante che il governatore del Veneto Luca Zaia ogni giorno intervenisse con dure minacce contro Trento e Bolzano (“Chiederemo il risarcimento dei danni a nome dei nostri esercenti”).
I risultati sono stati positivi anche in termini di afflussi, sia dei ciclisti che degli amanti della montagna, del silenzio e della riflessione. Importanti anche la partecipazione ai diversi eventi organizzati dalle due Province di Trento e Bolzano e i riscontri sulla stampa nazionale ed estera. Ora si apre il tempo delle analisi che porteranno auspicabilmente a scelte più coraggiose.
Il servizio pubblico è stato adeguato? Oppure era necessario investire con più determinazione in bus elettrici e di dimensioni minori, adatti al transito su strade tanto impegnative? I costi degli impianti funiviari sono sostenibili per le famiglie (18 euro andata e ritorno a persona)? E cosa è accaduto nei fondovalle, sia in Val Gardena che in Fassa?
Non c’è dubbio che il traffico nel fondovalle è stato caotico. Erano anni che non si vedevano, sia al mattino che nel pomeriggio, code tanto lunghe ed esasperanti: le due valli venivano transitate a passo d’uomo. Anche il servizio pubblico rimaneva chiuso nella morsa delle auto, diffondendo disagio e incomprensioni. Come da anni sostengono gli ambientalisti, il problema del traffico turistico si deve affrontare partendo dai fondovalle, dai paesi, offrendo all’ospite servizi efficienti e di qualità. Le uniche soluzioni che si intravedono sono rappresentate dalla ferrovia o da una metropolitana di superficie, agile, efficiente, capace di trasportare decine di biciclette e ciclisti come avviene ormai da anni in Val Venosta. L’ospite deve essere motivato nel lasciare a casa la sua auto.
Qualche amministratore locale sostiene ancora i tempi lunghi: a loro dire il turista deve arrivare a vergognarsi di transitare sui passi con l’auto, mentre la chiusura è una misura impositiva che non costruisce cultura del rispetto. Ma abbiamo potuto osservare anche nel recente passato cosa significhi attendere modifiche culturali: in assenza di decisioni ognuno sceglie quanto gli fa comodo e finisce per privilegiare l’uso dell’auto privata. Solo chiudendo i centri abitati si sono liberati spazi da dedicare al passeggio e alla ricreazione, non certo aspettando cambiamenti culturali nella popolazione.
L’ambientalismo regionale ha pronte delle proposte da presentare alle rispettive Province e alcuni albergatori del bellunese vogliono portare al tavolo del confronto la riluttante Regione Veneto. I paesi del Cadore sono travolti anche dal traffico dei mezzi pesanti che evitano le autostrade perché troppo costose e provenendo dall’Est scelgono di seguire strade provinciali e statali, accentuando i problemi del traffico, della rumorosità, dell’inquinamento. Le Dolomiti devono affrontare l’insieme del problema mobilità e attuare soluzioni articolate, studiando la complessità del tema. Partire dalle vette con soli divieti sembra troppo semplice. Si dovrebbe da subito investire per far ritrovare il piacere di camminare, l’utilizzo della bicicletta, integrare il traffico su strada con nuove tecnologie, ovviamente ferroviarie, cercando di recuperare il tempo perduto.
Alcune delle scelte sono anche semplici e potrebbero già trovare risposte il prossimo anno, ad esempio limitando la velocità dei transiti sui passi e imponendo un limite severo alla rumorosità delle moto. Ovviamente bisognerebbe disporre di personale e strumentazioni idonee per controlli, che dovrebbero rivelarsi estremamente severi.
L’autunno senza dubbio porterà a riflettere sul tema: ci si augura che i politici delle due Province ed i sindaci abbiano il coraggio di ascoltare i troppi soggetti che fino ad oggi hanno tenuto lontani da ogni confronto.