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QT n. 2, febbraio 2022 Servizi

Covid, gli infermieri minacciano lo sciopero

Una Oss trentina: "Impossibile persino andare in bagno, ma soddisfazioni economiche per noi quasi zero".

Un disperato attacco al governo di Mario Draghi, e la minaccia di fermare tutto. Che giunge nel periodo del picco massimo delle infezioni in questa lunga pandemia di Covid19. Un j’accuse rabbioso ed accorato che viene da una categoria della Sanità che ha vissuto in questi due anni "una lunga guerra contro il virus, scrivendo la storia del Servizio Sanitario Nazionale". Le parole sono della F.N.O.P.I., Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, apparse sulla stampa il 18 gennaio.

A due anni dallo scoppio della pandemia, dicono gli infermieri italiani, dopo mesi vissuti in corsia con orari massacranti – anche 15 ore di lavoro di fila – siamo sfiniti ed arrabbiati: "Abbiamo dovuto lavorare in costante emergenza; ci siamo ammalati di più e peggio di ogni altra categoria; abbiamo rinunciato a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita". Ma anche questo governo, dice la F.N.O.P.I, col suo ultimo Bilancio non si è dimostrato in grado di riconoscere percorsi di valorizzazione della professione infermieristica, con un adeguato ritorno economico e un sistema meritocratico. Quindi la minaccia: i 456.000 infermieri italiani, di cui 200.000 già infettati sino ad ora e 90 “caduti” per il Covid dal febbraio 2020 "coaguleranno una risposta unitaria, indipendente da appartenenze sindacali e partitiche per chiedere ciò che non è stato fatto, con l’esasperazione che ormai ci investe".

Ma come hanno vissuto, infermieri ed Oss, gli anni di pandemia nelle corsie degli ospedali o nelle Rsa? Lo abbiamo chiesto a Katia (nome di comodo), Oss trentina quarantenne, separata e con 2 figli sotto i 15 anni, che da vent’anni lavora nelle Rsa del Trentino Occidentale.

"C’è la fatica fisica – è la sua prima risposta - data dalla turnistica pesante, a volte priva di riposi visti i richiami per la copertura dei turni. E a livello psicologico una stanchezza enorme. Tra il personale il nervosismo dilaga: anche perché ci sentiamo soli, abbandonati dal nostro personale direttivo, dalle istituzioni, dall’Azienda Sanitaria e dalla Provincia. Che non ci sono venuti incontro per nulla".

Katia, andiamo nei particolari? Parliamo magari di quella che voi chiamate “bardatura”, la vestizione con lo scafandro ermetico che deve difendere dal contagio ospiti delle case di riposo e voi stessi.

"Sono esausta, mentalmente più che fisicamente. È pesante. Ti senti chiusa dentro te stessa, la tua pelle non respira, non hai aria sul viso. E a chi, come la sottoscritta, soffre di claustrofobia, pare di andare fuori di testa. Ogni movimento che fai vale 10 movimenti nella normale quotidianità. Anche i nostri anziani ci vedono in modo diverso. Alcuni non trovano punti di riferimento, tranne la voce che però non è immediatamente riconoscibile. Pensa ai casi di Alzheimer o demenza senile. Se prima c’erano fiducia ed affezione di un nonno per un uno di noi, ora questo riconoscimento non è immediato. Lui ne soffre, servito da questi 'marziani'. Per noi le difficoltà sono tante. Tempo fa un vecchio signore si è agitato, voleva alzarsi, andare… ho cercato di tranquillizzarlo. In quel quarto d’ora ho sudato come non mai nella mia vita. Poi, di nascosto, sono corsa in bagno e ho aperto la finestra per respirare, togliendomi le protezioni al viso. Cosa che non si potrebbe fare".

Quanto tempo impiegate per indossare i presidi necessari?

"Quindici minuti per vestirti e bardarti. Arrivi ad avere una percezione diversa del tuo corpo. Un esempio: un ospite un giorno mi ha dato un pizzicotto sul braccio. Mi sono accorta solo quando mi sono spogliata di avere un vasto livido sul braccio, quasi un ematoma. Non ci sono solo le bardature. Anche il fatto di lavorare soli è un problema. Nel settore di confinamento degli anziani col Covid non entra tutto il personale sanitario. Solo gli Oss. L’infermiere passa la terapia dalla porta, per non contaminarsi e i medici entrano raramente, nei casi più gravi. Quindi, turni interi da sola. E per fortuna che oggi si tratta di 7 ore. L’anno scorso si facevano turni di 12 e, in certi casi di 15. Erano molti di più i dipendenti e gli ospiti ammalati. Quest’anno nelle Rsa la cosa è un poco più gestibile: la malattia ora viene individuata abbastanza rapidamente e il caso è subito isolato. Gli operatori sono costantemente sotto controllo. Di qui il problema dei tamponi. Se ho un contatto con un positivo devo tamponarmi ogni due giorni. Per settimane. Col tampone nasale dopo qualche giorno ti prendono il male di testa, un’irritazione locale. So di colleghe che hanno avuto sanguinamenti di naso".

I turni. Voi nelle varie fasi della pandemia dovete essere sempre disponibili…

"In un momento come questo - e siamo alla quarta fase -, in cui le infezioni aumentano, tanti riposi saltano. Ne hai due alla settimana ma spesso sei 'smontante notte' e devi tornare al lavoro per mancanza di personale. Quindi c’è gente che si fa dieci giorni di fila di lavoro. Estenuante. Moltissime le donne tra noi e tante quelle con figli. Ti giri e devi andare a casa. A mettere a posto, cucinare, dare attenzione ai ragazzi. Un anno fa avevamo anche paura di portare a casa la malattia e tre quarti di noi alla fine lo hanno fatto: facendo ammalare i propri vecchi, alcuni dei quali sono poi morti, o il coniuge ed i figli. A quel punto devi rimanere a casa per aiutare loro. E i colleghi, quindi, devono saltare i turni. E se un collega salta un riposo, o due, non è che a fine mese veda il risultato in busta paga. Briciole, veramente, pochi euro che non compensano proprio nulla. Certo, accumuli le ore libere. Ma quando potrai usufruirne, mentre la stanchezza ti sta devastando? E sono trascorsi ormai due anni. Non stiamo parlando di ospedali ma di Rsa, dove Oss e infermieri sono trattati economicamente molto peggio".

Sia negli ospedali che nelle Rsa già prima della pandemia il personale sanitario era percentualmente inferiore alla media europea. Poi il Covid…

"Eravamo pochi da subito. A ciò si sono aggiunti vari fattori: le infezioni del personale, quindi le assenze, anche prolungate, per malattia. Poi qualche collega qui e là, di ruolo anche, si è licenziato perché stanco. O perché novax. Quindi le sospensioni di questi colleghi: centinaia di lavoratori in Trentino. Un’ecatombe. Per coprire la turnistica la mia Rsa si è trovata ad assumere personale totalmente impreparato dal punto di vista sanitario: al posto di un Oss gente che non aveva la qualifica, personale ausiliario. Sul mercato non trovavi e non trovi altro. Quindi devi faticare per spiegare il lavoro a questi colleghi. Io calcolo che nella turnistica spesso ci siamo trovati ad agire con un 30% in meno del personale. Questo oggi. A partire dal 2020, in certe fasi è mancato anche il 50% dei colleghi".

Come ti regoli in casa dove devi crescere due adolescenti?

"Un macello: grande fatica per ad espletare i lavori di casa. Stanchezza tripla. Nel pre Covid tra colleghi ci si aiutava scambiandosi i turni: ma oggi si fatica a trovare cambi turno per seguire le esigenze dei figli (udienze, aiuto allo studio per prove etc.). Quindi pagano i figli. Come pagano il tuo nervosismo. E così il partner se lo hai. Sai, non vedi l’ora di sdraiarti sul letto. Alle volte, ma da molto tempo ormai, ho la precisa idea che questo nostro lavoro nelle Rsa sia peggio di quello alla catena di montaggio in fabbrica. Sono certa che lì si stancano meno anche dal punto di vista psicologico. Ma la cosa non nasce dal Covid, è peggiorata semmai: da tempo il lavoro in casa di riposo si fa col cronometro in mano della coordinatrice: senza quasi avere più il tempo di scambiare una parola coi nonni. Sono stabiliti dei minutaggi per ogni operazione. Dico sempre che sembra di lavorare con sacchi di patate, non con degli anziani: fuori e dentro dal letto, una cucchiaiata dietro l’altra, i momenti dell’igiene. È problematico dare dignità al rapporto umano. E alle volte diventa difficile persino, al di là del Covid e delle bardature, andare a fare la pipì".

La bardatura non si può levare, quindi non potete andare al bagno?

"Con i D.P.I. (dispositivi di protezione individuale) non puoi perché rischieresti di contaminarti. Perciò, turni interi senza andare al bagno. Confesso che qualche collega veste il pannolone quando fa turni di 10 ore. In caso di necessità estrema… Noi tutti prima di entrare in turno non beviamo e durante il turno nemmeno. Per sudare meno… ma sudi lo stesso. E per molte donne c’è il problema del ciclo… ti evito di parlarne".

Il clima tra il personale com’è?

"Si cerca di aiutarsi l’un l’altro… ma nascono tensioni. Ti accorgi che ci sono quelli che si danno malati… e un po’ di tensione è nata tra vax e novax. Per ovvie ragioni. Oggi in Rsa c’è meno tensione del primo anno, quando molti anziani morivano e non sapevi che fare. Oggi con Omicron la mortalità è più bassa e questo aiuta. Pochi anziani vaccinati arrivano ad aggravarsi".

Non vi hanno nemmeno premiati, voi “eroi”.

"Ci avevano promesso un premio nel momento di auge della malattia. Ce lo hanno dato poi, tra primavera ed estate 2021: ma dipendeva dalle malattie fatte e da quanto hai lavorato. La cifra è variata da caso a caso. Certe colleghe, sfortunate e non opportuniste, hanno preso pochissimo. E ciò ha creato malcontento. Ognuno guardava la busta paga dell'altro. Poi il discorso del contratto del comparto sanitario (Rsa, ospedali, laboratori etc.). In Trentino il vecchio contratto era del 2018. Per rinnovarlo, in pieno Covid abbiamo dovuto scendere in piazza più volte, andando sotto la Provincia a manifestare. Con Fugatti e la Segnana che si sono sempre negati e non hanno voluto nemmeno incontrare i sindacati. Il contratto non è stato ancora firmato: pare che siano stati trovati i finanziamenti, ma non si sa quando arriveranno i soldi. Quindi siamo al livello di promesse. Questa giunta ha fatto già molti tagli alla Sanità. Ma dai giornali sappiamo che sono aumentati gli emolumenti dei consiglieri provinciali. Sai che ti dico? Tre quarti del personale sanitario sta cercando un altro lavoro. Io non consiglierei mai a mio figlio di farlo nel settore sanitario e men che meno in una Rsa".

Ecco perché la Federazione degli Ordini delle Professioni Infermieristiche ha minacciato di andare in piazza con i sindacati.