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QT n. 1, gennaio 2021 Trentagiorni

Sait, ha vinto l’oligarca

Ancora Dalpalù a capo del Sait: motivazioni e problemi

Sait, un posto per l’oligarca?” avevamo titolato a novembre, riferendoci al ritorno di Renato Dalpalù alla presidenza di Sait. Ebbene, l’oligarca è tornato. Aveva fatto i tre mandati (numero massimo) alla presidenza di Sait, poi aveva messo sulla seggiola come segnaposto Roberto Simoni, aveva tentato la scalata alla presidenza di Federcoop. Svanita la poltrona di presidentissimo (perché nel frattempo l’Ordine dei Commercialisti lo aveva sospeso dall’albo, causa una condanna per il caso BTD (vedi “Dalpalù e la BTD” su QT del maggio 2015), era riuscito a spostare il fido Simoni a fare il re travicello al vertice di FederCoop, nell’ottica di tornare lui alla presidenza di Sait. Detto, fatto. I giochi sono tutti riusciti: Simoni è a capo della Federazione e in Sait è tornato Dalpalù. La regola dei tre mandati, in Cooperazione, fa ridere i polli, figurarsi gli oligarchi cooperativi, professionisti del gioco delle poltrone.

La cosa fa sorgere fortissimi dubbi sul senso stesso del movimento cooperativo. Se succede sempre che i soci, pazienti e ubbidienti, regolarmente eleggono uno dei boss, che significato ha la democrazia cooperativa? Esiste davvero o è una burletta?

Il tema, abbiamo visto, è sentito. Anche perché la conduzione del movimento da parte dei boss è stata tutt’altro che positiva. Ed aveva infatti portato a una rivolta della base, con l’elezione alla presidenza di Federcoop di Marina Mattarei (vedi “Con Marina Mattarei si volta pagina” su QT del luglio 2018). Esperienza però chiusa dopo due anni. E ora siamo alla restaurazione.

C’è malcontento nella base, ci mancherebbe. La Famiglia cooperativa Valli Solandre sta lavorando per uscire da Sait e passare al concorrente Dao. Ma alla sua presidenza c’è Mattarei, subito accusata di far prevalere ripicche personali. Si parla di altre coop in uscita da Sait, ma le voci in proposito sono contrastanti.

Di fatto in campo c’è un’altra questione. Assolutamente dirimente. Sait, gestito dal direttore Luca Picciarelli, è diventata un’azienda competitiva. Manager duro, dall’impostazione culturale privatista ed efficientista, Picciarelli si è rivelato molto capace: ha liberato Sait dalle troppe incrostazioni clientelari (esuberi di personale compresi ) sovrappostesi in lustri di gestioni dorotee, ha rivisto tutti i meccanismi interni, ha rivoluzionato la centrale acquisti, ha messo in ordine nei ballerini conti del consorzio. Ora Sait fornisce le Famiglie cooperative di merce a prezzi competitivi. Le Coop ora sono messe in grado di essere anch’esse competitive, e in quest’anno in cui Covit e lockdown hanno fatto aumentare tutte le vendite di alimentari al dettaglio, stanno chiudendo con bilanci positivi. Il merito? Di Picciarelli. Ma chi aveva portato in Sait Picciarelli? Dalpalù. Ed ecco spiegata la rielezione dell’oligarca.

Poi i problemi sono più complicati. Una cooperativa non è Lidl o Carrefour, non deve solo avere i conti in ordine, deve anche fare mutualità, essere innervata nel territorio. Cose queste che non si possono chiedere a Picciarelli. Si possono, si devono chiedere, al presidente. E qui torniamo a Dalpalù. Che nei suoi troppi anni delle precedenti presidenze, ha inteso il rapporto con il territorio in termini di scombinate speculazioni immobiliari, finite in perdite milionarie. Vedremo come se la caverà ora.

Anche perché il tema è strategico: una cooperativa deve combinare conti in ordine e mutualità, altrimenti perde di significato. Non basta assumere un bravo, duro manager.