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QT n. 6, giugno 2019 Servizi

PiRuBi, sì. Proviamo a ragionare?

Una polemica avviata nel secolo scorso, cui sarebbe ora di porre fine. Ma per questo ci vogliono oltre a dati certi (oggi in dubbio), analisi corrette, e soprattutto mettere da parte una cultura del sospetto che impedisce una decisione seria e tecnicamente ponderata.

Per diversi anni sono stato contrario alla Valdastico. Mi spaventava una colata di cemento così importante su un territorio così bello: difficile dire di sì dopo aver osservato alcune autostrade in zona alpina, come quella che da Venezia porta a Belluno, o la prima parte della Valdastico, quella che si interrompe a Piovene Rocchetta.

Poi, un giorno, sono dovuto andare a Schio, per una faccenda di lavoro, ed ho cambiato idea: voglio l’A31.

So benissimo che non è un’affermazione che rende simpatici, quanto meno in Trentino. Il tema scalda gli animi e mette a rischio amicizie: la redazione di Questotrentino si infiamma puntualmente, quando si tira fuori l’argomento. Però ci piace ragionare e stimolare il confronto di idee: sulle ragioni del No, su QT, è stato scritto moltissimo, ivi compreso nel numero che state leggendo. In questo articolo, al contrario, andiamo a vedere perché bisognerebbe completare la Valdastico.

Un lato del triangolo è sempre più corto della somma degli altri due

Il ramo nord della A31 permette sostanzialmente di chiudere il triangolo Trento-Verona-Vicenza. Quella volta che andai a Schio da Trento, come dicevo prima, percorsi la Fricca fino a Carbonare per poi scendere in val d’Astico fino a Piovene Rocchetta, dove si ferma l’attuale A31, e proseguire per Schio. Al ritorno, in tarda serata, ho preso l’altra possibile via fra Trento e Schio, quello che passa per la Vallarsa. Entrambi i percorsi sono risultati intricati, stretti e stancanti, per di più estremamente bui nelle ore serali: Google Maps alla mano, il percorso Trento-Schio è lungo 73 km per un tempo di percorrenza di un’ora e mezza di curve strette e tornanti.

In queste condizioni è ovvio che non ci sia molto traffico in quella tratta: il percorso è inutilizzabile per il pubblico, quanto meno per quello non turistico o per i camion, che ha la necessità di accorciare i percorsi e ridurre tempi e consumi di carburante.

Le alternative autostradali costringono ad allungare di molto i percorsi: il tragitto Trento-Vicenza, ad esempio è lungo 103 km e si fa in 1 ora e 47 minuti nel percorso Fricca + Valdastico contro i 149 km e 1 ora e 28 minuti per il percorso autostradale A22 + A4. Il principio dei lati del triangolo non ammette eccezioni.

La tortuosità dei tragitti attuali, unita all’assenza di alternative più piane e scorrevoli, tipo Valsugana, rende vantaggiosa la realizzazione del ramo nord dell’A31 per le popolazioni della Val d’Astico. Facilitare i collegamenti con Trento e Vicenza significherebbe dare un grosso aiuto all’economia di quelle zone, tra l’altro notevolmente industrializzate: il tempo di viaggio tra i due capoluoghi, in base alle ipotesi di progetto in campo, si ridurrebbe ad un’ora scarsa, per una lunghezza di tragitto oscillante tra i 77 e i 95 chilometri.

Poi ci sarebbe un effetto positivo sul traffico in Autobrennero. I fatti dimostrano che i camion sull’A22 sono ancora tanti, in entrambe le direzioni, e spesso occupano la carreggiata destra per lunghi tratti, lasciando al traffico automobilistico la sola corsia di sorpasso. Questo perché i prezzi per il trasporto su rotaia dei TIR, tra Verona e la Germania, non sono in alcun modo competitivi, e a molti vettori logistici conviene proseguire su strada.

In questo contesto, i camion provenienti da Trieste o dal porto di Marghera e diretti a Nord, ben volentieri accorcerebbero il percorso attraverso la Valdastico, se ci fosse, liberando in parte la val d’Adige dal traffico pesante. Se è vero che ciò significa portare inquinamento là dove non c’era, è anche vero che si toglie inquinamento là dove ce n’è già troppo: si tratta di scelte che un’amministrazione deve saper fare, e non sempre la scelta giusta è dire no a tutto.

Il nodo della Valsugana

Sulla Valsugana, poi, regna la confusione: chi dice che il traffico aumenterebbe, chi dice che si ridurrebbe, chi dice che resterebbe uguale.

Ragioniamo sul punto: la SS47 Valsugana va da Trento fino a Padova e comprende un tratto fra Valstagna e Cittadella che è una lunga teoria di paesini, semafori e traffico cittadino ed una strozzatura piuttosto critica nella località di Carpanè.

In un futuro non troppo lontano la statale della Valsugana riceverà un bel po’ di traffico proveniente dalla Pedemontana, la nuova autostrada attualmente in costruzione, che avrà Bassano del Grappa come centro nevralgico. “La Pedemontana attraverserà le più importanti aree produttive del medio-alto Veneto, (dalla A27 a Spresiano fino alla A4 a Montecchio Maggiore, n. d r.) e ben 4 caselli, su un totale di 16, saranno nella zona di Bassano del Grappa”, scrive Gianni Benedetti, già direttore dell’Associazione Artigiani, su un articolo pubblicato sull’Adige del 19 aprile scorso. Si tratta di traffico proveniente dal porto di Trieste e diretto in Germania che troverà un bel risparmio chilometrico nel riversarsi sulla Valsugana, in base alla antica legge dei cateti e dell’ipotenusa.

I lavori della Pedemontana sono previsti per il 2022, anno più anno meno. “Se la Regione Veneto, come ha annunciato Zaia recentemente - continua Benedetti - realizzerà una arteria per bypassare Carpanè, la Valsugana diventerà la protagonista assoluta del traffico pesante”.

Il ragionamento è semplice: la Pedemontana porterà ad un aumento di traffico della Valsugana, incidendo pesantemente sul traffico locale: completare la Valdastico Nord significa distribuire meglio un traffico che altrimenti inciderebbe solo sulla Valsugana.

L’alternativa ferroviaria

Nel corso degli ultimi decenni, il centrosinistra, nel resistere alla Valdastico, ha sempre proposto come alternativa il progetto di potenziamento delle ferrovie, sia per il trasporto merci che per quello dei passeggeri. Ma la realizzazione (o il successo) di questi progetti è di là da venire per diversi motivi.

Per quanto riguarda il trasporto merci, è già possibile caricare container sul treno a Verona per poi scaricare a Monaco di Baviera. Dall’Interporto di Roncafort, poi, la Ro.La. consente agli autisti di caricare l’intero camion (motrice compresa) e di viaggiare su treno fino in Germania: come già detto in precedenza, i costi di queste soluzioni non sono in grado di scoraggiare il trasporto su gomma, che resta ancora la soluzione più economica.

Quanto al trasporto passeggeri, c’è la proposta di allacciare il Trentino alla rete del Treno ad Alta Velocità. Ma i No Tav sono in agguato, e sarà difficile immaginare uno sviluppo di progetto tranquillo.

Ma se anche non fosse così, davvero la ferrovia ad alta velocità ridurrebbe il traffico in Trentino? Certo, l’Alta Velocità ridurrebbe l’enorme traffico che si riversa in Trentino in occasione dei mercatini di Natale, ma per le altre stazioni turistiche (invernali o estive che siano) la situazione è molto diversa: una famiglia di turisti diretti a Riva del Garda potrebbe arrivare fino a Rovereto con l’Alta Velocità, e poi che fa? Prende la corriera per Riva? Non è pensabile. L’orografia del Trentino e il tipo di turismo che propone rendono le stazioni turistiche realisticamente irraggiungibili con i mezzi pubblici.

C’è poco da fare: in Trentino i turisti continueranno a venire in auto, a meno che non si progetti una capillare rete di trasporti ferroviari o funivie o altre soluzioni a basso impatto ambientale, che consentano di lasciare a casa la macchina: si tratta di progetti che quasi mai colgono il favore dell’opinione pubblica (si pensi all’idea della funivia Trento-Bondone).

Si aggiunga poi che un boom del mercato dell’auto elettrica è molto probabile, il che significherà riduzione delle emissioni inquinanti. In questo contesto la soluzione autostradale risulterà molto meno indigesta.

È chiaro, quindi, che costringersi a scegliere tra ferrovia e autostrada significa tarparsi le ali in un senso o in un altro: sviluppare una rete di trasporto efficiente, che comprenda tutte le possibilità, anche quella fluviale, sembra essere la vera soluzione.

Un approccio più globale

A causa della foga di far prevalere una posizione sull’altra, ormai è diventato impossibile fare dei ragionamenti. Il rumore di fondo impedisce un discorso serio e pragmatico: ogni posizione a favore della Valdastico viene accusata di celare interessi forti più o meno palesi, ogni voce che invece la boccia viene salutata come corretta, sana, oggettiva.

Le dietrologie più disparate accompagnano la pubblicazione di ogni documento sul progetto: la più recente è quella secondo cui la necessità di evitare la gara europea per la gestione dell’A22, avrebbe portato il Trentino, storicamente contrario all’opera, a cambiare idea.

Non sta a noi confermare o smentire tali ipotesi, ma di fronte a tanta incertezza e confusione siamo costretti ad applicare il cosiddetto rasoio di Occam: non complicare troppo il discorso e andare direttamente al nocciolo della questione, ossia le necessità dei territori coinvolti.

Ma sarebbe riduttivo considerare solo Trentino e Veneto: la Valdastico è parte di una rete di comunicazione che collega il Nord con l’Est d’Europa; un contesto ben più ampio di quello fino ad oggi analizzato, che richiede un approccio più globale e meno localistico.

Ad occhi esterni tutto sembra ridursi ad un problema di Besenello, il cui territorio accoglierebbe l’allacciamento della Valdastico con l’A22: niente di più sbagliato. In questo modo il Trentino si è cucito addosso l’immagine del piccolo territorio che si oppone per logiche locali (legittime, beninteso) ad un progetto di più ampio respiro, e con cui non è possibile ragionare.

Ma il Trentino non è un’isola nel mondo, anzi: da secoli ospita una via fondamentale per le comunicazioni con il Nord Europa, e non può permettersi di pensare solo per sé.

La giunta Fugatti, forte della vittoria elettorale con un programma che prevedeva anche il completamento della A31, ha annunciato di voler portare a compimento il progetto.

Ma anche qui non si sta facendo bene: ci si è limitati a dire Sì, giusto per dare una risposta all’elettorato. Bisogna invece cominciare a ragionare in maniera totalmente diversa: valutare vantaggi e svantaggi in termini di economia, di flussi Est-Nord, di distribuzione del traffico sulle arterie del Nord-Est. Abbiamo provato a suggerire alcuni spunti di riflessione, e sicuramente ne esistono altri. Solo così sarà possibile compiere una scelta ben soppesata. E non deve essere necessariamente un sì.